BOOKTRAILER
RECENSIONE
Orfano a sedici anni — quando il padre lo aveva liberato della sua ingombrante presenza cadendo giù da un triclinio durante un'orgia —, era divenuto immediatamente pater familias della sua stirpe, nonché uno degli uomini più ricchi dell'Urbe. Sposato a ventidue con una donna potente e dissoluta che ne contava sette di più, aveva avuto un unico figlio, morto in fasce: dal tempo del suo divorzio pagava ogni anno l'esosa tassa sui celibi per comprarsi il diritto di non convolare a nuove nozze. Epicureo convinto, si faceva beffa non soltanto delle antiche dottrine religiose e dei nuovi culti emergenti, ma anche del mos maiorum, ovvero quel complesso di norme non scritte che costituiva il tradizionale "costume dei padri", a cui ci si aspettava si attenesse qualunque romano di illustre famiglia. Grande viaggiatore, aveva percorso in lungo e in largo tutte le contrade dell'impero e c'era chi sosteneva che avesse segretamente messo piede persino nel regno dei Parti. Ficcanaso per vocazione, usava le sue indubbie doti di impiccione al fine di indagare su delitti clamorosi, e in tale veste aveva reso preziosi servizi allo stesso Claudio Cesare.Questa è la presentazione di Publio Aurelio, che consente a chi non avesse mai letto alcuna delle sue indagini di comprendere meglio il personaggio. Publio Aurelio si trova ad Alessandria d’Egitto in missione segreta, per incarico niente popò di meno che dello stesso Claudio Cesare, l’Imperatore. Ma, oltre a dover negoziare con i Parti, il senatore deve anche smascherare una spia e risolvere — tanto per cambiare — dei delitti.
Non esagero nel dire che Danila Comastri Montanari è la nostra Agatha Christie italiana. Tratta argomenti cupi, come solo gli omicidi possono essere, con uno stile ricco di verve ed ironia. Sa alternare registri più leggeri a registri più profondi ed impegnativi con grande naturalezza. Proprio questa disinvoltura, unita ad un talento notevole, invoglia i lettori a leggere i suoi libri, tenendoli incollati alla storia per sapere come va a finire.
Sicuramente nei gialli di Publio Aurelio non c’è solo il puzzle del delitto o dei delitti da risolvere — e in questo caso gli enigmi erano davvero intricati e nebulosi e con un tale numero di sospettati, tutti perfettamente delineati in modo da mostrare un movente —, ma un’interazione vivace fra i personaggi e un’ironia che pervadono tutto il romanzo, rendendo la lettura estremamente divertente. Hai perfettamente ragione! Un giallo con i fiocchi. Nemmeno io sono riuscita a capire fino alla fine chi fosse il colpevole. Inoltre ho gradito moltissimo i numerosi riferimenti alla Dea Bastet, la divinità Gatta attorno alla quale ruota tutta la storia. Ho un debole per i gatti come la Comastri, lo confesso. Quando vedo una zampa, una vibrissa o un cuscinetto non capisco più nulla. La scena in cui Publio Aurelio si reca al tempio della dea ed è assalito dai felini che lì hanno la loro dimora e sono trattati come re, è un vero spasso. Il nostro investigatore rimedia graffi e una veste stracciata che giustifica, ironicamente, come l’ultimo grido modaiolo di Roma! Una delle cose che ho gradito molto è stata, poi, la ricostruzione dello splendore dell’antica Alessandria d’Egitto, con le sue lotte politiche e religiose, le numerose scissioni in fazioni fin troppo zelanti e guerrafondaie, la strabiliante architettura ed il suo rapporto con la potenza di allora, Roma. Insomma, un gioiello che la Comastri Montanari ha fatto rivivere e brillare grazie a ricerche minuziose:“Non c'era da stupirsi che il palazzo dei Tolomei brulicasse di un'accolita di osservatori, scrutatori, guardiani, segugi, delatori e sicofanti attenti a controllare le mosse dl chi a sua volta controllava le loro, rifletté Aurelio: Alessandria era uno dei cardini dell'economia romana, nonché un coacervo di popoli, etnie, religioni, sette, combriccole, gruppuscoli e fazioni, ognuna con la sua particolare verità nella bisaccia e la ferma intenzione di proclamarla a discapito delle altre”.Direi che in questo libro non si parla solo di Alessandria d’Egitto, infatti, oltre a tutti i pregi già menzionati sopra, i romanzi della Montanari risultano essere una dilettevole lezione di Storia (greca e romana e non solo), di cultura e di costume ai tempi dei Cesari, di mitologia (in questo caso non solo greca e romana, ma anche egizia) e di tantissime altre cose. Ogni personaggio ha il suo retaggio culturale che l’autrice si premura di farci conoscere — con commenti o attraverso i risultati delle indagini di Aurelio — senza risultare mai pedante.
