Taste 2015: novità e bocciature

Da Pranzodifamiglia

Il salone dell’enogastronomia di qualità che si svolge ogni anno a Firenze alla stazione Leopolda, ha compiuto dieci anni. In principio furono 120 espositori, oggi siamo ben oltre 300.
La lista dei partecipanti è catalogata in rigoroso ordine alfabetico, dalla A alla Z. Documentarsi è utile ma il bello è percorrere in lungo e in largo i corridoi dove  si affacciano gli stand. Fermarsi, osservare, parlare con i produttori, ascoltarli. Girando, si hanno conferme sui prodotti che si conoscono, si cercano le novità.
Cosa fa di Taste qualcosa di diverso da altri appuntamenti enogastronomici? Prima di tutto nacque in un momento in cui l’offerta non era così forte: gli va dunque riconosciuto il merito di aver iniziato a parlare di prodotti legandoli ai territori più che a singoli personaggi. Poi la veste “modaiola” ­ non a caso nasce dalla collaborazione con Pitti Immagine ­che toglie all’agroalimentare quella patina di prodotto “da sagra di paese”: il cibo si mette l’abito delle occasioni e si presenta con packaging accattivanti. “Ciò che è buono da mangiare può e deve essere anche bello”, sembra un po’ essere il claim di Taste. Anche il contenitore ha fatto la differenza: la stazione Leopolda è come una tela su cui ogni anno ci si sbizzarrisce con colori e materiali, l’effetto scenico fa parte del gioco e impreziosisce la fatica degli artigiani. La nota dolente è la calca: il pubblico è sempre più numeroso, i foodies sono ormai ovunque e nelle ore di punta la situazione sembra ingestibile: si perde così il tempo del racconto e prende il sopravvento quello dell’assaggio.

Taste non è solo un luogo privilegiato di scambio per gli addetti del settore, è soprattutto una ghiotta occasione per il sempre più vasto pubblico dei cultori del cibo, che potranno approfondire argomenti legati al gusto e sperimentare le ultime novità, confrontandosi direttamente con i migliori operatori internazionali dell’alta gastronomia.

Dopo la storia e ciò che rappresenta il Taste,  passiamo ai veri sapori che mi ha lasciato.

Lungo i binari della Leopolda si respira sin dall’entrata profumo di qualità e in men che non si dica le papille gustative sono travolte da sapori che di rado ti trovi ad affrontare.
Salumi pregiati come il pata negra, jamon iberico de bellota per essere precisi, per tanti esperti il miglior prosciutto al mondo, prodotto da suini allo stato brado, cresciuti a ghiande nei boschi iberici. Un esplosione di sapore, non trovo altri termini. 10 e lode.
Comunque i nostri prodotti come San Daniele, Prosciutto di Parma stagionato 36 mesi e la nostrana Cinta Senese non hanno niente da invidiare al più rinomato prodotto spagnolo, anzi…sono facce diverse della stessa medaglia.. d’oro ovviamente …


Anche se per il mondo prosciutto,gran merito va al prosciutto di montagna di Saint Marcel, in Valle d’Aosta,che ha il colore dei prati: la concia che lo ricopre infatti è un mix di erbe alpine, rigorosamente segreto (si sa che sono cinque). Il grasso ha un colore rosa pallido, il sapore è rustico ma non grossolano. La maturazione qui ha alcuni vantaggi: siamo in montagna con tassi di umidità bassa e aria purissima che, insieme all’acqua, altrettanto limpida, fanno la differenza. A colpire è anche la morsa per il taglio portata a Taste: è infatti messa in verticale che, secondo il produttore, è la migliore posizione per tagliare il prosciutto contro vena, per non danneggiarne la fibra.

L’artigiano della Nduja: innanzitutto si dice “nduscia” facendo sentire la sc un po’ scivolosa e la si fa a Spilinga, in provincia di Vibo Valentia. Il resto, è imitazione. È fatta con lardello di suino, guanciale e pancetta a cui vengono aggiunti sale e peperoncino essiccato. Ha un’entrata in bocca dolce, mentre il piccante si avverte sul finale. Stagiona per quattro mesi prima di entrare in commercio e il piatto della tradizione è la pasta con pomodorini e nduja.

Bonfatti e il suo salume per eccellenza : la Mortadella Classica, un presidio Slow Food che, per colore, odore e gusto, non assomiglia affatto alle mortadelle da banco che siamo soliti consumare. Ha un rosa più tenue, un taglio più “carnoso”, sentori meno invadenti che, in bocca, diventano complessi. Quella di Bonfatti ha una concia fatta di chiodi di garofano, cardamomo, coriandolo, macis, oltre che aglio e sale. Viene realizzata solo con suini italiani e con le parti più nobili, ovvero spalla e guanciale. Legata a mano e insaccata in vesciche naturali, viene poi cotta nelle tradizionali stufe a mattone.

Luvirie, il pittore con le sue confetture. L’idea di inserire i barattoli nelle latte di pittura non è nuova, ma il suo stand regala sempre un bel colpo d’occhio: sono le Pitture per Papille, dodici tipologie realizzate con frutta esclusivamente romagnola e con aggiunta di zucchero grezzo. È la cottura a vapore a garantirne la piena integrità al naso e in bocca. Quest’anno è la volta di Eau de Food, altra idea regalo del vulcanico Giannini. Ma non lasciate che il packaging vi distragga: il prodotto è veramente eccellente.

E adesso la nota dolente..

so che per molti ciò che sto per dire , è un sacrilegio, meriterei la scomunica immediata da Don Perignon, l’esilio forzato nel peggior locale di Chinatown….caviale.. Beluga per essere precisi, 16 anni di attesa per avere la deposta di uova di tale qualita, un valore sul mercato pari quasi a quello dell’oro (tanto che il nostro cucchiaino con assaggio,valeva tra i 20 e i 30€!!!); per molti è il nettare di Poseidone e orde di russi pagano follie per cibarsene ed io…ne sono rimasto turbato…in negativo! Sarà per la consistenza,sarà per il forte sapore di mare del quale non sono fan, ma il caviale ha demolito tutte le mie aspettative sul mangiare da vip e dato che pure le ostriche e lo champagne non mi fanno impazzire, preferisco rimanere con i miei gusti da NON vip e divorarmi kili di Mortadella, cinta senese con un bel calice di chianti.

“Felicità è un bicchiere di vino con un panino” diceva qualcuno…


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