Sarebbe molto facile – e altrettanto banale – scrivere che Napoli è una città piena di contraddizioni. Le notizie di cronaca nera, le storie di camorra e le immagini dei rifiuti si stagliano sulla bellezza del golfo e del Maschio Angioino.
Sarebbe ancora più banale sostenere che questa sua contraddizione intrinseca è l’emblema della sua stessa bellezza, come per Rio de Janeiro, ad esempio.
E se si volesse addirittura esagerare si potrebbe scrivere che Napoli è la cartina tornasole di un’Italia bella e dannata e che in fondo ci sta bene, perché è ciò che siamo e che ci rende riconoscibili al mondo. In fondo, ce la caviamo sempre. Nonostante tutto.
Ma questo non è un editoriale di Massimo Gramellini e le banalità è meglio lasciarle a chi non ha nulla da scrivere.
Qui si scrive di pallone.
E si scrive anche del Napoli, ma soprattutto del suo allenatore. Per sapere chi è Rafa Benitez, non andate troppo a ritroso nel tempo e non cercate quella Champions regalata dal Milan nella folle notte di Istanbul: dal 3 a 0 per i diavoli alla vittoria ai rigori per i Reds.
E non cercate neanche quella Coppa Uefa vinta con il Chelsea, dopo essere subentrato in corsa a Di Matteo - che di Coppa aveva vinto quella che conta.
Suvvia, quel Chelsea, l’Europa League avrebbe potuto solamente alzarla: sarebbe stato uno scandalo il contrario.
Chiedete piuttosto agli interisti. Stagione 2010/2011, quando in meno di 6 mesi è riuscito a ereditare la squadra più forte d’Europa, privata solo di un irrequieto Mario Balotelli, ed è riuscito a trascinarla sotto il quinto il posto, giustificandosi dei mancati acquisti di Mascherano e Kuyt.
Chiedete ai senatori di quell’Inter, uno tra tutti Marco Materazzi, o al presidente Massimo Moratti, dell’aria che si respirava all’interno degli spogliatoi. “Benitez ha smorzato l’entusiasmo di una squadra felice – ha detto in seguito Moratti -, se avessimo preso Leonardo dall’inizio, probabilmente, avremmo vinto l’ennesimo scudetto consecutivo senza troppe difficoltà”.
Insomma, quello è il vero Benitez. E in 5 anni non è cambiato niente. Continua a vivere nell’ombra di chi l’ha preceduto, Mazzarri oggi e Mourinho ieri.
Continua a non avere feeling con i giocatori che ha a disposizione. E continua a battere i piedi per avere Mascherano, come un bambino capriccioso. Rafa, s’è capito che ti piace, ma l’oceano è pieno di incontristi.
Ma soprattutto, continua a giocare nello stesso modo, incurante della fase difensiva e delle varietà di moduli che il calcio ti propone, soprattutto se è necessario adattarsi a rosa e avversario.
Non è tutto, però: insiste nel non assumersi le proprie responsabilità, scaricando sulla società, sul mercato e sui giocatori i fallimenti che ne derivano.
Perché la stagione del Napoli è iniziata male, anzi malissimo. Eppure, carte alla mano, è una delle rose più competitive della Serie A ed è sicuramente più forte dei diavoli di Bilbao. Rafa, un esame di coscienza per favore.
I tifosi napoletani hanno visto il più forte calciatore di tutti i tempi solcare il terreno del San Paolo. Si sono ubriacati con le giocate del Diez e questa è una cosa che non si dimentica, che resta lì e si tramanda di padre in figlio. I maschi, a Napoli, si chiamano Diego.
Ma hanno visto anche la Serie C e hanno continuato a seguire la squadra con lo stesso entusiasmo, sia che a giocare fosse D10S, che se l’avversario fosse il Castrovillari.
In più c’è il fattore appartenenza: una città intera che si identifica con i colori azzurri.
Per questo Napoli ha bisogno di un allenatore vero. Uno capace di scaldare i cuori e caricare l’orgoglio dei calciatori. Un uomo vero anche fuori dal campo, che non cerca alibi, ma soluzioni, in grado di guardare gli spalti è dire: proviamo a uscirne, insieme.
Benitez non lo è. Benitez è un perdente e lo è nell’atteggiamento, ancora prima che nei risultati. Con il suo carattere piagnucolone, probabilmente, si adatta bene alle caratteristiche lamentose di una parte della nostra nazione, certo.
Ma sicuramente non è ciò di cui ha bisogno.
E lo scaricabarile e le frignate vanno di moda a Castelvolturno. Gonzalo Higuaìn ha già manifestato la volontà di andare via a causa della mancata qualificazione alla Coppa dei Campioni. Come se in campo fossimo andati noi, e non lui.
È arrivato riempiendosi la bocca di retorica, parlando di Maradona e del calore dei tifosi. E ora rimpiange quando faceva la riserva di Benzema.
Come se non bastasse in casa Napoli c’è Edoardo De Laurentiis, uomo di rara classe e ricercata eleganza. In una sobria conferenza stampa, dove sembrava uscito da un video di Gigi D’Alessio, il rampollo di casa chiosava: “dei tifosi ce ne freghiamo”.
Evidentemente abbonamenti e biglietti se li paga da solo. E canta anche i cori.
Cari tutti, la tifoseria azzurra è una delle più calorose d’Italia. Il Napoli, molto probabilmente, non vincerà lo scudetto, ma i suoi tifosi, perlomeno, meritano di essere trattati diversamente.
Meritano di essere coccolati e meritano che gli venga detta la verità, per come si sono comportati negli anni. Perché Rafa passa. Higuaìn anche.
Ma loro restano, accanto alla squadra e accanto alla città.
Andrea Dotti
@twitTagli