«Se Roma e Alessandria sono due modelli diversi, la ragione c'è, Nicomaco» spiegò il patrizio con un sorriso. «Quando dici Alessandria, intendi soltanto una città. Quando dici Egitto, intendi soltanto una regione geografica. Quando dici Grecia, intendi soltanto una civiltà. Ma quando dici Roma, intendi il mondo intero!»La Comastri parla di Storia con una leggerezza che solo chi l’ha studiata e approfondita può avere. Va bene, io sono di parte con Alessandria d’Egitto, visto che ci ho vissuto un po’ di tempo per studio, ma Roma rimane la città sacra ed eterna, la culla della civiltà occidentale. Roma Capoccia per sempre. La storia poggia su basi solide: un giallo che mescola avventura, mistero, amore e azione e che nella sua struttura, cosi ben architettata, ricorda molto i gialli della Christie, pur distaccandosene e seguendo una strada propria. Per la verità, poi, io sono di parte: adoro i gialli in cui l’investigatore risolve il mistero grazie ad un fiuto infallibile, alla razionalità e all’intuito. Un uomo che non ha congegni sofisticati, ma solo la propria mente, le famose “celluline grigie” a cui si affidava Poirot. Insomma, Publio Aurelio Stazio entra di diritto nella schiera dei miei “indagatori dell’anima” personali. I detective di questo tipo, infatti, conoscono l’animo umano; sono uomini di mondo, che hanno avuto a che fare con vari tipi di umanità e questo li rende più “normali”, più umani.
In questo romanzo ho gradito in particolar modo alcuni dei personaggi secondari, che fornivano dei siparietti altamente divertenti, in particolare Lanato e Dentato, due pseudo-spie che in un film sarebbero state perfette se interpretate da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o — se vogliamo mantenerci più vicini ai giorni nostri — dai Fichi d’India. E poi bellissime le manifestazioni politiche fra le due fazioni contrastanti, che somigliavano tanto a una parodia dei naziskin (i nazionalisti capeggiati da Marco Postumio) e dei figli dei fiori (i pacifisti guidati dal fratellastro Manio Postumio). Anche la ritrovata Mamma Bube del segretario Castore, porné del porto di Alessandria, con le sue attempate colleghe, movimenta il racconto, nonostante risulti talvolta un po’ grottesca.
