di Rina Brundu. Era il 12 Aprile 1921 e su L’Ordine Nuovo Antonio Gramsci abbozzava un “ritratto” del rapporto comunismo-consultazioni “democratiche”: “Le elezioni sono, per i comunisti, una delle tante forme di organizzazione politica proprie della società moderna…()… Nelle elezioni le masse si pronunziano per il fine supremo politico, per la forma dello Stato, per l’affermazione della classe operaia come classe dirigente. Il Partito comunista è essenzialmente il partito del proletariato rivoluzionario, cioè degli operai addetti all’industria urbana, ma esso non può giungere alla meta senza l’appoggio e il consenso di altri ceti, dei contadini poveri e del proletariato intellettuale… ()…. Il Partito comunista non si fa illusioni sui risultati….()…. Ma quanto più la popolazione italiana è piombata nel caos e nel disorientamento, quanto più hanno lavorato e continuano a lavorare le forze dissolventi del passato schieramento di forze rivoluzionarie, tanto più appare evidente la necessità di provocare un nuovo schieramento di fedeli e leali militi della rivoluzione mondiale e del comunismo ”.
Circa 90 anni più tardi, commentando i risultati dei ballottaggi delle Amministrative 2012, Pierluigi Bersani, segretario del PD, gli ha fatto eco da par suo: “Affermazione senza se e senza ma. Anche a Parma abbiamo non-vinto”. Subito dopo, Rosy Bindi, Presidente del Partito, non ha voluto essere da meno quando si è trattato di confezionare aforismi con cui passare alla Storia: “Per quanto mi riguarda (??) ho vinto anche a Palermo”.
Fa strano! Di fatto, a leggere bene le parole di Gramsci è fin troppo chiaro che l’abbozzato ritratto socio-politico italico post prima guerra mondiale somiglia moltissimo allo status-quo attuale post rivoluzione digitale e post sboom finanziari. Fatto salvo l’elemento iperbolico e utopistico (vedi rivoluzione mondiale), Gramsci parla, infatti, di situazioni molto pragmatiche, matter-of-fact. Parla di masse, di proletariato, di contadini poveri, di un intellettualismo di basso profilo che avrebbo dovuto usare la consultazione elettorale come un “tool”, uno strumento, per affermare il suo ideale “rivoluzionario”. Un ideale rivoluzionario che doveva portare all’affermazione della dignità proletaria e alla sua consacrazione come “classe dirigente”. Il fine ultimo ideale era quindi l’uscita dal “caos”, dal “disorientamento”. Da un punto di vista strettamente operativo (ma anche politico) il leader-Gramsci-in-cerca-di voti, ha quindi proceduto a riconoscere l’esistenza di un “problema”, ovvero la “massa” affamata di risposte, ha fornito una modalità di “risoluzione” dell’empasse, ovvero l’ideologia a sostegno e ha finanche proposto un chiaro “programma” d’azione da applicarsi per “forzare” il risultato.
Come a dire che per stare al passo con Gramsci – in questi tempi moderni più arruffati – e dunque per saltare sul carro dei vincitori in maniera più convincente, Bersani avrebbe dovuto parlare (sia prima ma ancor di più nell’aftermath elettorale) di regolamentazione finanziaria, di crisi, di precariato, di operai in cassa integrazione, di piccoli imprenditori disperati, di una realtà sociale allo sbando (il problema); avrebbe poi dovuto “convincere” con un discorso già temprato (l’ideologia) e dulcis in fundo avrebbe dovuto indicare una chiara via d’uscita dal tunnel anche a costo di “forzare”… l’esito. Avrebbe dovuto ribadire il suo “programma” insomma. Invece ha tenuto a precisare che a Parma “abbiamo non-vinto”, mentre il suo Presidente gli ha dato manforte con le già ricordate ispirate parole “Per quanto mi riguarda ho vinto anche a Palermo”.
Il dubbio allora sorge spontaneo: che il problema della Politica nella neonata Terza Repubblica sia un mero problema dialettico? Del resto, tra Vendola e Di Pietro, le difficoltà comunicazionali del Bersani della foto di Vasto sono pure comprensibili. Inutile poi stupirsi se la risposta grillesca arriva a stretto giro twitteriano in forma di istantanea virtuale: “Il non morto (ma quasi) di un partito mai nato Bersani, ha detto di aver ‘non vinto’ a Parma, Comacchio e Mira. Lo ha spiegato con parole incontrovertibili: ‘Abbiamo non vinto perchè lì erano governati dal centrodestra”. Chiaro? C’e’ forse bisogno di spiegazioni? Chiamate un’ambulanza per un TSO”. Una roba che anche l’edipo curioso si sarebbe fatto i cavoli suoi! Per la serie chi con la pseudo-dialettica politica (si fa per dire) ferisce con la pseudo-dialettica politica perisce. O giù di lì.
Featured image, foto di Vasto in un manifesto elettorale, fonte antoniodipietro.it.