Mi è sempre piaciuto Brueghel. Potrei trascorrere ore ad osservare uno dei suoi quadri e a contare, come fanno fare ai bambini, il numero di personaggi raffigurati. I cacciatori sulla neve, i giochi e le feste di paese: in ogni angolo, attraverso ogni finestra, sotto ogni stipite di porta, accanto ad ogni edificio si sta svolgendo un’azione semplice che, sommandosi a tutte le altre, dà vita ad un racconto lunghissimo di quotidiane abitudini.
I toni del nero e del marrone che fanno da sfondo ai soggetti si illuminano di macchie di rosso, verde, blu, bianco e oro. I capolavori dei pittori russi a Mosca e San Pietroburgo mi hanno ricordato Brueghel, proprio per certi accostamenti di colore, e quando vedo un quadro naif non posso fare a meno di pensare a quando magnifiche siano le composizioni dei Brueghel che naif non sono ma che sono costellate di umanità indaffarata.
A Como, a Villa Olmo, è in corso una mostra che ho visitato alcune settimane fa: l’ambientazione è ottima, i quadri numerosi e l’esposizione interessante. Mi sono persa nel Censimento di Betlemme, mentre il sole illuminava il lago, i cigni si riposavano pigri tra le darsene delle ville e la primavera soccombeva per qualche ora davanti all’inarrestabile insistenza di una mattinata estiva.
Ieri sera ho guardato I Colori della Passione: qui e qui due schede di approfondimento. Il film non è facile, richiede paziente attenzione mentre sullo schermo si compone il quadro e pian piano l’occhio del pittore rintraccia tra le vite comuni un percorso universale. Le scene sono cariche di suggestioni nella semplicità e nel silenzio.
E, naturalmente, ho aggiunto il Museo di Storia dell’Arte di Vienna tra le mete del prossimo futuro.