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Talebani? Cercateli a Milano

Creato il 08 giugno 2015 da Pietro Acquistapace
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Fonte deviantart.net

A partire dal 1993, quando Samuel P. Huntington pubblicò un fortunato articolo su Foreign Affairs, si parla continuamente di “scontro di civiltà”. Questa espressione abusatissima negli ultimi decenni, fa del politologo americano uno degli autori più citati senza essere letti, la stessa sorte che fu di Carl Marx. Le grandi frasi, tuttavia, sono spesso grandi paraventi dietro a cui nascondersi, slogan da ripetere senza fare alcuna analisi. Cosa significa civiltà? E se lo scontro fosse molto più vicino di quanto pensiamo? Tutte questioni che politiche demagogiche ed interessate non hanno nessuna intenzione di affrontare.

Chiunque abbia volontà di studiare la Storia mondiale, quella materia umanistica che nelle scuole non interessa più in quanto non immediatamente monetizzabile, vedrà come il mondo non ha mai vissuto un’epoca in cui non fosse presente un qualche scontro di civiltà. Il pensiero occidentale è talmente ripiegato in sè stesso da vedere come anomalia l’esistenza di civiltà altre, incapace di giudicare il mondo senza utilizzare i principi, per quanto giusti siano, che sono alieni ad un mondo che non è il suo. Tutto ciò che è diverso è sbagliato, equazione molto semplice ma allo stesso tempo molto complessa.

Per quadrare i conti l’Occidente ha tentato di diffondere i suoi principi in altre zone del pianeta, ma lo ha fatto intervendo attivamente in contesti estranei, armando mani che le si sono ritorte contro. Non è un segreto per nessuno che i combattenti del califfato siano stati finanziati dagli USA. I militanti radicali dell’ISIS, nella loro ottusità riguardo al volere un mondo a loro immagine e somiglianza, sembrano forse i figli del fondamentalismo occidentale piuttosto che di una visione del mondo islamica. La dittatura del progresso può articolarsi in molti modi, non solo in chiave industriale e produttiva.

D’altronde, a ben vedere, identificare il fulcro dello scontro nella contesa tra Occidente e radicalismo islamico è fuorviante. Lo scontro è già qui, vicino ad ognuno di noi. Lo scontro è tra le diverse visioni di società che si combattono, senza più un potere centrale autorevole che gestisca il social divide. Tra chi guarda il programma Amici e chi ascolta un rapper come Lou X non ci può essere nessun punto di contatto, nessuna comunicazione possibile, troppo diverse le realtà quotidiane vissute. Solo l’odio verso un nemico comune può accomunare persone così lontane, ed il potere questo lo ha capito molto bene.

Guidare nel traffico di Milano può essere un’esperienza interessante, bastano pochi minuti per vedere come molti automobilisti nella loro mancanza di rispetto, nel loro sprezzo dei diritti umani e nella loro rabbiosa ansia di affermazione non siano facilmente distinguibili dagli islamici radicali. L’idea di scontro di civiltà si nutre avidamente di particolari esteriori come gli abiti o l’aspetto fisico, in realtà conta quello che c’è dentro, l’essenza più vera, ma in un mondo dominato dal marketing questa è un’eresia. Non a caso l’ISIS è impregnato di tecniche e strategie apprese dalle scuole di mercato occidentali.

Il vero scontro di cività è tra chi ritiene ogni cosa abbia un prezzo, con relativa corruzione e concussione, e chi invece ancora crede in una politica di equità sociale, ritenendo di fondamentale importanza il rispetto e la tolleranza. Certi politici davvero non sfigurerebbero nelle file dei radicali islamici, i nemici che dicono di voler combattere, visto che la mentalità è esattamente la stessa. L’Islam è una religione, certo diversa, ma al suo interno ha svariate accezioni. Il radicalismo è solo la corrente più chiassosa, certamente anche la più pericolosa, proprio come in occidente lo è la deriva autoritaria post-progressista.


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