di Angela Frenda. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un titolo. Che a Luca Telese, però, è sembrato «un rutto: "Parmacotti". Campeggiava sulla prima pagina de
il Fatto il giorno dopo la vittoria del grillino Pizzarotti. Io tornavo dalla Francia, dalla festa per Hollande. L’ho letto e ho detto basta». Il giorno della rottura ufficiale con il suo (oramai ex) giornale, Luca Telese, 42 anni compiuti ad aprile, sembra frastornato. Ma non impaurito. Va via, dopo aver contribuito a fondarlo («esperienza indimenticabile»), dal quotidiano diretto da
Antonio Padellaro. E lo fa per un motivo: «La
mission di quel giornale si è esaurita. Non è passato dalla protesta alla proposta. Quando il governo Berlusconi è caduto, ci siamo chiesti: ora cosa dobbiamo cambiare? Travaglio ha detto: nulla. Io ho risposto: tutto. Ecco perché vado via. Perché non puoi continuare, a guerra finita, a mozzare le teste di cadaveri sul campo. Non puoi solo demolire. È il momento di costruire». Telese lascia il Fatto e fonda un nuovo quotidiano, che lui definisce «piccolo "centro studi" del cambiamento e della costruzione delle idee». Si chiamerà Pubblico: 20 pagine in edicola dal 18 settembre, a 1,50 euro («Il coraggio si paga, ma per questo chiediamo a tutti di abbonarsi»). Età media dei redattori: 35 anni. Con lui andranno una squadra di sette giornalisti del suo ex giornale, tra cui Federico Mello e Manolo Fucecchi. Ma anche Francesca Fornario (l’Unità), Tommaso Labate (già al Riformista) e Stefania Podda (Liberazione). E poi firme come Ritanna Armeni, Corrado Formigli, Mario Adinolfi, Marco Berlinguer e Carlo Freccero. Ma «darei volentieri la rubrica del cuore alla mia ex collega di conduzione Luisella Costamagna». Tra gli azionisti, Lorenzo Mieli e
Fiorella Mannoia. Oltre allo stesso Telese. Un «divorzio» che ha fatto scalpore, frutto soprattutto di dissidi interni con Travaglio. Che Telese ammette tutti: «Diciamo che al Fatto eravamo divisi tra Bosnia-Erzegovina e Croazia. E che politicamente, a un certo punto, hanno preso il potere i croati. Così dopo il primo turno delle amministrative
Beppe Grillo è diventato Gesù. Casaleggio un
guru. Ma il povero Tavolazzi non lo si poteva intervistare… Troppo per me». Ci ha provato, dice, a cambiare la linea «nichilista-gesuitica» di Travaglio, «giovane vecchio che vive nei miti della sua infanzia. Due culture diverse avrebbero potuto convivere. Ma con Marco non si parla. In una discussione ha due reazioni: se è arrabbiato gira il collo a 37 gradi da un lato, tace e gli si gonfia una vena. Se non è d’accordo sorride. Non è interessato al dibattito democratico». Tanti i punti di scontro tra i due. Telese ricorda «la destituzione di Roberto Corradi, ideatore dell’inserto satirico Il Misfatto». E l’uscita dell’ex Corradi ha preferito Disegni. Mentre nel nuovo cda ha messo suoi fiduciari. Come il produttore Carlo Degli Esposti. O la "musa" Cinzia Monteverdi. Ragazza simpatica, però da qui a farla diventare amministratore delegato… Diciamo che rientra tra i giovani cooptati». Ma come sarà Pubblico? «Costruito sul modello di un garage della Silicon Valley. Voce ai giovani contro la casta dei 60enni. Cambiare l’agenda di sinistra. E finalmente non sarò più vittima dell’ossessione di Travaglio, e di tutti i mafiologi, del "papello" di Spatuzza. D’altronde Marco ammetteva: il 75% di quello che scrivete non mi interessa. Per dire, la frase di Stracquadanio sul "metodo Boffo" nasce da un’intervista al nemico che piace a Padellaro ma al quale Travaglio era contrario perché "a quelli non bisogna dare manco una riga". Ecco, nel nostro nuovo giornale si farà il contrario».