Teresa Ferenc

Da Paolo Statuti

  

Poetessa polacca nata il 27 aprile 1934 a Ruszów, nella Bassa Slesia. Nel 1943 i nazisti incendiarono il villaggio di Sochy dove viveva, uccidendo quasi tutti gli abitanti, compresi i suoi genitori. Aveva nove anni e scampò miracolosamente alla morte insieme con il fratello di cinque anni e la sorella di due. Il ricordo della tragedia troverà espressione nella sua poesia, e proprio esso la riconcilierà con la vita, la libererà dalla paura e dall’odio. Trascorse l’adolescenza negli orfanotrofi a Zamość e a Międzyrzec Podlaski. Terminò gli studi di pedagogia a Katowice, conseguendo il diploma di insegnante di arti plastiche. Nel 1956 sposò il poeta Zbigniew Jankowski. Insieme organizzarono il Club Letterario “Contatti” e annualmente le “Giornate di Letteratura” a Rybnik (1959-1965). Nella stessa città nacquero le future poetesse Aneta (Anna Janko) e Milena (Milena Wieczorek).

   Debuttò nel 1962 con la poesia Poród (Il parto) sulla rivista “Współczesność” (Tempi moderni). La sua prima raccolta poetica – Moje ryżowe poletko (Il mio campicello di riso), uscì nel 1964. La sua propria casa diventò il suo mondo poetico. “Per me – confessò – non fu una questione scontata. A nove anni persi tutto, anche la casa, ed ora eccola riapparire di nuovo nella mia vita. Ogni nuovo oggetto era una gioia. C’era nell’arredamento un amore buono e difficile, quindi vero. C’era tutto ciò che riempie ogni casa, ma c’era anche la poesia. Proprio essa mi diceva come guardare una ciotola di argilla, un grigio pentolino, la prodigiosa riproduzione del riso”.

   Nel 1975  la famiglia si trasferì a Sopot. Qui la poetessa entrò subito in contatto con gli scrittori e gli artisti del luogo, iniziando una assidua collaborazione con l’Almanacco “Punkt” (Il punto), edito dagli ambienti artistici di Danzica. Commentando nel 1978 un numero della rivista in cui erano state pubblicate alcune poesie di Teresa Ferenc, Julian Rogoziński (1912-1980), critico letterario, saggista e traduttore dal francese, scriveva tra l’altro: “Questo numero inizia con le poesie di Teresa Ferenc, una poetessa che insieme con Wisława Szymborska e Urszula Kozioł considero una delle tre “dame” della nostra odierna poesia…Ella pratica una lirica, la cui “femminilità” esprime mondi di sensazioni ed esperienze psichiche con una sorprendente, delicata e infallibile maestria… E’ una lirica a doppio senso: dal corpo allo spirito e viceversa”.

   La poetessa Anna Kamieńska (1920-1986), già presente nel mio blog, scrive: “La poesia di Teresa Ferenc è la vita. La vita nel suo dinamismo biologico e fisiologico, con la sua misteriosità, con la metafisica del concepimento, della nascita e della crescita. La vita che duole e che arreca diletto, la vita nel timore di se stessi, nei reciproci legami dell’amore che nasce, la vita – così vicina alla natura. I motivi della maternità, del parto, dell’amore fisico, tutta la biologia – è al tempo stesso una grande festa della vita, cui questa poesia sensibilizza e invita”.

   Semplicità, concisione, essenzialità delle immagini, contemplazione della natura – sono tipici aspetti delle lirica di Teresa Ferenc. Ecco cosa dice di se stessa: “Vivo nel raccoglimento. Soltanto nell’isola del raccoglimento e della verità interiore può prendere la parola il poeta. Solo da lì egli può dialogare con la sua società, proporre valori e sentimenti”.

   Dal 1993 al 2001 ha collaborato con il bimensile letterario di Sopot “Topos”, tramite la rubrica di poesia “Gli ospiti di Teresa Ferenc e Zbigniew Jankowski”. Ha ricevuto diversi importanti premi letterari.

Raccolte di poesie pubblicate:

Moje ryżowe poletko (Il mio campicello di riso, 1964), Zalążnia (Ovario, 1968), Godność natury (La dignità della natura, 1973), Ciało i płomień (Il corpo e la fiamma, 1974), Małżeństwo (Moglie e marito, 1975), Wypalona dolina (La valle bruciata, 1979), Pietà (1981), Grzeszny pacierz (Preghiera peccaminosa, 1983), Nóż za ptakiem (Il coltello dietro l’uccello, 1987), Kradzione w raju (Rubato in paradiso, 1988), Cztery twarze domu. Antologia rodzinna (I quattro volti della casa. Antologia di famiglia, insieme con il marito Zbigniew Jankowski e le figlie poetesse Anna Janko e Milena Wieczorek, 1991), Wiersze (Poesie, 1994), Boże pole (Il campo divino, 1997), Psalmy i inne wiersze (Salmi e altre poesie, 1999), Dzieci wody (I figli dell’acqua, 2003), Stara jak świat (Vecchia come il mondo, 2004), Wybór wierszy (Poesie scelte, 2009), Raccolte di poesie per bambini.

