“Intervengo per smentire categoricamente le distorte informazioni contenute in un articolo dal titolo “indegna fine di una biblioteca” pubblicato su un quotidiano on line di Terrasini.
Chi esercita la professione di giornalista o anche chi solamente si diletta di giornalismo dovrebbe sentire la responsabilità di riportare la notizia, anche a limite chiedendo informazioni ai diretti interessati, e non invece di arrogarsi il diritto di crearla ex novo e ciò al fine del rispetto dell’unico limite che il legislatore ha posto al diritto costituzionalmente garantito all’informazione.
Ma evidentemente per far ciò bisognerebbe essere dei cronisti imparziali, mentre se lo strumento viene utilizzato da chi fa politica il gioco, come nel caso in questione, non riesce bene.
Va bene usare la stampa, le televisioni e internet per fare politica, fanno parte degli strumenti con cui esercitare la dialettica politica, purché non ci si presenti come dei puri ed asettici cronisti mentre si è invece politicamente impegnati ad avversare l’amministrazione.
Che quello contenuto nello scritto pubblicato sia un mero attacco politico lo si può evincere già dai toni e dalle parole utilizzate, con quel ritorno all’uso del termine inquietante che caratterizzò una tristissima stagione che i terrasinesi ancora oggi ricordano come una delle più lancinanti epoche della storia locale.
Era il tempo in cui per spirito di rivalsa, politici sempre democraticamente condannati dai cittadini a rimanere ai margini della vita politica locale, approfittando della crisi dei partiti politici della c.d. prima repubblica, riuscirono a conquistare il potere ed a decidere così chi erano i buoni ed i cattivi, chi doveva essere additato a sospetto e chi non doveva neanche essere preso in considerazione, spaccando di fatto a metà la Città e le famiglie terrasinesi.
Era il tempo in cui tutto era loro consentito, anche di chiudere il Palazzo Cataldi, anche di trasferire le collezioni librarie in umidi scantinati siti in via Ralli, anche e soprattutto di perdere buona parte del patrimonio librario a seguito dell’allagamento dei predetti depositi.
Nessuno allora parlò, nessuno cercò i responsabili, allora non si poteva non solo parlare ma anche solo pensare alla “spregiudicatezza” delle loro azioni.
Colui che al tempo aveva rivestito l’alta carica di assessore alla pubblica istruzione, che era una delle menti pensanti e delle voci più ascoltate di quel movimento dei puri, uno di quelli che nel cerchio magico contava e determinava, e che oggi critica, allora non si chiese se quella decisione avesse “un significato simbolico” o se vi fossero “segnali devastanti che l’Istituzione locale lancia nel bel mezzo di una generazione di studenti e fruitori più o meno abituali”.
Allora tutto era loro consentito senza che nessuno potesse esercitare il diritto di critica senza essere esposto all’ostracismo od all’infamia di essere civilmente e pubblicamente collocati dall’altra parte, fra i cattivi.
La differenza tra chi blatera e chi fa le cose è evidente.
Chi scrive, divenuto assessore alla cultura con l’amministrazione Carrara, insediatasi successivamente alla sconfitta politica del movimento dei puri, ha riaperto palazzo Cataldi, da anni chiuso, ha recuperato le collezioni librarie e le ha trasferite nelle sale dello storico palazzo, ha restituito alla fruizione degli studenti e degli utenti tutte le collezioni, che con un lavoro certosino e costante negli anni in tanti avevano contribuito a creare, per volere dei vari consigli di biblioteca susseguitisi (in uno dei quali era presente anche mio padre); chi scrive ha disposto la manutenzione delle collezioni per cercare di salvare il numero più elevato possibile dei testi ammalorati dall’acqua e dall’umidità, ha ripristinato buona parte dei testi distrutti nell’allagamento sopra ricordato, ha stabilito l’acquisto dei nuovi arredi, dagli scaffali alle sedie ed ai tavoli di lettura, per rendere la biblioteca, intitolata sempre nel periodo del mio assessorato a Claudio Catalfio, quell’irrinunciabile luogo del cuore e della cultura per le tante donne ed uomini, per le ragazze ed i ragazzi terrasinesi.