I personaggi che hai citato meriterebbero tutti il premio della critica. Manio Postumio me lo sono immaginato, non so perché, con la bandiera arcobaleno della pace. Ma Bube non la vorrei come suocera: un po’ troppo sopra le righe. Se continuate a leggere, capirete perché corro questo rischio… (Bah, secondo me il rischio non lo corri. È meglio che non ti fai illusioni: Castore è troppo libertino per accasarsi, mia cara!)Tutti i personaggi sono tratteggiati in modo completo, con vizi e virtù. Ognuno spicca a modo suo e brilla di luce propria. Nessuno è rigido o monocorde. Castore, per esempio, il “non tanto fido” aiutante di Publio Aurelio è un personaggio divertente e ricco di sfumature. Non ha la finezza del suo padrone, nemmeno il suo intelletto, ma possiede un’astuzia, un cinismo e un modo tutto suo di burlarsi di qualunque cosa, anche di Roma stessa, che lo rendono simpatico nonostante le sue buffonate spesso oltrepassino il limite. Non è un uomo onesto, è vero, ma nella sua disonesta c’è qualcosa di ingenuo e nello stesso tempo sarcastico che colpisce il lettore. Le sue battute (anche infelici) sono tante, ma una in particolare non ha bisogno di commenti:
«La civiltà si respira nell'aria: greci si nasce e, modestamente, io vi nacqui!» affermò orgogliosamente Castore.Si può resistere ad un allegro cialtrone del genere? (La Comastri ha qui voluto fare un omaggio a Totò. Effettivamente — vista la vena comica dei suoi personaggi — non sarebbe stato male se i suoi gialli fossero stati tradotti in film dal Principe De Curtis!). Magari!!!! È risaputo, sia Publio Aurelio che Castore sono degli autentici tombeur des femmes e, a quanto pare, neanche la nostra Francesca risulta immune al fascino del segretario levantino… Ebbene! Confesso: sono innamorata di Castore! Ecco, l’ho detto finalmente! Ma perché le donne sono attratte dai mascalzoni, gli uomini che “non devono chiedere mai?” Io una capatina da Freud vorrei farla. Però anche Publio è irresistibile. Con uno come lui una donna si sentirebbe una regina. Peccato sia un po’ allergico al matrimonio e alla monogamia… (Non ti preoccupare, Francesca, c’è la zia Gabri che salvaguarda la tua virtù!) Tabula Rasa è davvero un bel libro, diverte e insegna senza retorica. Teniamoci stretti talenti come Danila Comastri Montanari! Io conto di riprendere quanto prima la rilettura di tutti i suoi romanzi — sono a metà circa — e di ritrovare Pomponia, che in questa indagine mi è un po’ mancata. E, comunque, spero di ripetere l’esperienza assieme a Francesca, con cui mi sono divertita enormemente a commentare e a scambiare opinioni. Ma certo che sì Gabriella! Sono disponibilissima, quando vuoi. Mi sono divertita tantissimo con te e con questo bellissimo libro. Abbiamo fatto dei commenti da antologia, ma non possiamo ripeterli proprio tutti. Non pensate male, sono chiacchiere tra donne. Eppure… Gabriella? Tu sai che anche i muri hanno le orecchie e sono sicura che le nostre parole sono già state intercettate dalla matrona Pomponia e saranno già arrivate alle orecchie di Publio e Castore! Che gran pettegola! Dovrebbe avere meno tempo libero… (Pomponia mi raccomando: non dire niente a Publio e Castore, fallo per la mia nipote adottiva Francesca… Altrimenti la prossima volta mi rivolgo a Domitilla!) L’Autrice: Nata a Bologna nel 1948, laureata in Pedagogia e Scienze politiche, per due decenni Danila Comastri Montanari ha insegnato e viaggiato ai quattro angoli del mondo. Accanita fumatrice, apprezza gli alcolici, rifugge dalle diete, ama i gatti, frequenta stazioni termali e scavi archeologici, legge romanzi polizieschi e fantascientifici, saggistica storica e antropologica, classici latini, greci e cinesi. E una fanatica utente di internet e potete trovarla quotidianamente su facebook. Dal 1990, anno in cui è uscito il suo primo romanzo, Mors Tua, si dedica a tempo pieno alla narrativa: la saga di Publio Aurelio Stazio, senatore-detective dell'antica Roma, tradotta in una decina di lingue, conta ormai sedici inchieste, dai titoli rigorosamente latini (Cave Canem, Morituri te salutant, Cui prodest?, Gallia est, Ars moriendi, per citarne alcuni). Tra i polizieschi ambientati in altre epoche, spiccano La campana dell'arciprete, sullo sfondo delle campagne bolognesi della Restaurazione, e Terrore, dedicato alla Parigi rivoluzionaria del 1793. Sito AutriceDanila Comastri Montanari su facebook