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Terni: imprenditore denunciato per estorsione e fatture false

Creato il 24 gennaio 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale

Terni: imprenditore denunciato per estorsione e fatture false
L'uomo era già stato coinvolto l'estate scorsa nell'indagine per istigazione al suicidio del commercialista ternano Gianluca Boninsegni, nell'ambito della quale ha patteggiato una condanna a due anni e otto mesi di reclusione. È proprio da quella indagine - condotta dalla squadra mobile - che hanno preso poi il via gli accertamenti della finanza. Secondo le fiamme gialle Rossi, che operava come rappresentante di caffè e altre merci utilizzate per l'attività di ristorazione e bar ed era socio di almeno una decina di aziende del settore, minacciava i clienti che si trovavano in difficoltà economiche di non consentire loro più dilazioni di pagamenti delle merci oppure di azionare immediatamente la riscossione di cambiali o ancora di richiedere la restituzione di prestiti concessi o non fornire più i prodotti. 
Secondo la ricostruzione della gdf l'uomo in cambio estorceva denaro e utilità con diversi meccanismi. In un caso, ad esempio, secondo l'accusa, Rossi avrebbe costretto una delle vittime a costituire una nuova società in cui è poi subentrato come socio per impossessarsi di tutti gli incassi realizzati e diventare titolare di tutta la società senza corrispondere nulla agli altri soci. Per circa dieci volte avrebbe costretto anche i titolari delle attività in difficoltà a emettere fatture false - per un importo complessivo accertato di oltre 700 mila in tre anni - beneficiandone fiscalmente su altre società a lui riconducibili. 
Alcuni dei documenti ritenuti falsi venivano emessi anche dallo stesso imprenditore, che secondo gli investigatori si faceva consegnare la contabilità delle società. I finanzieri hanno accertato inoltre che Rossi, avendo la maggioranza delle quote di una società, minacciava di cedere a terzi l'attività di bar la cui gestione era in capo agli altri soci. Questi ultimi, in difficoltà economica, per evitare di perdere l'unica fonte di reddito erano costretti - sempre in base alla ricostruzione accusatoria - a corrispondergli delle somme in nero, a gestire l'attività del bar senza percepire la quota di utili e a non vedersi riconoscere le quote previdenziali, con un profitto per l'indagato di oltre 50 mila euro.

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