Terza età

Creato il 06 aprile 2011 da Lucamangogna

Umberto Veronesi è stata una delle menti più illuminati e degli scienziati italiani più apprezzati al mondo, ha salvato migliaia di vite come oncologo, ha ricevuto ben 12 lauree honoris causa e dirige dal 1994 l’Istituto Europeo di Oncologia.

É stato inoltre uno dei ministri della Salute più competenti di questi ultimi anni e solo la brevità del suo mandato (14 mesi) gli ha impedito di agire con più decisione e fare delle riforme necessarie per il sistema sanitario italiano.

Tutto questo per ribadire la profonda stima che merita quest’uomo, che ha passato da un pezzo gli 85 anni.

Ma c’è qualcosa in queste grandi menti, che scatta appena si esauriscono le batterie dell’illuminazione. E parte, come in ogni altro comune essere umano, la stanchezza e il rallentamento dovuto all’arrivo incessante della terza età.

Non mi spiego altrimenti la sua battaglia agguerrita (da oncologo!) a favore dell’istituzione delle centrali nucleari in Italia, in qualità di presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare.

«Senza nucleare l’Italia è un paese morto», afferma Veronesi, che in una recente intervista a La Stampa si dice stimolato dalla conflittualità e di conoscere alla perfezioni i metodi di prevenzioni e di cura dovuti in caso di contaminazioni radioattive. Che non ci sarebbero comunque se queste centrali non verrebbero mai alla luce.

Quando si parla di scorie, dice che non ci saranno problemi perchè i siti per lo smaltimento non toccheranno l’Italia. Problemi di altri, insomma.

Ma della sua battaglia pro-nucleare di parla da mesi, dalla sua nomina avvenuta a novembre.

L’ultima uscita che mi ha profondamente sconcertato riguarda invece il ciclismo e il doping.

Nell’intervista concessa ieri alla Gazzetta dello Sport, si lancia in lodi sperticati per questo sport bistrattato.

«Date fiducia al ciclismo, garantisco io» afferma Veronesi. Ovviamente non è questo che mi sconcerta. Alla domanda del giornalista sul doping, il luminare prosegue: «Me ne sono occupato (di doping, ndr) anni fa come Ministro della Sanità senza trovare la via d’uscita. Sinceramente non ho una soluzione. Credo che sia una malattia sociale legata all’abuso di farmaci. Viviamo in un mondo che si aggrappa alle medicine anche quando non servono. A volte mi chiedo se non converrebbe liberalizzare il doping mettendo al bando solo ciò che fa davvero male (che cosa? l’eroina, la cocaina, la metanfetamina? ndr). Prendete l’Epo: chi assicura che faccia male? (forse qualsiasi ematologo? ndr). Chi va in montagna per 15 giorni ottiene gli stessi effetti (se lo dice il professore, ndr). Se il problema è etico e vogliamo mettere tutti sullo stesso piano, si può pensare di liberalizzare. Da liberale convinto, ho un approccio meno latino e più pragmatico: noi abbiamo il diritto, non il dovere alla salute».

Spaventoso. Non ho parole per questa sua chiosa finale, un oncologo di fame mondiale che esprime un concetto simile mi dà il voltastomaco.

Blanda la replica di Petrucci, presidente del Coni, assente quella di Pier Bergonzi, il giornalista che l’ha intervistato.

Forse per rispetto alla terza età galoppante di Veronesi.



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