L’annuncio è del Segretario del PD che chiede un aumento delle tasse rendite finanziarie in cambio di sgravi su lavoro e imprese.
Con il Job Act aumentano le tasse rendite finanziarie? Sembra che continui la stangata contro il risparmio. Se pensavamo che l’aumento della tassazione sulle attività finanziarie fosse finita con l’imposta di bollo allo 0,20% sui conti deposito, salita dallo 0,15% del 2013 e dallo 0,10% dell’anno precedente, ci siamo sbagliati.
Con il Job Act (l’insieme di provvedimenti tesi al rilancio dell’occupazione) pare che le imposte sulle rendite finanziarie siano
destinate a salire ancora, dopo l’unificazione delle aliquote al 20% sui proventi derivanti dalle operazioni finanziarie, introdotta a partire dal 2012, che ha previsto la sola eccezione del 12,5% sui rendimenti dei titoli di Stato.
Il segretario del PD, Matteo Renzi, ha spiegato, infatti, che il Job Act prevederà un aumento delle tasse rendite finanziarie, ma in cambio ci dovrà essere una riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese, ad esempio, dell’Irap.
A questo punto, ci dobbiamo attendere un aumento dell’aliquota del 20%, che già nella prima versione della Legge di Stabilità per l’esercizio 2014 era stata fissata al 22%.
Il confronto con gli altri Paesi europei non ci pone ai vertici della tassazione sul risparmio, ma al contempo va detto che un raffronto diretto non sempre è possibile per la miriade di aliquote e di diversità di tasse rendite finanziarie a seconda dei prodotti. E non possiamo non dimenticare che dal marzo dello scorso anno è stata introdotta in Italia una tassa sulle transazioni finanziarie che in Europa è stata adottata solo dalla Francia, mentre la stessa Germania, che prima l’aveva caldeggiata, non ha ancora deciso se introdurla o meno.
Il risultato della cosiddetta Tobin Tax è stato alquanto deludente, avendo fatto incassare allo Stato solo 200 milioni di euro rispetto al miliardo preventivato, ma avendo provocato l’effetto indesiderato di un crollo degli scambi di azioni e obbligazioni sui mercati.
La lezione, a quanto pare, non è stata compresa e per alcuni spiccioli, che serviranno ben poco a ridurre l’ingente tassazione sul lavoro e sulle imprese, si rischia di stangare ancora una volta il risparmio o addirittura di metterlo in fuga verso l’estero.