Oggi la mia Commissione per gli Esami di Stato (un tempo si chiamavano esami di maturità, ma fa lo stesso) ha chiuso i lavori.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando le Commissioni di esame si formavano con colleghi provenienti da Novara, da Roma, da Venezia, da Firenze e da ogni parte d’Italia. Anche i docenti delle scuole sarde, ovviamente, venivano nominati in Commissioni di esame di altre città italiane, più o meno grandi: Ercolano, Modena, Foggia, Bari, Palermo, Trieste, Genova. Era un modo come un altro per entrare in contatto con altre istituzioni scolastiche, ci si confrontava, si faceva amicizia, c’erano degli scambi culturali. Poi le teste d’uovo del Ministero, ma soprattutto i politici” romani”, si son messi in testa di risparmiare (sulla pelle della scuola; mai che lo facciano sulla loro pelle, sui loro privilegi e sulle loro prebende; se penso che un portaborse di un parlamentare guadagna più di un docente… ma lasciamo stare….) e adesso le Commissioni si formano a livello provinciale: tre membri interni, tre membri esterni e un presidente; tutti provenienti dalla provincia di appartenenza, così si risparmiano sulla trasferta.
I verbali, allora (sino ai primi anni novanta del secolo scorso), erano ancora cartacei. Si compilava tutto a mano, su dei registroni dalla copertina verde forniti direttamente dal Ministero ad ogni Commissione.
Adesso i verbali si compilano on line e i registri sono elettronici: non è male, in fondo, anche se un vecchiaccio come me, ammalato di romanticherie nostalgiche, rimpiange sempre i tempi andati: un po’ per carattere (dico sempre scherzando, ma non troppo, che per fortuna gli altri uomini non sono come me; altrimenti saremmo ancora con archi e frecce a cacciare nella savana; e la sera ci accovacceremmo davanti al fuoco, arrostendo la selvaggina e raccontando le gesta antiche dei progenitori, dove avere ringraziato gli dei per l’abbondanza della caccia); un po’ perché a volte mi sembra che la qualità della nostra vita sia scaduta; vedo sempre più visi tristi, gente esaurita, malcontento, musi, nuove povertà morali e materiali.
Intendiamoci: riconosco l’importanza di una invenzione come quella del computer; uso il PC ormai quotidianamente, per lavoro e per diletto; l’elettronica ha elevato la conoscenza e la cultura: oggi, con un click, scopri dei mondi a te sconosciuti; nella rete trovi l’equivalente di enciclopedie e dizionari per ospitare i quali dovresti avere in casa tua migliaia di metri quadri di biblioteche e librerie che, peraltro, non potresti neppure consultare, perchè per farlo, dovresti percorrere chilometri di scaffali ed avere una memoria o degli archivi che ti consentissero di localizzare il libro o il volume che ti serve. Invece digiti qualunque cosa ti venga in mente ed il computer ti fornisce milioni di risultati in frazioni di secondo…
Ma io sono un vecchio lagnoso: perciò lasciate che mi lamenti e che rimpianga i tempi andati…
Oggi, però, alla chiusura del pacco, mi sono preso una rivincita sulla tecnologia e sulla elettronica.
In verbale conclusivo dei lavori della Commissione, contrassegnato con il n. 22, da me personalmente redatto on line e poi stampato nella sede a noi assegnata, parlava chiaro: a conclusione dei lavori occorreva formare un pacco contenente le prove scritte, n. 22 verbali redatti, stampati e sottoscritti, i risultati delle prove scritte e dei colloqui e il tabellone con i voti finali. Il pacco doveva poi essere firmato sul dorso da tutti i Commissari di esame, contrassegnato con il numero, il codice e la sigla identificativa della Commissione, legato con lo spago fornito dal Ministero e, udite, udite, sigillato con la ceralacca in almeno tre punti diversi e timbrato a fuoco con apposito timbro ovale (anch’esso fornito dal Ministero).
Insomma, dopo aver toccato l’apice della tecnologia informatica, ci siamo ritrovati con un accendino in mano, a sciogliere della ceralacca rossa che colava sullo spago di chiusura del pacco. Quelle operazioni mi hanno riportato indietro di trent’anni, quando il computer nella scuola (e nella vita) era soltanto un miraggio fantascientifico.
E mentre un collega cercava con il timbro ovale del Ministero di imprimere il sigillo a fuoco su tre snodi della cordicella che legava il pacco, avvertivo una tremenda contraddizione: ma il Ministero quanto crede davvero nella rivoluzione informatica, nella capacità di memoria dell’WEB, nelle qualità probatorie del circuito ministeriale intranet e di quello generale internet?
Ho concluso che neanche il Ministero dell’Università e della Ricerca (c.d. MIUR) ci crede fino in fondo; altrimenti non avrebbe bisogno di un pacco cartaceo, sigillato a fuoco con la ceralacca, per convincersi che gli esami della mia Commissione si siano svolti veramente.