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Tariffa truffa legalizzata: come le bollette dell’acqua sono state illegalmente gonfiate del 7% contro i referendum

Creato il 27 giugno 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Cinque brevi video, in tutto un discorso di 22 minuti di Giampiero Carotti, del Comitato Acqua pubblica del Cremonese, in occasione di Buon Compleanno Referendum, festa in onore dei referendum vinti due anni fa.

La battaglia civile per l’acqua bene comune non è ancora vinta. La qualità dei video non è buona ma il discorso di Carotti merita ascolto, perché spiega come lo Stato abbia fatto il possibile e l’impossibile pur di non applicare il referendum. Da subito, secondo la Corte Costituzionale, le bollette dell’acqua dovevano scendere del 7%, ovvero della parte di remunerazione del capitale investito. Il servizio idrico integrato non deve, come stabilisce il referendum vinto e diventato legge, procurare profitto al gestore. Un gran profitto, il 7%, che ha consentito ai grandi investitori privati presenti con quote azionarie nelle società miste pubblico-privato, di lucrare montagne di soldi dalle bollette a danno di tutti gli utenti e anche dei meno abbienti.

Dopo i referendum – che sancivano la gestione pubblica e l’eliminazione del profitto del 7% sui capitali investiti – la questione dell’acqua invece di chiarirsi si è complicata. Infatti l’Autorità dell’Energia elettrica e del gas, che i occupa anche di gestione dell’acqua, è stata incaricata dal parlamento di esaminare il caso. E’ già questo un assurdo, perché l’Autorità come tale regola il libero mercato, mentre i referendum hanno stabilito che l’acqua è fuori mercato in quanto bene comune. Il servizio idrico integrato (tutto compreso) dev’essere in pareggio, senza lucro per il gestore.

Così formalmente l’Autorità ha tolto il 7%, per rimetterlo con un altro nome: oneri finanziari. Inoltre vengono fatti pagare anche i rischi sugli investimenti, tutti gli anni, anche se non si è verificato alcun danno al gestore.

La conseguenza è che la tariffa invece di scendere del 7% scende solo dello 0,6% grazie a una disposizione provvisoria.

E le aziende pubbliche che hanno fatto? Nulla. Trarre alcune eccezioni non hanno rispettato i referendum, preferendo l’illegalità coperta dalla propaganda televisiva che ripete spesso che “i referendum non sono serviti a niente” o falsità del genere.

Le istituzioni nazionali e locali, in diversi casi, si trovano di fronte a un ostacolo grave e insormontabile, i referendum, che non riescono ad aggirare.

Cremona ha scelto di non rispettare i referendum, grazie alla strana idea di democrazia imperialista (sono stato eletto quindi non rispetto più neanche i referendum) coltivata da Salini, che però rischia di non aver la maggioranza per far salire le bollette grazie all’approvazione di un enorme piano d’investimenti ovviamente a nostre spese.

Una situazione in evoluzione, una lotta ancora non conclusa anzi molto impegnativa per chi vuol far rispettare il proprio sì, trasversale e non politicizzato. Anche la Chiesa cattolica ha sostenuto questi referendum, in un vasto fronte che comprende parte del centrodestra e parte del centrosinistra e della sinistra, con eccezioni più o meno in tutti gli schieramenti.

Non è una battaglia dei partiti, ma degli elettori. I politici possono solo farsi portavoce. Il protagonismo infatti resta dei comitati locali italiani.

Battaglia pesante, perché vengono colpiti interessi economici enormi. Quanto valgono, ad esempio, le bollette dell’acqua di Roma o di Milano o altre grandi città? Quanto vale il 7% incassato ogni anno dai gestori, fra cui grandi capitalisti privati? Un’enormità di denaro.

Di questi le forti resistenze che incontra il movimento referendario, vivo ancora oggi.

 


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