Dove era allora l’autore di quello scritto di denuncia, di certo non fra i tantissimi che plaudivano alle attività fatte.
Quello che oggi tenta di accreditarsi come un attento osservatore e come usbergo della cultura come mai non si è accorto dello stato in cui fino a qualche anno fa si trovava il Palazzo Cataldi.
Mi sono accorto solo io che il prospetto era diventato un colabrodo, che dal prospetto fuoriuscivano dei ferri arrugginiti, che lo stemma era stato rimosso (forse per fargli fare la stessa fine dei leoni di Palazzo La Grua!) che tutto il prospetto era coperto da una recinzione la quale, pur evitando che il distacco di calcinacci potesse colpire passanti ed utenti della biblioteca, di fatto ostruiva la vista del prospetto dell’immobile?
Che dire poi della umidità di risalita od ancora del precario stato dei tetti di copertura che provocavano gravi infiltrazioni di umidità in grado di produrre pregiudizio ai libri delle varie collezioni! Quale segnalazione in proposito hanno fatto i zelanti “giornalisti”, come hanno esercitato il loro potere di denuncia?
Silenti, solo silenti.
Orbene quando da Sindaco ho individuato una soluzione per captare un finanziamento che ci consentisse di intervenire su Palazzo Cataldi, concedendo in cambio l’uso di una saletta per collocare dei computer al fine di pubblicizzare le attività che il G.A.L. sta facendo nel nostro territorio e non, come anche qui infondatamente sostenuto dall’improvvido redattore, per consentire la vendita di prodotti gastronomici, allora apriti cielo!
Quanta attenzione, quanta diligenza, quanta bravura si ha per criticare, per giudicare e sommariamente condannare, doti emulate da metodi che la storia ha condannato irreversibilmente e che invece continuano ad ispirare l’azione di tale solerte critico.
Proprio per smascherare la voluta disinformazione propagata con quell’articolo, segnalo che il progetto di manutenzione del palazzo, redatto dagli uffici comunali, è dotato delle autorizzazioni della Soprintendenza, è finalizzato ad eliminare le criticità sopra indicate grazie all’ausilio di una equipe di restauratori che di concerto con la Soprintendenza stabilirà gli interventi di dettaglio.
Mi sia consentito, con l’occasione, di ringraziare, facendo così, anche se personalmente incolpevole, ammenda per la ironia di basso profilo contenuta nello scritto diffuso, il Gruppo di Azione Locale “Golfo di Castellammare” per la sensibilità dimostrata e per l’attenzione rivolta alla segnalata esigenza sentita dai cittadini terrasinesi di veder manutenuto il proprio patrimonio storico e culturale.
Voglio rassicurare i miei concittadini sulla assoluta infondatezza del denunciato presunto smembramento delle collezioni e dello spostamento di intere sezioni di libri che sono e rimarranno a Palazzo Cataldi, ad eccezione della raccolta di giornali di Sicilia che sarà consultabile presso Torre Alba.
Ancora non risulta a verità che Torre Alba non appartenga giuridicamente al Comune.
Un buon giornalista, anziché accusare gli altri di superficialità, avrebbe dovuto anche in questo caso sentire l’esigenza di leggersi i documenti, a meno che anche questa ulteriore disattenzione non sia voluta.
Anche qui anziché supportare l’amministrazione che cerca di far riconoscere la necessità di un uso pubblico dei propri beni monumentali, del proprio parco e della propria Torre, gli si dà addosso.
Nonostante la campagna di disinformazione – il cui contenuto abbiamo per questa volta ritenuto di non affidare agli organi competenti per la consequenziale valutazione dell’esistenza, invero palese!, degli estremi della diffamazione a mezzo stampa a nostro danno – dichiariamo di essere e di rimanere sereni e consapevoli di operare delle scelte nel solo ed esclusivo interesse dei Terrasinesi.
Auspichiamo che non si utilizzino impropriamente le parole dei testi sacri per accusare gli altri di avere peggiorato la situazione del palazzo e della biblioteca ma che si faccia un bell’esame di coscienza sulle azioni sopra ricordate e ci si vergogni per cotanto ritardato o sopravvenuto zelo”.