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Tasse, siamo ancora ai numeri che smentiscono gli annunci (pasquali)

Creato il 06 aprile 2015 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Il Governo nel finesettimana pasquale promette che “le tasse non aumenteranno”, anzi addirittura “cercheremo di abbassarle”. Tra intenzioni vere e spin mediatico, dopo una settimana di numeri e dati che dicono l’opposto: spesa pubblica e tasse per tutto il 2014 sono salite. Ecco gli ultimi numeri dell’Istat.

“Cercheremo di abbassare le tasse anche quest’anno”, fa sapere domenica una fonte del Governo (anonima ma per definizione “autorevole”), in uno dei soliti “retroscena” apparsi sul quotidiano Repubblica. Sembra di trovarsi di fronte a un’offensiva pasquale finalizzata a far rimbalzare questi annunci anche sui telegiornali e nei talk show di queste ore che tanti italiani passano in famiglia. Infatti il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha affrontato il tema delle tasse anche in una lunghissima intervista a un altro quotidiano nazionale, il Messaggero, nella quale ha dichiarato tra l’altro: “L’Iva nel 2016 non aumenterà. Credo che annulleremo le clausole di salvaguardia già con le misure del Def (Documento di economia e finanza, ndr). Ma non esiste nel modo più categorico che sia un aumento delle tasse”. Dall’”abbassamento” delle tasse lanciato da Repubblica, insomma, è bastato cambiare testata e sul Messaggero siamo già passati al “non-aumento” delle stesse; il messaggio governativo vuole essere sempre rassicurante, ma già è un filino meno ottimista di quello precedente.

Queste dichiarazioni d’intenti arrivano dopo due settimane di dati confliggenti sullo stato dell’economia italiana e sulla presunta fase di ripresa che dovremmo attraversare. Gli indici di fiducia di imprese e famiglie volgono al meglio, ma il tasso di disoccupazione (Si veda l’articolo Cosa c’è dietro i numeri sulla disoccupazione) è tornato ancora ad aumentare, arrivando al 12,7% (sopra la media dei paesi dell’area Euro), mentre la produzione industriale nelle prime settimane dell’anno è rimasta ancora negativa. Quale che sarà l’andamento del Pil nel primo trimestre del 2015, quel che è certo è che un rimbalzo dell’economia così debole difficilmente sarà percepito qui ed ora da milioni di italiani.

Soprattutto, la scorsa settimana l’Istat ha messo in fila alcuni dati su spesa pubblica e tasse – il filo conduttore di questo nostro sito – che definire “allarmanti” è poco. Li sintetizziamo in breve, prima di affrontarli nel dettaglio: la spesa pubblica dello Stato italiano nel 2014 è aumentata, di conseguenza anche le tasse che pesano sul contribuente italiano sono aumentate nel 2014. E pensare che il Governo fa sapere che, di grazia, abbasserà le tasse “anche quest’anno”! Difficile essere sorpresi, d’altronde, da questo ennesimo tentativo di offuscare i dati a suon di annunci.

Nel periodo settembre-dicembre del 2014, le uscite totali dello Stato italiano sono cresciute del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2013; negli ultimi tre mesi dello scorso anno, la spesa pubblica è arrivata dunque a pesare quanto il 57,6% del Pil, cioè più della metà di quanto tutto il paese produce nel corso dell’anno. Nel totale del 2014, la spesa pubblica è stata pari al 51,1% del Pil (si veda il Comunicato Istat sul Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche). In numeri assoluti, il totale delle uscite dalle casse dello Stato – al netto degli interessi sul debito pubblico – ha toccato i 692,3 miliardi di euro, a fronte dei 684 miliardi del 2013. Il Governo si giustifica dicendo che la misura degli 80 euro per i redditi più bassi, decisa e messa in atto alla metà dello scorso anno, è stata calcolata ai fini statistici come “spesa” aggiuntiva (a mo’ di “prestazione sociale”) e non come tasse in meno. Sarà, tuttavia anche nell’ultimo rapporto della Corte dei Conti si segnala che la spesa primaria sarà in aumento per tutto il periodo 2014-2017, di almeno l’1,2% l’anno nel totale delle amministrazioni pubbliche.

Chi pagherà il conto, ormai, lo dovreste aver capito: il contribuente qualunque. Non a caso la pressione fiscale su famiglie e imprese italiane, sempre alla fine del 2014, è arrivata al 50,3% del Pil, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2013. Un aumento che, a voler essere precisi, non tiene ancora conto del taglio del costo del lavoro sull’Irap e della decontribuzione sulle nuove assunzioni approvate dal Governo Renzi e che avranno effetto quest’anno. Misure che vanno nella giusta direzione, queste ultime, ma che non basteranno di certo a “cambiare verso” all’Italia, come invece continua a ripetere il premier Renzi.

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