Come qualcuno avrà potuto capire, la sezione Multimedia del sito è quella più “blog” in assoluto, dove noi redattori possiamo esprimerci in libertà, facendo a meno di alcuni formalismi che sono propri delle altre sezioni più “giornalistiche” di Technologici; è così, dunque, che in questa sezione nasce la prima rubrica del sito: Teknokult!
Ma, cos’è Teknokult? in sostanza, è una rubrica dedicata a tutti gli oggetti tecnologici del passato, usualmente quelli che sono passati più inosservati (per uno o più motivi), ma interessanti dal punto di vista delle loro potenzialità: Teknokult sarà dunque una rubrica dedicata principalmente al retrocomputing ed al retrogaming.
Bandai Pippin, la console (fallimentare) di Apple
Ci troviamo nel 1995, bentornati nella quinta generazione di console: quella dove si “contendevano” il mercato PlayStation 1 e Nintendo 64, seguite a fatica dal Sega Saturn.
In questo periodo, Apple navigava in brutte, anzi bruttissime acque: Steve Jobs, nel 1985, venne cacciato fuori dalla sua stessa azienda per mano di John Sculley e senza il suo fondatore, l’azienda non era in grado di andare avanti riuscendo soltanto, anno dopo anno, a perdere milioni e milioni di dollari (ed a cambiare un paio di CEO in tempi brevissimi).
Sarà proprio durante questo periodo di continui cambiamenti, in spesso in cerca di una nuova “identità” per l’azienda (e sopratutto per mano di uno dei CEO, Michael Spindler), che Apple finirà per produrre gli oggetti più stravaganti: oltre ai computer, l’azienda produsse anche stampanti, macchine fotografiche, palmari (il Newton), scanner, lettori di CD musicali (il PowerCD), ecc…
Addirittura, si arriverà a vendere in licenza Mac OS a produttori secondari (un po’ come avviene oggi con Windows) dando così il via ad una spietata produzione di cloni di Macintosh, dovunque.
Così, tra un Mac che fungeva anche da TV e delle casse audio, ad Apple venne in mente di giocarsi persino la carta dell’intrattenimento videoludico: nasce Apple Pippin.
Pippin, che non sfugge alla politica dei cloni dell’azienda (infatti la sua produzione fu venduta in licenza a Bandai e la console verrà venduta come “Bandai Pippin”), era un mostro di potenza se comparato ai suoi avversari, infatti, questa console nascondeva al suo interno un vero e proprio computer: alla sua base trovavamo, non a caso, un’architettura PowerPC ed una versione modificata ed alleggerita di Mac OS 7.5.
La console era inoltre corredata da un lettore CD-ROM (che, oltre ai giochi, poteva anche riprodurre file musicali), un modem per connettersi ad internet ed esplorare @WORLD (un network simile all’attuale Xbox Live) ed, inoltre, attraverso la porta seriale sul retro si potevano collegare alla macchina mouse, tastiere, Mac e persino alcune stampanti prodotte da Apple: Pippin era un vero centro multimediale per la TV!
Ma, allora, cos’è che ha reso Pippin un tale flop, tanto da esser inserito al 22esimo posto nella lista dei “25 peggiori prodotti tecnologici di tutto il tempo” di PCWorld?
Sostanzialmente, la risposta è soltanto una, ed è valida per parecchi casi analoghi a questo: i giochi.
Sì, perché Pippin uscì sul mercato con un numero molto ristretto di giochi, quasi tutti prodotti direttamente da Bandai ed inoltre la console non ebbe grande supporto da parte degli sviluppatori third-party (che ignorarono quasi completamente il nuovo prodotto), facendo ritrovare la console con meno di 80 giochi alla fine del suo ciclo vitale (Pippin venne messa fuori produzione soltanto nel 1997).
Inoltre, bisogna considerare che Pippin aveva un prezzo davvero esorbitante, certo, comparato ad un normale Macintosh il costo era decisamente basso, ma non poteva reggere il confronto con le altre “avversarie videoludiche”: la console di Apple venne rilasciata sul mercato con un costo di ben 599 dollari, contro i 299 dollari ed i 199 dollari rispettivamente di PlayStation 1 e Nintendo 64.
Si conta, infine, che alla fine del suo ciclo vitale, la console di Apple abbia venduto meno di 42,000 unità: davvero pochissime se rapportate 104,25 milioni di unità vendute da PlayStation 1.
Si conclude così questo “primo episodio” di Teknokult, nato un po’ per caso, un po’ per gioco ed anche un po’ per nostalgia: il nome di questa rubrica è stato ripreso da una vecchia serie di IcTV, una WebTV oggi chiamata “Video PMI.it”, al quale io ero affezionato e che oggi, purtroppo, non viene più prodotta.