Magazine Diario personale

Tagliarmi la carne e farmi addormentare

Da Margherita

1.

Oggi sono stata costretta a partecipare ad una conferenza sull'occupazione in Trentino dagli anni '80 ad oggi. Era pieno di dipendenti pubblici e figure istituzionali.

Odio la tendenza tutta italiana a prolungare gli interventi durante le conferenze, a "prendersi qualche minuto in più". La mia mattinata è stata un lungo susseguirsi di scuse masticate male e di slide brutte che non ho letto.

Ho ascoltato racconti di crisi che già mi erano note e di provvedimenti che mi riguardano. Non potevo andarmene, così mi è stata forzata addosso, per l'ennesima volta, la storia dell'orso e dei tassi di questo e di quest'altro e il modo in cui in sala tutti parevano indignati, mentre io tentavo di pensare ad altro leggendo articoli strazianti del New York Times.


2.

Ho pensato che forse dovrei evitare di ubriacarmi ogni volta che la situazione lo permette, perché poi finisco sempre per fare cazzate e rattristarmi. C'è da dire che non si tratta di circostanze così frequenti, dato che la mattina devo essere in ufficio e le volte in cui mi sono presentata con i vestiti del giorno prima, dopo aver dormito sul pavimento o sul divano di qualcuno, non è stato propriamente il massimo. Solo che vivo immersa in bolle spazio-temporali che tendo a voler rimuovere, quindi arriva spesso un momento nel corso della serata in cui divento quell'altra persona lì, che poi sono sempre io, solo più rumorosa e sgraziata.


3.

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Quando penso che non dovrei scrivere cose tristi sul mio blog, mi sento in colpa. Non si tratta solo delle motivazioni più pronunciabili e serie e accettabili. A volte penso anche che sono sola, o per lo meno che mi sento sola, e che non voglio più esserlo. Sono stanca di sentirmi così.

Sto tentando di sviscerare ciò che è dato per scontato che le ragazze non dicano, perché altrimenti lo so già che tornerei ombra.

Ma non sono abbastanza forte per mostrarmi mostruosa senza patirne.
(Non sono neanche abbastanza forte per mostrarmi liscia e tenue e serena senza patirne.)

Spesso ho l'impressione che, se fossi un ragazzo, ma avessi la stessa tendenza che ho ora a vedere oscurità e a impazzire di continuo, sarei più perdonabile.

Ma in realtà mi vengono già perdonate un sacco di cose.
La sera della mia laurea, dopo aver pianto sul mio regalo, mi vergognavo un sacco e mi sentivo orribile.
Ero su un letto altrui, quando F. mi ha detto che voleva vedere la mia faccia devastata. Dopo un po' gliel'ho mostrata e mi sono sentita dire che, a conti fatti, era meglio del previsto.

Mi viene perdonato quasi tutto.


4.

Solo che qui non ci posso più stare, in questa città o nell'altra, perché ogni due giorni mi sembra di non poter far altro che scomparire, e allora studio modi per ridurmi in polvere e nel processo mi sento orribile e stronza ed egoista e ingrata.

Anche oggi ho ricevuto una mail bellissima da una persona che apprezza quello che scrivo. Mi sono sentita molto meno sola mentre la leggevo e preparavo una risposta.
Solo che poi c'è tutto il resto; la concretezza dell'ansia che arrivo a provare quando mi ricordo che sono incastrata qui, ora. E la presenza tangibile e intangibile delle persone che dovrei rimuovere dalla mia vita, perché le amo e mi fanno star male e io perdono e dimentico e, nel processo, divento ombra. E la nausea che provo ogni giorno quando mi rendo conto di essere ancora a Trento. E il modo in cui, durante i momenti liberi al lavoro, mi adopero per trovarne un altro in una città più grande, dove non mi siano tutti già noti, dove conoscere amici nuovi e trovare un sacco d'ossa che mi veda e mi accolga e parli la mia lingua.

5.

Mi vergogno e mi sento poco femminista ogni volta che arrivo ad ammettere di non riuscire più a stare da sola, pur dovendo permanere in questa condizione.
Il femminismo non c'entra e non dovrei tirarlo in ballo.
(Il femminismo c'entra e non dovrei comunque tirarlo in ballo.)

Potrei essere più liscia, tenue e muta, ma poi diventerei un'ombra e finirei per andare veramente a nascondermi nel bosco e mi lascerei morire e non manderei cartoline a chi me le ha chieste, perché la risposta corretta era "tutto andrà meglio", la risposta corretta era "so che puoi resistere ancora per un pochino", la risposta corretta era "non voglio che tu sparisca", la risposta corretta era "il bosco non è un luogo adatto ad una ragazza come te".


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