La denuncia arriva dalla Slc Cgil cittadina:
«Qual è la necessità di pagare un affitto così caroe di investire soldi per ristrutturare un teatro che appartiene a privati?»
Palermo, 7 marzo 2013
«Qual è la necessità di pagare un affitto così caro e di investire soldi per ristrutturare un teatro che appartiene a privati? Forse – prosegue - il Biondo dovrebbe concentrarsi in una programmazione più pertinente all’attività dello stabile di Palermo». Il connubio Biondo-Bellini nacque nel 2000, quando la direzione artistica dello Stabile – che già da qualche tempo utilizzava lo spazio come attrezzeria e sala-prove – decise di strappare il Bellini all’oblio, prendendolo in affitto, rendendolo agibile e riaprendolo dopo quasi 40 anni, cercando, inoltre, di promuoverne l’acquisto e il recupero da parte del Comune. Erano però altri tempi, tempi in cui il Biondo navigava in buone acque e il botteghino sorrideva, con una media annuale di 10mila abbonati. Altra musica adesso.
«Con quali collaborazioni si è tenuto in piedi questo secondo teatro aperto, quali operazioni culturali sono state fatte rispetto alle aspettative degli artisti della città? – continua a chiedersi Rosso -. Se era un teatro alternativo, perché il suo palcoscenico non è mai stato aperto alla collaborazione di Emma Dante o di Cuticchio, o non si è mai recuperato un regista come Carlo Collovà, solo per fare alcuni esempi? E non si è mai dato spazio a quartetti, ensemble, compagnie di ballo?». E ancora: «Non ci sembra sia stata inaugurata al Biondo, malgrado da tempo si levi un corso di richieste, nessuna nuova programmazione culturale in questa città addormentata a causa di una programmazione vetusta. In un momento in cui anche i teatri somigliano a stipendifici – conclude -, ci chiediamo: le ristrutturazioni fatte per il Bellini a spese del Biondo sono solo benefici che resteranno al privato?».