Il sogno si realizza, Bartoli regina di Wimbledon dopo 47 slam
Dodici anni di carriera, quarantasette partecipazioni ai tornei del grande slam, come ogni ragazza che gioca a tennis quel sogno lontanissimo nel cassetto. Il trofeo più celebre al mondo nel tempio sacro di questo sport, il cuore verde di Londra. Marion Bartoli non ci credeva, eppure allo stesso tempo non voleva abbandonare l’erba più famosa degli Inglesi e di tutti gli appassionati di tennis. Un pronostico indovinato dalla redazione del Bar Frankie per una partita che si poteva giocare anche al campo numero 14 tra la giovane ed emozionatissima tedesca di origini polacche Sabine Lisicki e la vincitrice del torneo. La finale è stata un match bruttino senza troppe emozioni per gli spettatori eccetto quello delle tenniste inedite. Di primo pelo perché né le finaliste né la Radwanska e la Flipkens che le avevano affrontate in semifinale avevano mai alzato il trofeo più ambito del tennis. Il piatto più desiderato da ogni praticante di questo sport. Una partita da 6-1 6-4 che ha offerto un confronto tra due emozionatissime giocatrici nel quale solo la maggiore esperienza della Francese poteva trionfare sui lacrimoni di una Lisicki che per la tensione non trovava più il suo gioco come un bambino che perde una bilia nella sabbia. La francese bimane sia di rovescio che di dritto ha imposto già dal primo set il suo ritmo martellante fatto di impavido gioco a rete, palle pesanti e improvvise accelerazioni. Sabine non ha potuto far altro che guardare più volte il suo angolo in cerca di incoraggiamenti ma troppa era l’emozione, troppa la paura di giocare la partita più importante dell’intera stagione tennistica e forse della sua carriera. Tant’è che le due finaliste, al di là del risultato, non hanno voluto fino all’ultimo abbandonare il Centrale, con quel pubblico, quell’atmosfera e i colori che solo la profonda solennità di Wimbledon sa donare. Sorridevano entrambe per i traguardi raggiunti, per una volta senza gli insormontabili ostacoli chiamati Williams, Sharapova o Azarenka. Lo slam delle sorprese che ormai riserva al pubblico solo la finalissima tra Djokovic e Murray. Sotto gli occhi di un’altra campionessa francese che la storia ha regalato al tennis, Amelie Mauresmo, Marion appena conquistato l’ultimo punto, con un ace peraltro, si è lanciata verso la tribuna dove sedeva il padre. Un abbraccio che apparve così bello solo tra Maria Sharapova e il suo papa’ nel 2004 quando Masha vinse il medesimo slam o tra lo scozzese Murray e sua mamma, l’irriducibile agonista e allenatrice di suo figlio, ora addestrato al gioco e alla mentalità giusta dall’australiano Lendl. Nel campo delle emozioni si può solo constatare, dopo i domini assoluti degli anni duemila delle sorelle Williams nel WTA e della rivalità Federer-Nadal nell’ATP, che finalmente il tennis dopo una fase di ricambio sembra avere scoperto una nuova generazione di campioni. Questa passa da una giocatrice come Marion Bartoli, una ragazza che ha vinto il suo primo trofeo dello slam solo dopo 47 partecipazioni. Sicuramente più che meritato, vero?
Lorenzo Nicolao