Magazine Diario personale
La moglie, natia di quei luoghi, ha nel suo imprinting questa smodata passione. Io un po’ meno, ma l’accompagno molto volentieri alla ricerca. Contemplativo.Mi piace andar per boschi la mattina presto. Adoro i profumi i colori, osservo estasiato la maestosità del creato. Ignavo son capace di sedermi su di un porcino di trenta chili. Ecco dov’è il mio problema. Non li vedo! Lei parte come un caterpillar. S’inerpica agile su per le montagne. Si getta nei rovi, lotta con i serpenti, scava, grufola, si ciba di ghiande e dopo un paio d’ore torna ululando alla luna. Incinghialita! Ricoperta di fango, spine, foglie e arbusti come un marines. In braccio un cesto stracolmo del superlativo boletus edulis, un sorriso soddisfatto stampato sul volto ed un nido di quaglia in testa. Io invece? Zero assoluto. Con gli occhi stracolmi di natura selvaggia e narici rigenerate da sniffate di puro ossigeno, non ne becco uno. Sospetto che si nascondano apposta. Dopo anni di inutili ricerche son arrivato alla conclusione che il porcino fiuta il forestiero e per “schiattiglio” non si fa cogliere da loro. Preferisce l’autoctono. Oramai l’ho capito. Il porcino è stronzo. Punto.
Ma la cosa che adoro e che mi manda fuori di testa, non è tanto la raccolta, ma il rientro. Quando si torna al paese. Lì viene il bello. Ho scoperto che i paesani riguardo i funghi sono omertosi che manco Totò Riina al maxi processo. Non trapela mai nulla, e nessuno di loro ,dico nessuno, non trova mai niente. Anzi negano anche l’esistenza del boleto. Mai visti. Mai raccolti. Neanche un fungo. Non sono usciti. Non esistono. Tutto ciò confidandolo rigorosamente su dei minuti pizzini. La moglie, perfida, ferma per strada tutti i paesani che rientrano dalla sortita. Deve chiedere assolutamente se ne hanno trovati! Il paesano non sfugge al terzo grado, sa che non può, e mentre abbassa il finestrino, giusto due dita tra una nuvola di spore e con un porcino di un etto che gli spunta dal naso, dice sempre “ Niendi…nun c’è niendi! Nun so asciuti!”… saluta e sgomma via sparando un porcino dal tubo di scappamento come un katiuscia. Questo dire vale per tutti. “Nun c’è niendi, nun c’è niendi…nun so asciuti!” si sa benissimo che mentono come Giuda Iscariota, ma la domanda va posta, anche per tradizione e per godere poi della reazione. Il paesano quando mente lo sgami dopo due secondi. Diventa tutto rosso, balbetta, gli spuntano i peli dall’orecchie, sputa e manda sempre giù qualche madonna sparsa qui e là. Bucolico infingardo! Ma la cosa grandiosa è come scaricare dall’auto il raccolto, perché tutti i paesani sono fuori casa in attesa. Spiano ogni furtiva mossa, ed è il momento topico dove utilizzano geniali stratagemmi che Pier Angela ci farebbe un puntatone a Superquark. Alcuni attendono notte fonda, chiusi in auto con la scusa che stanno provando la nuova imbottitura dei sedili. Altri si precipitano verso il più vicino ufficio postale, si fanno un pacco e se lo spediscono scrivendoci sopra CONCIME. Altri ancora li puliscono in auto l’impacchettano per bene e dicono che li hanno presi al supermercato. I più bravi li pesano e ci mettono l’etichetta col codice a barre e con il giusto prezzo. Quelli straordinariamente più ingegnosi, scaricano dal portabagagli della proprio auto, legati come mummie, mobili vetusti. Vecchie scarpiere. Comodini tarlati. Scaldabagni arrugginiti. Silos per granaglie. Armadi quattro stagioni. Tutti ovviamente rigorosamente stracolmi del sacro raccolto. Ho visto con i miei occhi scaricare un pianoforte a coda di fronte casa mia! Pensare che i vicini hanno grosse difficoltà persino a suonare il citofono di casa. Tempi che cambiano. Porcini che nascono.
Roberto Testa
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