Primo giorno di caccia ai delfini. La denuncia dello “ Sportello dei diritti “. Delfini catturati al largo della località nipponica, per essere destinati ai parchi acquatici
Oggi nella prima giornata di caccia, causa maltempo niente cattura, ma la stagione dei prelievi proseguirà per sei mesi fino a marzo. Le imbarcazioni che a Taiji, in Giappone, saranno utilizzate per la cattura dei delfini da destinare ai delfinari e per la macellazione sono rimaste tutte in porto. “La stagione è iniziata oggi e durerà fino alla fine di febbraio”, ha riferito un funzionario dell’associazione dei pescatori di questa città nel sud-ovest dell’arcipelago”. Mentre gli ambientalisti erano già arrivati sul posto per monitorare le operazioni. L’ultima campagna di caccia aveva provocato reazioni indignate, specialmente da parte dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone, Caroline Kennedy, che aveva denunciato la “disumanità” di questa pratica in un messaggio sul suo account di Twitter.
Questi pescatori del porticciolo attirano i delfini in una baia, circa 2.000 ogni anno, uccidendone una parte per vendere la loro carne. Gli altri sono venduti ai parchi acquatici. Dietro all’esibizioni di delfini ammaestrati, la maggiori attrazioni dei parchi acquatici, c’è un lato decisamente oscuro, la provenienza e delle modalità di cattura di questi animali. Le loro evoluzioni incantano moltissimi visitatori, che sono però ignari della. La cittadina di Taiji, chiammata la baia insanguinata, situata nel sud del Giappone, dà in questo senso molte e inquietanti risposte. In questa località la cattura dei delfini rappresenta una consolidata attività economica poiché un esemplare destinato ai parchi acquatici può valere centinaia di migliaia di franchi. Dopo essere stati avvistati al largo dai pescherecci, i branchi vengono fatti deviare dal loro corso attraverso il rumore prodotto e propagato in acqua da bastoni metallici. I delfini, frastornati, vengono così disorientati e forzati a entrare all’interno di questa angusta baia, dove la ristrettezza dello spazio si rivela non di rado fatale. Si procede quindi alla famigerata selezione. Da una parte, gli esemplari ritenuti idonei ai parchi acquatici. mentre quelli scartati, vengono uccisi al fine di commercializzarne le carni come genere alimentare. I delfini sopravvissuti una volta introdotti nei parchi, vivono in condizioni di intenso stress, denuncia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Forse non lo sapete ma il delfino è l’animale che sta peggio di tutti in cattività. In natura questi mammiferi possono vivere anche fino a 60 anni, in cattività muoiono dopo un paio di anni, i più irriducibili arrivano a 12-15 anni. In passato quando 20/30 anni fa in Inghilterra si costruirono delfinari in ogni posto quegli introdotti preferirono uccidersi sbattendo la testa contro le pareti delle vasche oppure ingerendo le mattonelle. È giusto andare a vedere i delfini nel loro habitat, dove possono nuotare liberi come accade per i loro simili di Cuba, Findhorn e delle isole Skye, Mull e Iona (oltre alle orche e alle balene) in Scozia, e dell’Irlanda, dove attirano migliaia di visitatori ogni anno pur essendo liberi in mare aperto. C’è un paese importante come l’India, che proprio di recente ha deciso di vietare i delfinari nel proprio territorio.
Lecce, 1 settembre 2014
Giovanni D’AGATA