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TaQQuino di uno scrittore non retribuito… in ferie..

Creato il 14 agosto 2011 da Gianpaolotorres

TaQQuino di uno scrittore non retribuito… in ferie..

Gianluca ha di che insegnarmi a vivere altro che balle,io ero così nauseato di tutti ‘sti casini in giro per il mondo, casa nostra compresa,che mi sono a mala pena ricordato che nel Corno d’Africa son già morti 25mila bambini e che nei nostri media si parla,o meglio,ci fanno vedere ed ascoltare sempre quelle stesse facce che dicono sempre le stesse cose..secondo la par condicio..ed il personaggio che rappresentano..basta intravederli,uno per uno,e sai già cosa stanno per raccontare ai microfoni..un copione di parole dette al vento..di cui ne abbiamo sin sopra i capelli…Per chi ha ancora i capelli.

Io li ho sin troppo lunghi,ma sabato son passato cercando di Gianluca che a dire il vero ha anche la mamma che collabora con lui in negozio in corso Rigola,e c’era solo una signora sotto il casco..mentre di Gianluca giustamente si son perse le tracce per qualche giorno,ha una famiglia ed il sacrosanto diritto di andarsene fuori dalle balle  visto come gli Editori lo tengono in considerazione.

Fanno male. Ho appena detto a dei conoscenti che dai giovani c’è da imparare se sanno fare il loro mestiere,ed io ero di passaggio per sentire se mi aiutava a mettere a posto ..la mia sintassi.

Da anziano,riflettevo,non è che abbia perso la memoria o voglia fare l’indiano…come qualcuno cerca di farmi capire tra le righe.

Sono i tempi di reazione a qualsiasi evento che sono più lunghi nel mettersi in movimento.Ecco come stanno le cose.

Infatti in aeronautica dove il riflesso richiesto è pari alla formula 1,veloce come il lampo per il tempo che hai a disposizione per correggere l’errore,io alla mia età potrei servire solo a gonfiare i pneumatici…o controllare il livello dell’olio.

Spero di essermi spiegato onde evitare di essere male interpretato.

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Ma che bel quadretto post-bohemienne

 

Sarà che da bambino sognavo di fare il sub. Di mestiere. Con mensilità, tredicesime, quattordicesime, ferie, mutua, straordinari fuori busta e regolari contributi.
Mi sembrava sul serio una gran bell’idea percepire un salario adeguato alle competenze cui avrei assolto: in prevalenza nuotare, esplorare fondali, fotografare o comunque riprendere creature misteriose e talvolta abominevoli, riportare a galla tesori, restare avvolto da un ovattato tipo di silenzio e volteggiarvi dentro, con quella leggerezza finalmente disincantata che la superficie del mondo, ovunque si vada, non potrebbe concedere a nessuno, nemmeno volendo.
Ma ero purtroppo preda di un innato panico dell’acqua e, dopo svariate lezioni presso lo Sporting Club dove mia mamma mi accompagnava due volte alla settimana, ho dovuto, come si suol dire, arrendermi all’evidenza. Insomma, io e il nuoto eravamo incompatibili. Non c’era verso. Avrei potuto contemplare i fondali marini soltanto con la fantasia, questa era stata la sentenza emessa, in soldoni. E la pavimentazione in marmiglia della sala, nonché la miopia, aiutavano assai.
Mentre Mister Fantasy proponeva a ripetizione un video di Flavio Giurato che cantava “Il tuffatore”, una canzone brevissima e d’impronta minimale, io, disteso come meglio potevo sul divano, o direttamente a pancia all’ingiù, sul pavimento maculato, menavo bracciate da una parte all’altra, nel tentativo di sperimentare tecniche di nuoto a mio esclusivo uso e consumo.
Sarà che da bambino sognavo di fare il sub, dunque eccomi scrittore. Non è molto diverso, alla fin fine. Quando scrivo una storia, e cerco le parole, miglioro la forma dello stile e mi danno ore ed ore sulla tastiera – perché, diciamocelo, ci sono per tutti quei maledetti giorni in cui le parole, quelle giuste, non ne vogliono sapere di cooperare, fanno sciopero, le stronze, magari se ne scappano pure altrove, chissà, le parole sono di tutti, no?, perciò è plausibile che facciano, di tanto un tanto, un giretto in altre bocche, in altre dita, in altre pagine -, beh: spesse volte trovo tutto ciò paragonabile a una discesa negli abissi e mi tornano in mente tanto quel goffo bambinetto, quanto le incomprensibili movenze che mai stanco ripeteva e ripeteva, prono, sul glaciale pavimento nella casa dei suoi genitori, aspettandosi, senza crederci poi molto, per la verità, che i suoi gesti, i suoi pazzi gesti, diventassero sempre più eleganti e lo portassero a galleggiare nella realtà della vita come avrebbe voluto fare nelle profondità marine.
Rimane tuttavia un interrogativo: avendo ormai rinunciato alla carriera da sommozzatore, e relativi introiti, abbiate pazienza se all’età di quasi trentacinque anni, e dopo aver compiuto il grande passo (che in genere si chiama solo mutuo, ma data la sede permettetemi un minimo di prosaicità), oso pormi un dilemma: chi glielo paga uno stipendio, allo scrittore?
Ho finora pubblicato sei libri e una quantità imbarazzante di racconti, tra antologie e riviste letterarie, ma non è che si sia fatto vivo qualcuno. Se tiro le somme, e vivo secondo i precetti del Mahatma Gandhi, coi ricavati complessivi, più l’appartamento sequestrato, potrei andare avanti all’incirca due o tre mesi al massimo.
Dovesse capitarmi tra capo e collo un simile frangente, spero succeda almeno nella bella stagione.
Oppure no, idea: potrei comprarmi, in cambio di un rene, una muta da sub. Pare isoli dalle temperature più rigide in maniera ottimale.
Sì, sì. Già, già.
Quasi trentacinquenne scrittore non retribuito finisce sotto un ponte con addosso una muta da sub.
Ma che simpatico quadretto post-bohemienne.
Potrei perfino riderci sopra. Ogni tanto.

+++

http://www.gianlucamercadante.com/wordpress/

FINE


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