   Le poesie di Teresa Ferenc sono state inserite in molte antologie in Polonia e all’estero. Negli USA è uscita una sua raccolta di poesie dal titolo Swallowing paradise (1992).

Poesie di Teresa Ferenc tradotte da Paolo Statuti

Accoglienza

Attraverso questa nube –

sparso brulichio di uccelli

Attraverso questa parola –

il buco per la chiave

che non passerà

Attraverso questi passi

versati da me

ogni giorno

ogni giorno

la mano non data quando occorre

la bocca non aperta in tempo

gli occhi cui non si crede

guardando tutto questo

buongiorno

In casa

In casa

spesso è così vuoto

che senti sonare

i semi nella zucca

cammino come un topo

mordo la lingua perché non si ripeta

mi nascondo per conservarvi

il mio cieco amore

cui bisogna umanamente

restituire la vista

la tenerezza pesare

andarsene quando occorre

e tornare in tempo

conoscere il sapore e la saggezza del mentire

in una casa

che si dissemina

L’albero

   …cosa bisbigliano le pietre, i fiori, la pioggia!

   Forse ci chiamano ma noi non sentiamo.

   Proprio come noi chiamiamo e nessuno

   ci sente.

     Nikos Kazantzakis

L’albero in piena fioritura –

nello scoppio solleva la sua gioia legnosa

Ecco di nuovo l’ha invaso la vita

La larva tra un attimo

si aprirà con ali solari

misurerà l’est fino all’ovest

il grave istante – la sua labile vita

La mia gioia per l’albero priva di voce

Rinchiudo in me come legno in una trama di rami

Il mio rammarico per la farfalla vacilla

vola a stento sulle labbra

La parola si spezza come larva muta

sulla mia testa inizia il suo volo notturno

Ti amo

Invecchiano dapprima gli occhi,

Ti amo con le dita

che vedono meglio

quando le rimuovi

in ciuffi di erba selvatica

Invecchia dapprima il collo,

Ti amo con la morbidezza della guancia

dei fianchi del ventre del petto

e non mi affliggo per le rughe del collo

che a noi insieme

nel sudore si celano

Invecchio prima,

Ti amo fino allo stupore

della lingua e del linguaggio

che ci ha posti

in un fuoco comune.

Difesa

Il giardino voglio difendere

conservare alla fonte

Pulsa ogni ramo

il bocciolo non ancora schiuso

ogni frutto che matura

Invoco

Sodoma è bruciata

Risparmiate i miei grappoli d’uva

appena spuntati

L’ascia su di essi è sospesa

Un certo re secoli orsono

sterminava i bambini

Nerone ha incendiato Roma

Caligola

gli amici e le amanti

con le proprie mani

Un folle sovrasta di nuovo

i giardini pensili

che conforto ho dalla toga

La mia difesa non giunge

Amara coscienza

amare mie ragioni

questo dirò a me stessa

fino al midollo

fino in fondo

Mi ascoltano fino all’ultimo

quelli che non hanno voce

Neanche come testi nessuno li chiamerà

Tacere – la cosa più semplice

Ma come cavarsi gli occhi

(Omero cieco vedeva di più)

Come togliersi la ragione

(Cassandra capiva per l’intero campo)

Come uccidere l’amore

Strappare tutto il giardino?

Siamo un giardino

Salmo del freddo

nevica e nevica

i colombi sbottonano il fragile corpo del gelo

l’aria oscilla col freddo nel cielo

e le tue dita sempre sotto la mia pelle

girano intorno alla casa dove il sangue indovino

conduce sempre a bere in te e Te

Qui ancora corre col fuoco la nostra prole

sulle braccia portando un friabile ramo del gelo

Quando sei giunto

Quando sei giunto a portata di un respiro

l’eco ha suonato da lembo a lembo

L’odore della terra ha legato

due correnti – due fiumi

Ci ha alzati con cura

un’onda trasparente

ha sollevato

te in oceano

me in nubi

Scorriamo guardandoci

e sappiamo

che l’orizzonte non unisce

che il tacere

non separa

che l’infinito scorre in noi

* * * (E il silenzio del tuo tacere)

E il silenzio del tuo tacere

è bianco

quando la neve alla finestra è saldata

ti dipingevo con sfumature di lode

ma un brivido ha turbato gli angeli

e in fretta raccogliendo i resti di umiltà

se ne sono andati

Sei una coccinella

così pensavo

come me frughi nel quotidiano

chiudo gli occhi

e sui raggi delle dita

ti sollevo alla dignità degli dei

Guerre

Maggio

era il primo di giugno

Fiorivano gli alberi del 1943

Dei boccioli si svolgevano

gli uccelli in torce

Agosto

era novembre

Le nere foglie del pioppo

tremavano

pianto nelle orbite

Sulle pietre muscose

l’umido vento

Settembre sì era

dicembre

In bianche oscurità

tutte le nostre questioni del giorno

Alle porte si preparava la neve

A un tratto la soglia si alzò

Su di essa col gesso nelle palpebre

non posso più chiudere gli occhi

Abdicazione

Va

la terra crepata

soltanto bere

Va

una appena nata

soltanto vivere

Il trono non le occorre

la corona

avrà

come a primavera gli alberi

Lo scettro

nella tua mano

Ma vieni

(C) by Paolo Statuti



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