Un altro sisma devastante colpisce l’Emilia, portando con sé morte e distruzione. Muoiono i paesi, muoiono le opere d’arte. Soprattutto, muoiono le persone. Muoiono gli operai dentro i capannoni traballanti, dove si sono infilati per la paura di incappare in quella che oggi si chiama flessibilità in uscita. Morire dentro un capannone per non morire di fame “non è naturale” e succede solo in Italia.
Vien voglia di chiedersi, per contrasto, cosa sia naturale nel nostro Paese in frangenti come quello che ieri abbiamo vissuto. Vorremmo tanto, almeno questa volta, che fosse una domanda senza risposta, senza senso, senza costrutto, ma la risposta è nei fatti.
Naturale è che il premier, nelle stesse ore del dramma, pensi di sospendere il campionato di calcio per due-tre anni e che la stampa parli di proposta-choc. Naturale è il sobrio festeggiamento del 2 giugno, che sarà scandito da severo sperpero di quattro milioni o più di euro scampati alla spending review (spese di rappresentanza?). Naturale è non rimettere in discussione la scelta legislativa di non rimborsare più i danni ai cittadini colpiti da calamità.
Naturale, soprattutto, che il parlamento non sospenda i suoi lavori, proseguendo alacremente nella risoluzione di ben altra priorità nazionale. Ieri il Pdl ha presentato 37 emendamenti al disegno di legge sulla corruzione, da oggi in discussione alla Camera. Rispunta in silenzio la cosiddetta norma anti-Ruby (già bocciata dal ministro Severino), che limita la configurabilità della concussione ai soli casi di vantaggio o di utilità patrimoniali. Francesco Paolo Sisto, primo firmatario della proposta, assicura che l’emendamento non nasce affatto dal processo milanese, ma intende «evitare pene così gravi di fronte a comportamenti che non abbiano altrettanta gravità»: alla fine tutto è una coincidenza, come in un romanzo new age.
Berlusconi sarebbe quindi il beneficiario occasionale di un provvedimento doveroso, volto a depenalizzare una concussione lieve come quella che si traduca in pressanti raccomandazioni o in favori sessuali: concussione naturale? A poco servono le proteste della Pd Donatella Ferranti, che ritiene la nuova norma inammissibile perché estranea a un provvedimento contro la corruzione: qualcuno in parlamento continua a confondersi tra corruzione e concussione, abbassando le pene della prima e miniaturizzando la seconda.
Stavolta però la sensazione è ancora più angosciosa: mentre il Paese è straziato dall’ennesima emergenza il parlamento ruota tolemaico intorno alle vicende personali dell’ex premier, alle riforme istituzionali care all’ex premier, ai reati da cui l’ex premier deve essere prosciolto o prescritto.
Sembra che il territorio della giustizia sia la spia quell’autismo istituzionale che ci tormenta: lo stesso che porta lo Stato a celebrare la Repubblica sulle sue macerie in senso letterale, che spinge i ministri a infierire sulle spoglie di chi muore tra lamiere crollate in modo innaturale, che porta il premier in carica a esternare le sue opinioni sul calcio in un giorno orribile per il Paese. Non è normale che gli edifici non possano essere ricostruiti o recuperati, che il lavoro non abbia tutele, che non si investa nell’arte, nella cultura, nel sapere, nell’ambiente e nella difesa del territorio. Non è normale che non si possa più parlare di corruzione senza precipitare nel conflitto di interessi, nelle panie di deputati delegittimati, in eloquenti esitazioni, in subdoli blitz come quello di ieri.
Non è naturale che si parli di noi, i “salvati”, come se fossimo i sommersi. Al terremoto si addice il silenzio, dei ministri e delle parate. Al nostro parlamento pure: se non per pudore o rispetto, almeno per un pizzico (consigliabile) di vergogna.