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“The untold story begins” recitava lo slogan pubblicitario dell'appena annunciato reboot della saga di Spider-Man; all'epoca faceva senz'altro sorridere (o addirittura irritare) l'irriverenza di Columbia Pictures nel reclamizzare in questi termini un film sulle ben note origini di un personaggio creato 50 anni fa, qualcuno avanzava dubbi sul coinvolgimento di un giovane regista con un film sentimentale all'attivo, altri ipotizzavano una produzione a basso budget messa in piedi in fretta e furia per far si che non scadessero i diritti di sfruttamento del brand. Sembra inevitabile, vista la relativa vicinanza tra le due pellicole, confrontare questo The Amazing Spider-Man con il primo episodio della celebre trilogia diretta da Sam Raimi, che nel 2002 fu complice dell' X-Men di Bryan Singer nell'inaugurare a Hollywood il fortunato filone supereroistico: volendo liquidare la questione con una frase, Spider-Man era una fiaba, The Amazing Spider-Man è qualcosa di più concreto, più serio e realistico. Non leggeteci accezioni negative di sorta, il sottoscritto è un grande fan dei primi dei due film (il terzo preferisco pensare non sia mai esistito) di Raimi, ma è inevitabile rilevare le differenze che denuncino le tendenze delle due pellicole in questione: il film del 2002 era luminoso, con una fotografia ocra e scenari diurni per la maggiore, ma anche nei toni e nella morale tutto sommato strillata; una pellicola popolata da caratteri (interpretati da ottimi caratteristi) che non deragliavano mai dai loro binari, con una colonna sonora onnipresente, con un cattivo dall'armatura di un verde sgargiante e una rappresentazione della vita extra-supereroistica di Peter tutto sommato caricaturale. Saggiamente, Marc Webb decide, innanzitutto, di dare al proprio film un impatto visivo atitetico all'originale, ambientando la vicenda quasi tutta di notte e giocando su colori freddi, chiaroscuri e coni di luce, quest'ultimi magari in vista delle possibilità prospettiche offerte dalla stereoscopia. Qualcuno ha denunciato la mancanza di una scena madre quale il bacio a testa in giù, tuttavia non mancano soluzioni visive suggestive, messe in piedi (e questo e senz'altro un pregio) senza l'abuso di CGI. Al contrario, le sequenze in soggettiva, ahimè, non funzionano in quanto troppo “plasticose”: Webb dev'essersene accorto dato che ne ha limitato l'utilizzo a un paio di scene, ed è un peccato perché il concetto non era malvagio e perchè potevano essere una delle ragioni di differenziazione rispetto agli altri film di genere. Sorprende, ed è senz'altro uno dei punti di forza di The Amazing Spider-Man, la qualità della scrittura, la plausibilità dei personaggi e delle dinamiche dei rapporti che intrecciano: la famiglia Parker è vera, piena di affetto come di attriti e ben lontana dalla famiglia formato Mulino Bianco; senza dubbio intelligente la scelta di mostrare i genitori di Peter e l'ingombrante figura paterna che offre spunti di discussione e di tensione tra zio e nipote. Ma anche i personaggi minori, un esempio su tutti Flash Thompson, godono di una tridimensionalità inedita, nei limiti del minutaggio concessogli. Evidente la mano di Webb, già intravista nel suo film d'esordio (500) Giorni Insieme: il suo stile registico conta molto sulle interpretazioni degli attori, fatte più di piccoli gesti ed espressioni facciali che di parole, ed è su questo piano che si gioca la bella storia d'amore tra Peter e Gwen, un personaggio decisamente più profondo della pin-up Mary Jane. I problemi stanno tutti nelle sequenze d'azione e nel finale, non per le scene in se, tutte di ottima fattura e che rifuggono un pessimo stereotipo frequente dei film action odierni, lo slow motion, quanto piuttosto nella costruzione di una tensione fra i due antagonisti che di fatto non esiste. In tal senso credo che il modus operandi di Nolan debba essere assunto a dogma quando ci si approccia a un film di genere: il buon Christopher, in barba alla durata quasi sempre al di sopra della media, si prende tutto il tempo per trattaggiare i personaggi principali e per farli scontrare, farli conoscere, esporre le loro motivazioni, creare un ritmo ascendente che culmini in un climax a quel punto inevitabile. Ecco, in The Amazing Spider-Man c'è tanto Peter Parker ma poco Curt Connors/Lizard, sebbene il materiale che riguarda quest'ultimo sia di ottima fattura e, di conseguenza, denunci un potenziale inespresso. Ma è un difetto tutto sommato irrisorio rispetto alla qualità generale del film, nonché comune nella maggior parte dei primi episodi di saghe fumettistiche; resta magari un po' di rammarico per essersi bruciati un villain eccellente. Quel che importa è che Marc Webb abbia vinto la scommessa, la speranza è che in un sequel possa avere più spazio di manovra; personalmente sono molto curioso di vedere come andrà a finire questa storia: il coinvolgimento del personaggio di Gwen Stacy offre opportunità drammatiche notevoli, il finale è agrodolce, c'è una "vendetta" ancora da risolvere, insomma, le basi per una nuova saga sono state gettate ed è stato lanciato il guanto della sfida per il trono di miglior comic movie dell'anno.
Scalzati i Vendicatori, l'arrampicamuri attende al varco il cavaliere oscuro. :)
alexdiro
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