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Roma, sabato 11 agosto, disoccupato si dà fuoco in Piazza Montecitorio e tenta di lanciarsi verso l'ingresso della Camera dei Deputati. Siamo vissuti per anni con il mito di Jan Palach il patriota cecoslovacco che si diede fuoco per protestare contro l'invasione sovietica del 1968 che pose termine alla Primavera di Praga. C'è stato raccontato mille volte l'episodio dell'ambulante tunisino che, immolandosi come torcia umana per ribellarsi al sopruso subito con il sequestro delle proprie povere merci, diede inizio alla Primavera araba. Ma per l'Italia questi gesti, ormai innumerevoli, di suicidi ma anche di aggressioni e omicidi, frutto della disperazione e della crisi economica, vanno classificati esclusivamente come atti di follia. Se per qualche tempo il tema dei suicidi è stato argomento di punta dell'informazione giornalistica e del dibattito politico, fino a spingere Mario Monti a paragonare - per consolare con singolare cinismo l'opinione pubblica - i numeri italiani a quelli greci, ora di questi fatti non bisogna più parlare o parlare il meno possibile nonostante questa piaga non sia certo venuta meno. E' possibile che, sulla base di aride statistiche, non vi fosse un reale incremento di questo terribile fenomeno ma la percezione che ne aveva l'opinione pubblica, come scrivevo su questo blog e come afferma l'autorevole Ilvo Diamanti, era che fosse una naturale e inevitabile conseguenza della crisi. Ma il problema si risolve, come si usa fare sistematicamente in questi casi, semplicemente non parlandone ed aspettando il prossimo pruriginoso fatto di cronaca nera per definire il palinsesto dell'informazione televisiva e le prime pagine dei giornali.
Taranto, 12 agosto, escono le anticipazioni sulla ricerca epidemiologica del Ministero della Salute sull'incidenza delle malattie nell'area dell'ILVA con dati terrificanti: rispetto alla media (regionale?) più 15 per cento di tumori con picchi del più 30 per cento per quelli al polmone e più 40 per cento (uomini) e 50 per cento (donne) per la mortalità derivante da malattie polmonari. Come è possibile che per anni e anni si siano lasciati morire così i lavoratori e i cittadini di Taranto? Il problema sono i magistrati che ora hanno detto basta a questo scempio e dunque contro di essi si devono alzare le accuse di affamare gli operai e bisogna portarli, per la violazione del dogma della produzione, davanti alla Corte Costituzionale? Dov'erano i sindacati? I politici, compreso Vendola governatore della Puglia e leader di quel partito che reca il termine 'ecologia' nel suo nome, e i tecnici cosa hanno fatto per risolvere il problema? Si accorgono solo oggi dell'importanza del lavoro (solo oggi che sono messi a repentaglio i profitti del gruppo Riva) gli esponenti del governo di Monti e Fornero, ideologi della libertà di licenziamento, e che hanno l'ardire di affermare – spudoratamente, senza umanità, senza decenza - con il Ministro della Salute Balduzzi che ci si ammala anche quando si resta senza un'occupazione?
Il piano energetico del ministro Passera, 13 agosto. La lezione dell'ILVA di Taranto (e di tutti i siti industriali che uccidono) evidentemente non serve a nulla. Si potrebbe e si dovrebbe puntare sulle energie alternative e sul risparmio energetico: per la tutela dell'ambiente, per preservare la qualità della vita dei cittadini, per sviluppare agricoltura e turismo, per promuovere nuove professionalità e imprese, per ridurre la dipendenza energetica dall'estero ed i relativi costi per le importazioni in direzione di una non utopica autosufficienza. Ed invece mentre si stanno per privatizzare i giganti italiani dell'energia – ENI e ENEL – si progetta di potenziare l'importazione, lo stoccaggio e il transito del gas in Italia e le trivellazioni per cercare petrolio riducendo il limite minimo di distanza dalle coste. A vantaggio di chi? Per favorire i profitti di quali soggetti? E' facile intuirlo così come chi pagherà i danni di queste politiche: i cittadini con la loro salute e le proprie attività economiche.
Orbetello, 10 agosto. Libero, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, scopre che per la scorta di Gianfranco Fini sono state affittate per oltre due mesi 9 stanze in albergo per una spesa complessiva di circa 80 mila euro. Sarà difficile come sempre che si riesca a conoscere la verità: quanti agenti di scorta sono impegnati per le vacanze di Fini e per quanto tempo, chi ha dato disposizioni al riguardo, quanto costa il loro soggiorno e chi lo paga. Quel che è certo è che l'arroganza e la protervia della casta dei politici - nonostante la crisi che obbliga tutti a stringere la cinghia e nonostante l'indignazione dei cittadini e anni di denunce giornalistiche - non si è minimamente attenuata.
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