The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca è un film che, leggendo superficialmente la trama, potrebbe sembrare la semplice storia di un maggiordomo. In realtà è molto di più: è il racconto di un pezzo di Stati Uniti, un frammento di storia che sembra così lontano da noi ma che è molto più vicino di quanto si direbbe. È anche la storia di una famiglia e delle sue difficoltà. Ingredienti che si amalgamano benissimo in questa pellicola firmata da Lee Daniels.
Il protagonista è Cecil Gains (Forest Whitaker) che racconta in prima persona la sua storia: da quando schiavo con i suoi genitori nel 1920 lavorava nelle piantagioni di cotone e inizia ad imparare ad essere un “negro di casa”, fino a quando riesce poi a diventare maggiordomo alla Casa Bianca. La sua incredibile vita si incrocia con quella di un Paese (e dei suoi sette Presidenti), gli Stati Uniti, che ancora fa i conti con la discriminazione razziale. E la discriminazione razziale si interseca a sua volta con la storia della famiglia di Cecil Gains, ossia di sua moglie Gloria (una bravissima Oprah Winfrey) e dei suoi due figli Louis e Charlie.
Il film è molto denso di eventi (=dura tanto, più di due ore), ma proprio per questo non è mai pesante. Il cast è pieno di nomi altisonanti e, forse, a volte si ha la sensazione di stare assistendo ad una passerella che nemmeno il red carpet degli Oscar. I grandi nomi tuttavia alzano l’asticella della qualità e sono quasi un invito allo spettatore a giocare a chi ne riconosce di più. Oltre ai già citati protagonisti, ci sono: Mariah Carey, Alex Pettyfer, Terrence Howard, Cuba Gooding Jr, Lenny Kravitz, Robin Williams, James Marsden, John Cusack, Alan Rickman e Jane Fonda.
Sebbene gli americani abbiano questa leggera tendenza ad autocelebrarsi, il film commuove e fa riflettere. Si parla (anche e soprattutto) di un tema, quello della discriminazione razziale, che nonostante quei quattro pirletta che votano ancora la Lega Nord e che fanno di tutti pur di farsi notare sui giornali, ci sembra ormai lontanissimo. In realtà, i fatti raccontati in The Butler ci ricordano che, negli Stati Uniti, discriminare in base alla razza era del tutto accettato e tollerato fino agli anni ’60.
E niente, alla fine del film l’unico augurio che mi posso fare è che molto presto vedremo film che trattano di altre discriminazioni e che ci sembrerà altrettanto strano pensare che fino a qualche tempo prima si potesse arrivare a un simile livello di stupidità.
CHIPS e CHEAP: Faccio davvero fatica ad individuare un elemento CHEAP. Posso dire che alcune interpretazioni (o meglio travestimenti) dei Presidenti degli Stati Uniti sembravano presi da Tale e Quale Show. CHIPS tutto il resto.
Livello di SHAZAMMABILITÀ: medio-alto. Colonna sonora davvero azzeccata.
Livello di BONAGGINE DEL CAST: media. E sì, sto dando un voto solo in base al fatto che all’inizio per qualche minuto compare Alex Pettyfer.
Quanto dura / quanto sarebbe dovuto durare: 132 minuti / 132 minuti. Per una volta (einvece) contraddico me stesso. In questo caso ho difficoltà ad immaginare una durata inferiore per un questo tipo di film.
Mi devo fermare dopo i titoli di coda per vedere la SCENA NASCOSTA o posso andare direttamente a casa? No. Però prima di alzarvi asciugatevi le lacrime.
GIUDIZIO COMPLESSIVO: quattro Anne Praderio su cinque.
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Il post The Butler e il ripasso della storia americana, scritto da Signor Ponza, appartiene al blog Così è (se vi pare).