Gli avvenimenti principali responsabili delle tensioni tra Usa e Iran
Da novembre 2011 ad oggi una serie di sanzioni sono cadute a pioggia sul governo della Repubblica Islamica: il 18 novembre l’AIEA (Agenzia internazionale dell’energia atomica) ha condannato l’Iran per le sue attività di produzione di uranio arricchito; il 19 novembre l’ONU ha denunciato un piano iraniano per assassinare l’ambasciatore Saudita a Washington e il 21 novembre l’Iran ha ricevuto una condanna per il mancato rispetto dei diritti umani. Infine, Obama ha sottoscritto sanzioni contro l’industria petrolchimica iraniana, ma la sanzione più importante è nei confronti della Banca Centrale, cosa che rallenterà tutte le attività commerciali e petrolifere del regime, dando filo da torcere alla già debole economia iraniana.
Il 27 dicembre le autorità iraniane hanno “minacciato” l’occidente di chiudere lo stretto di Hormuz da cui transita il 40% del petrolio mondiale. L’avvertimento è stato lanciato dal primo vice presidente iraniano Mohammad Reza Rahimi che ha annunciato: «Se (l’Occidente) dovesse imporre sanzioni contro (le esportazioni) di petrolio iraniano, nessuna goccia di petrolio transiterà più attraverso lo stretto di Hormuz. Non abbiamo alcun desiderio di ostilità o di violenza ma i nemici rinunceranno ai loro complotti solo il giorno in cui li costringeremo a stare al loro posto».
Gli Usa rispondono che la chiusura dello stretto “non sarà tollerata”. La replica degli Usa è giunta proprio nelle stesse ore in cui la stampa iraniana rendeva noto il successo delle massicce esercitazioni militari – della durata di 10 giorni e riunite sotto il nome di ’Velayat 9’ (supremazia) – avviate lo scorso 24 dicembre dalla marina iraniana nelle acque a est di Hormuz. Mentre, parlando alla Press Tv, l’ammiraglio Habibollah Sayyari – al comando delle operazioni – assicurava che “chiudere lo stretto, per le forze armate iraniane, sarebbe più facile che bere un bicchiere d’acqua”. Tuttavia, “oggi non abbiamo bisogno di farlo perchè abbiamo il mare di Oman sotto controllo e possiamo controllare il transito delle navi”, ha frenato il comandante. La minaccia iraniana non ha però intimidito neppure l’Ue, che ha ribadito di non voler rinunciare a nuove sanzioni economiche, invocate da diversi Paesi dell’Occidente dopo che l’ultimo rapporto dell’AIEA aveva denunciato gli scopi militari del programma nucleare iraniano.
Il 3 gennaio, terminate le esercitazioni navali e i test missilistici, l’Iran torna a minacciare gli Stati Uniti di ritorsioni se una portaerei americana pattuglierà ancora nel Golfo persico «Consigliamo alla portaerei americana che ha attraversato lo stretto di Hormuz e che si trova nel mare dell’Oman di non tornare nel Golfo persico», ha quindi minacciato il capo delle forze armate iraniane, generale Ataollah Salehi, citato dall’agenzia Fars, aggiungendo che «la Repubblica islamica non ha l’abitudine di ripetere i suoi avvertimenti».
Il 13 gennaio, l’amministrazione statunitense ha stabilito un contatto diretto attraverso un canale di comunicazione segreto con l’Ayatollah iraniano Khamenei riguardo alla questione dello stretto di Hormuz.
«Se l’Iran deciderà di chiudere lo stretto l’America risponderà». Sono state queste le parole, molto vicine ad un ultimatum, che Obama ha lanciato a Khamenei, come è stato riportato dal New York Times.
Ancora nessuna risposta dall’Iran al messaggio proveniente da Washington, ma si spera che la diplomazia abbia la meglio.