Ultimo saluto al monsone che le ha riempite di pioggia (settembre ha avuto precisazioni colossali a Kathmandu +200% della media stagionale) e tutte a Pashupatinath le donne hindu di Kathmandu, vestite con il sari rosso delle feste, i churi (braccialetti di vetro) colorati e suonanti, i tillari d’oro e l mani disegnate con l’henne.
Festa affascinante il Teej e chiusa agli uomini, almeno a Pashupatinath, dove migliaia di donne danzano, fanno il sacro bagno nel Bagmati e salutato Parvati nella sua unione con Shiva. Anche il tempio nella Piazza che vede i volti delle due divinità spuntare dall’elaborata finestrella diventa luogo d’offerte. Nelle famiglie si rinsalda l’amore coniugale o si auspica l’arrivo di un buon marito. Poi, il 29 settembre, inizia l’Indra jatra e la sequela di feste che salutano il monsone e auspicano una buona stagione per i raccolti. Alcuni esponenti della società civile nepalese (ricchi e alte caste radical chic) hanno dichiarato che questa è ormai una festa consumista e che, proprio per questo, segnala le differenze fra ricchi e poveri. Ma basta andare nella calca di Pashupatinath (che loro rifuggono) per vedere quanto, invece proprio lì, siano superate le differenze di reddito.
Le donne sono eleganti e belle nel lungo sari tradizionale, molti di più delle ragazzine con le minigonne o i calzoncini che s’aggirano per Thamel o Jawalakhel. Il loro look è talmente fuori dalle abitudini normali che, per sfuggire alle botte dei genitori, escono di casa in sari o in pijam e si cambiano nei portoni o nei baretti. Gran parte della gente che conosco, occidentalizzata e moderna, prenderebbe a bastonate la propria figlia adolescente se la vedesse uscire vestita in calzoncini o minigonna per andare in discoteca o in qualche music bar, figuriamoci se sorpresa a fare sesso prima del matrimonio. Nei giorni scorsi la polizia ha controllato decine di hotels (contro la prostituzione) ma ha anche scoperto tante giovani coppie perfettamente legali e consenzienti. L’unica cosa che facevano sesso prima del matrimonio (cosa fino a una decina d’anni fa un tabù). S’è aperto un dibattito sui social network e, anche in questo caso e almeno a Kathmandu, la gran parte dei giovani segnala che i costumi sono cambiati. Addirittura c’è chi chiede di modificare la legge in cui si equipara allo stupro qualsiasi attività sessuale fatta da una donna sotto i 16 anni, con il suo consenso).
Veloci cambiamenti a cui tante famiglie non riescono a star dietro, condizionate nel bene e nel male, dalle tradizioni. In Nepal ci sono state le prime vigilesse dell’Asia, una delle prime donne pilota, tante ragazze sfilano nei cortei, studiano all’estero e tante donne sono state deputate nell’assemblea Costituente; nei villaggi, specie di etnia tibetana, tengono le chiavi dei forzieri di casa, ovunque, lavorano come matte nei campi, sono le tenutarie della proprietà se il marito migra. Ma l’eredità è ancora per via maschile, la registrazione di un bambino deve essere fatta da un membro maschio della famiglia, in caso di separazione la donna è perdente. Una lista delle norme discriminatorie verso le donne, la maggioranza non ancora emendate, è nei DOCS.
Si è cercato di mettere mano a questi ritardi legislativi ma, l’eterna assenza di un governo, ha partorito solo grandi proclami. E la realtà sociale non aiuta come, seppur sommariamente, segnalano le statistiche e le notizie di cronaca. Le violenze contro le donne, anche nelle scuole, sono aumentate; il 21% dei suicidi è commesso da donne intorno ai 18 anni come reazione a una vita famigliare impossibile (segnala the Maternal Mortality and Morbidity Study 2008-09 della Family Health Division of the Department of Health Services in Nepal); secondo la ONG Asia Foundation, il 71% delle donne nepalesi ha subito qualche forma di violenza sociale e famigliare.
Poi ci sono le notizie che, ogni tanto compaiono sui giornali: donne picchiate a morte perché sospette di stregoneria, perché la dote non è arrivata; allontanate dalla casa per sospetti di adulterio, per ragioni economiche o per il Chhaupadi (periodo mestruale). Una poliziotta di 25 anni è stata violentata da sei suoi colleghi nella stazione di polizia ed è scattata una rete di protezione verso i colpevoli, come accade anche nei villaggi quando qualche fatto di violenza familiare salta fuori. Una ONG, segnala ogni mese i casi di violenza sulle donne e solo nel mese di maggio ne sono stati segnalati 108.
La politica e la “società civile” non è riuscita a superare la stesura di piani e di montagne di carta (visto che i dati negativi tendono ad aumentare). E’ stato creata un unità interministeriale (finanziata dai donatori) per intervenire su quello che è definito GBV (gender-based violence), 11 ministeri sono stati coinvolti e hanno iniziato ad elaborare piani e programmi. Un esempio , “the Ministry of Health and Population has incorporated GBV-related issues into the National Safe Motherhood Plan and Nepal Health Sector Implementation plan”. Per questo che la violenza sulle donne non diminuisce.
Articoli correlati: