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"Teorie su equità e giustizia sociale" (Franco Angeli editore) /Note di lavoro (3)

Creato il 22 settembre 2012 da Marianna06

 

Puzzle

“Se il PIL di un determinato Paese cresce, ma non diminuisce il numero di persone deprivate dei diritti all’istruzione , alla salute e ad altre opportunità di realizzazione individuale, possiamo sul serio dire che quel Paese progredisce?”

Questo è l’interrogativo giustamente provocatorio che si pone e ci pone Martha Nussbaum, statunitense,docente eclettica di filosofia,molto nota negli ambienti accademici di mezzo mondo, di cui tratta nel suo saggio la professoressa Silvia Zullo, all’interno del testo ,di cui sopra, “Teorie su equità e giustizia sociale” (Franco Angeli-editore) di Antonio Maturo.

Ed è un interrogativo che ci riporta dritto dritto tanto alle posizioni di pensiero di Amartya Sen quanto soprattutto, per le proposte implicite, a John Rawls, cui la Nussbaum si rifà ampiamente ma andando oltre.

In sostanza ciò che si chiede la Nussbaum è di quali opportunità dispongono realmente le persone di un determinato contesto, urbano o rurale, vicino o lontano, preso in esame. E per opportunità intende, ad esempio, la longevità, lo stato di salute, l’accesso all’educazione, la facoltà per le donne di proteggere la loro integrità corporea come per i lavoratori di godere di pari opportunità e non subire discriminazioni. E con queste di poter liberamente usufruire ovviamente di libertà politica e religiosa.

Questi fattori devono, a suo parere,devono essere oggetto di valutazione e riscontrabili e presenti se si vuole poter contare su un minimo di giustizia sociale. Quanto è scritto nelle Costituzioni dei diversi Paesi deve trovare assolutamente giusti percorsi per dare poi, gradualmente, nel tempo, attuazione a tali diritti.

Infatti, puntualizza la Nussbaum nei suoi molteplici scritti, oggi, sia la Banca Mondiale che il Development Programme delle Nazioni Unite (Undp) ma anche Paesi come la Francia e il Regno Unito e, ultimamente la stessa Germania, hanno accettato di porre alla propria attenzione le capacità delle persone, cioè  le condizioni per poter sviluppare le potenzialità e abilità di ciascuno in una società che consenta effettivamente di utilizzarle successivamente come criterio di valutazione del benessere. E, negli ultimi dieci anni, si è assistito anche alla crescita e al rafforzamento della Human Development and Capability Assocition, di cui fanno parte almeno un migliaio di membri di 80 Paesi differenti. Quest’ultima, per altro, è un’associazione fortemente voluta da Amartya Sen e dalla Nussbaum stessa, di cui essi sono fondatori e presidenti entrambi.

Soffermandosi in particolare sull’educazione, è imprescindibile, a parere della Nussbaum, non solo sviluppare le competenze utili sotto il profilo economico ma anche quelle abilità come il pensiero critico,che stimola l’empatia, la comprensione dell’economia globale e della storia del mondo. E,inoltre, ampio terreno di attenzione e di studio deve essere offerto alle cosiddette “capacità combinate” ossia quelle che più che competenze sono opportunità, che esistono solo quando il governo e il sistema legale di una nazione le rendono possibili, consentendo alla persona di scegliere come agire. Tutto questo, a cose fatte, è un’autentica conquista della filosofia  e, al contempo, l’introduzione nella storia del mondo di un nuovo paradigma riguardante il concetto di dignità e di sviluppo umano.

 Axel Honneth,  studioso della terza generazione della Scuola di Francoforte, dopo Adorno e Habermas,  di cui argomenta la professoressa Susanna Vezzadini, nel suo scritto, osserva, in merito allo studio delle società che le note metodologie della ricerca sociale d’ispirazione marxista e marxiana (il “nostro” predilige gli scritti del giovane Marx) propongono, l’esistenza di un “vulnus” originario in quanto esse metodologie includono  un riconoscimento, che si erge a rango di una autentica costante antropologica per tutti i gruppi umani e, parimenti, per i singoli individui nella loro  propria singolarità.

In questo modo il principio del “riconoscimento” (leggi giustizia) si innalza a veste universale.

E se questo meccanismo può effettivamente valere per quei gruppi umani ,che sono dominanti (leggi classi) non è la stessa cosa per realtà minoritarie o emarginate.

Infatti questi gruppi ultimi non posseggono affatto un orizzonte normativo uguale ai primi e si limitano ad ereditarlo dai primi solo in maniera passiva.

Sono i gruppi dominanti i legittimi produttori e detentori.

Nel caso delle realtà minoritarie, invece , esso va cercato con acume. E con strumenti differenti.

Il punto di coagulo del discorso di Honneth è da cercare, allora, nelle sue riflessioni sul concetto di lavoro.

E concetti come  quello di “contratto sociale implicito” diventano,  in lui e per lui, il percorso auspicato che conduce alla formulazione della dialettica del “riconoscimento” nella veste di costante antropologica.

  

   a cura di  Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

9788820401078g


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