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Teatro: la Terza via

Creato il 09 novembre 2010 da Albix

IMG_1590Come abbonato e frequentatore appassionato del Teatro Lirico vorrei intervenire nella diatriba che di recente si è accesa nella piattaforma Tiscali a proposito della crisi che, non solo in Sardegna, queste importanti istituzioni culturali stanno attraversando.

Tutto è partito da un post pubblicato dalla redazione del blog forumcivico firmato dall’avv. Ugo Sanjust al quale sono seguiti commenti e post di varia intonazione e differente orientamento.

L’avv. Sanjust, dopo la  diagnosi delle cause che hanno determinato l’attuale dissesto finanziario della Fondazione, propende per una cura di stampo liberista, dichiarandosi favorevole alla scelta di licenziare,  piuttosto che alla riduzione ( suppongo qualitatita e quantitativa) della produzione artistica.

Leggo tra le righe del suo intervento il disappunto per il mancato rispetto del principio costituzionale della obbligatorietà del concorso per l’accesso agli impieghi nella Pubblica Amministrazione.

Pur dubitando della annoverabilità della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari nei ranghi della p.a., ritengo apprezzabile e condivisibile il richiamo implicito e sottinteso all’art. 97 della Costituzione, tanto più che la Fondazione ha goduto in passato e tuttora gode, seppure in misura meno rilevante, di finanziamenti pubblici.

Anche se l’accusa esplicita che l’avv. Sasnjust muove alla Fondazione in ordine a delle assunzioni clientelari e non meritocratiche appare infondato ed improponibile, quantomeno con riguardo agli Artisti del Coro ed ai Professori d’Orchestra.

Non vi è chi non veda infatti come sia alquanto ardua una pratica di assunzioni clientelari ed indiscriminate in un settore, come quello in esame, in cui non si può assolutamente prescindere dal possesso di titoli e certificati, unitamente a qualità e tecniche vocali e professionali insostituibili. E chiunque frequenti il Teatro Lirico di Cagliari può serenamente confermare che la qualità artistica del prodotto è innegabile.

Se poi l’avv. Sanjust intendesse riferirsi al personale amministrativo, occorrerebbe allora distinguere tra quello stabile (che a quanto mi consta non è inferiore alla media impiegatizia nazionale per organico e capacità) e quello di scelta della Dirigenza che, con una sorta di spoil system, i vari Sovrintendenti si portano appresso in seguito alla  loro nomina o selezionano dai ranghi degli amministrativi in servizio organico.

Qui non entro in merito, ma penso che il buco di 25 milioni di Euro subito dalle finanze della Fondazione prima, e l’incapacità di porvi, almeno parzialmente, rimedio poi, definisca  abbasatanza chiaramente l’operato dello staff dirigenziale (Sovrintendenti, Direttori Artistici, Direttori Amministrativi e quant’altro).

Ma opporre alle impetuose e drastiche cure di linceziamento, suggerite in nome di un liberismo contabile e lucrativo (peggiore anche del liberismo originario che lo ha generato), una salvaguardia dello status quo, pur giustificabile in nome del generico principio della salvezza dei diritti acquisiti e del livello occupazionale (tanto più in una situazione che, come dianzi dimostrato, non è frutto di una gestione clientelare e scriteriata nella selezione del personale), non mi pare nè sufficiente, nè corretto.

Da tempo si è affacciata alla ribalta della scienza economica la Dottrina Sociale Cattolica che, superando le annose e ormai stantie contrapposizioni ideologiche di classe, pone al centro del sistema economico l’uomo, coi suoi bisogni, la sua dignità, la sua personalità, di soggetto economico e di lavoratore.

Al di là delle teorie economiche è comunque da evitare il ricorso al licenziamento, soprattutto quando, come nel caso di specie, i lavoratori (altamente qualificati) sono del tutto estranei ed incolpevoli rispetto ad una amministrazione scriteriata e spericolata, che ha sperperato ingenti risorse finanziarie, sull’onda di una mentalità gestionale delle risorse pubbliche (che ancora resiste in altri settori della p.a, come ad es., la Sanità) che non aveva   limiti e freni, nella convinzione che quelle risorse venissero attinte da un pozzo senza fondo, pronto a ripianare qualunque deficit di bilancio.

Ed era che il pozzo si è asciugato non devono essere certo i lavoratori a pagare per le colpe altrui.

Teatro: la Terza via
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