Innegabile il piacere tratto dalla visione di questo film, ma subito al termine della sua fruizione, inevitabilmente ho dovuto constatare quanto sia nostalgico e fuori tempo massimo questo film. Forse sta in questo suo essere retrò e diciamolo pure, utilizziamo un termine così di moda e abusato come vintage, ad averne decretato il successo. The Artist è come una copertina di Linus che ci protegge dal rumore e dal fracasso contemporaneo di un cinema che non sembra essere più in grado di emozionare, in cui spesso si assiste ad un arrancamento costante nel tentativo di ringiovanimento di questa forma d'arte e non sempre con i risultati sperati. Vedi il tanto strombazzato 3D, di cui già ho detto e scritto su questo blog e che ribadisco stancamente non essere altro che una tecnologia del passato, riesumata come una novità per nascondere smagliature evidenti, soprattutto in quello star system che è quello hollywoodiano. Tant'è che quest'ultima forma di linguaggio non è quella rivoluzione copernicana qual'è stata l'avvento del cinema sonoro di cui parla The Artist. A ben vedere il tema stesso del film non è altro che un modo di declinare un argomento già trattato da un classico dei classici come Cantando sotto la pioggia, film sonoro, che di quel passaggio epocale ne é la più evidente manifestazione e rappresentazione. Eppure The Artist appare come qualcosa di maledettamente nuovo, una forma di rivisitazione del muto secondo gli stilemi e i gusti di noi pubblico contemporaneo e non è poi un male così deprecabile, perché il film emoziona e affascina, ma quello che mi fa riflettere è proprio questa nostalgia imperante che pervade le nostre esistenze e i nostri gusti, tema di fondo proprio dell'ultimo lavoro di Woody Allen, inspiegabilmente candidato all'Oscar e ancor più dimostrazione di come il cinema si stia rifugiando in territori rassicuranti, mentre il cinema di qualità esiste ancora, ma rimane retaggio di pochi eletti festivalieri.Ben venga comunque The Artist, che ci aiuta a riscoprire e riassaporare un cinema dimenticato, ma non troppo, come dimostra il Festival del cinema ritrovato, ma quel tipo di cinema non è The Artist, sia tecnicamente che visivamente, nonché come coscienza di sé. The Artist è prima di tutto un film metacinematografico duro e puro, gioia e piacere per i linguisti e i critici tesi ad analizzare e scomporre questo film, che merita il successo ricevuto, ma se questa è la strada per ottenere e mantenerlo, per ravvivare il cinema in generale, allora preferisco un cinema più ignorante e fracassone, forse anch'esso maledettamente rassicurante nella sua schematicità, ma almeno non ripiegato su un'idealizzazione del passato per rifuggire un presente che spesso e volentieri ci piace sempre meno.
Magazine Cinema
Innegabile il piacere tratto dalla visione di questo film, ma subito al termine della sua fruizione, inevitabilmente ho dovuto constatare quanto sia nostalgico e fuori tempo massimo questo film. Forse sta in questo suo essere retrò e diciamolo pure, utilizziamo un termine così di moda e abusato come vintage, ad averne decretato il successo. The Artist è come una copertina di Linus che ci protegge dal rumore e dal fracasso contemporaneo di un cinema che non sembra essere più in grado di emozionare, in cui spesso si assiste ad un arrancamento costante nel tentativo di ringiovanimento di questa forma d'arte e non sempre con i risultati sperati. Vedi il tanto strombazzato 3D, di cui già ho detto e scritto su questo blog e che ribadisco stancamente non essere altro che una tecnologia del passato, riesumata come una novità per nascondere smagliature evidenti, soprattutto in quello star system che è quello hollywoodiano. Tant'è che quest'ultima forma di linguaggio non è quella rivoluzione copernicana qual'è stata l'avvento del cinema sonoro di cui parla The Artist. A ben vedere il tema stesso del film non è altro che un modo di declinare un argomento già trattato da un classico dei classici come Cantando sotto la pioggia, film sonoro, che di quel passaggio epocale ne é la più evidente manifestazione e rappresentazione. Eppure The Artist appare come qualcosa di maledettamente nuovo, una forma di rivisitazione del muto secondo gli stilemi e i gusti di noi pubblico contemporaneo e non è poi un male così deprecabile, perché il film emoziona e affascina, ma quello che mi fa riflettere è proprio questa nostalgia imperante che pervade le nostre esistenze e i nostri gusti, tema di fondo proprio dell'ultimo lavoro di Woody Allen, inspiegabilmente candidato all'Oscar e ancor più dimostrazione di come il cinema si stia rifugiando in territori rassicuranti, mentre il cinema di qualità esiste ancora, ma rimane retaggio di pochi eletti festivalieri.Ben venga comunque The Artist, che ci aiuta a riscoprire e riassaporare un cinema dimenticato, ma non troppo, come dimostra il Festival del cinema ritrovato, ma quel tipo di cinema non è The Artist, sia tecnicamente che visivamente, nonché come coscienza di sé. The Artist è prima di tutto un film metacinematografico duro e puro, gioia e piacere per i linguisti e i critici tesi ad analizzare e scomporre questo film, che merita il successo ricevuto, ma se questa è la strada per ottenere e mantenerlo, per ravvivare il cinema in generale, allora preferisco un cinema più ignorante e fracassone, forse anch'esso maledettamente rassicurante nella sua schematicità, ma almeno non ripiegato su un'idealizzazione del passato per rifuggire un presente che spesso e volentieri ci piace sempre meno.
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