Esco dal mio discount di riferimento di fretta, ché la palestra mi aspetta e devo fare sempre quei famosi mille mila addominali prima della lezione.
Per incastrare tutto, come al solito, faccio i salti mortali e anche un paio di piroette.
Esco di corsa, con le buste in mano, e parcheggiata di traverso noto una macchina.
Una punto nera.
Coi vetri scuri.
Ribassata.
Sarà a dieci metri da me, ma mi arriva lo stesso all’orecchio l’usuale e melodico suono unz unz, unz unz.
La macchina è parcheggiata così a porca miseria che blocca l’uscita di molte macchine, tra cui la mia.
Mi avvicino e vedo abbassarsi il finestrino del guidatore.
C’è vita! Penso fiduciosa.
Errore!
Lo sportivo guidatore avrà vent’anni, una pelle modello CarloContiDeluxe, i capelli rasati, sopracciglia ad ali di gabbiano fatte probabilmente dalla mamma.
Indossa un elegante magliettina nera da uomo vissuto e fuma. No, non fuma: emette anelli di fumo mentre mi guarda fisso. Per un attimo lo scambio col tamarro perugino che impazza in tv, ma non è lui. Ci somiglia però. Questi qui si somigliano tutti, sembrano fatti con lo stampino.
Mi fissa dal finestrino abbassato continuando ad emettere anelli di fumo al ritmo dell’unz unz dello stereo.
Chissà che pensa di me questo. Io, che son vestita con un paio di pantaloncini bianchi anticaldo al ginocchio, ciabattine e maglietta a mezze maniche degli Aristogatti (tarocca) con su scritto I’m a snob cat. Senza contare che sudo e sbuffo come un mantice tra le buste di plastica e la sabbia del gatto ed ho i capelli attaccati alla testa dal caldo. Bellina. Aiutarmi no, eh?
Col suo sguardo bovino, mi fissa.
Vista la mia natura principesca, se non fossi di fretta mi scatterebbe in automatico il Checazzotiguardi? ma ho fretta e quindi andasse a quel paese.
Ecco, ci andasse davvero. Invece rimane fermo lì.
E io con lui.
Gli faccio cenno che devo uscire. Nulla.
Suono il clacson. Nulla.
Mimo la mia uscita dal parcheggio. Nulla.
Faccio un balletto, lo capirà meglio?
Nulla, lui mi guarda e stop.
O è miope, o è scemo. O è un serial killer.
Mentre sto ponderando l’idea di scendergli e rigargli la macchina, il genio ha un sussulto. C’è vita! Penso fiduciosa.
Errore ancora una volta: è il cellulare che suona.
Risponde, fa cenno di sì con la testa, si rimira nello specchietto.
E poi parte sgommando.
Vola via, verso chissà quali lidi.
Bella gioventù, direbbe mia nonna.
E pure io, che sono anziana ma non così tanto.
Forse l’Italia è un paese che non merita di salvarsi…
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