TITOLO: THE EQUALIZER – IL VENDICATORE
GENERE: AZIONE
RATING: * * * + +
TRAMA:
Robert McCall lavora come un anonimo commesso in un supermercato del Fai da te. E’ cordiale ed amabile con tutti tanto che i colleghi di lavoro lo chiamano “nonno”. Conduce una vita monastica e solitaria in uno spoglio appartamento di Boston, una vita scandita unicamente dai suoi rituali e dall’abitudine di andare ogni notte in un pub sotto casa a leggere i suoi amati libri. Lì conosce Alina, una prostituta russa teenager con la quale scambia due parole, ma durante quei brevissimi scambi di solitudine, sogni e malinconia, tra i due nasce un legame: è solo umanità, ma quando Robert assiste alle violenze subite dalla ragazza da parte dei suoi sfruttatori, dagli anfratti profondi e bui della sua anima, riemerge un istinto di giustizia che pensava di aver sepolto per sempre, un istinto che unito al suo ambiguo passato lo trasforma in un killer micidiale…
(Regia: Antoine Fuqua – anno 2014)
COMMENTO:
Da “To Equalize”, equalizzare, pareggiare, livellare, equilibrare … un verbo molto più pieno e dalle sfumature più profonde del semplice “vendicare”.
Si lo so, il soggetto non è originale, si ispira alla serie televisiva degli anni ’80 Un giustiziere a New York e bla-bla-bla, ma che ci volete fare … è un mio debole, l’argomento trattato a me intriga sempre. E poi il carisma di Denzel Washington e la regia di Antoine Fuqua conferiscono oggettivamente al film tutto un altro spessore !
Avete presente una di quelle volte in cui a Natale o per il compleanno avete ricevuto un regalo a sorpresa e dentro il pacco con grande gioia avete trovato esattamente ciò che più desideravate in quel momento? Ebbene quel fantastico incontro tra il vostro desiderio ed il suo appagamento è un “click” magico, un interruttore mentale che scatta e The Equalizer è stato un click in perfetta sincronia empatica con la mia atavica e sconfinata sete di giustizia!
Sono nato con questo sentimento che mi ardeva nel petto. Sin dall’infanzia, prima che si potesse parlare di condizionamenti familiari, culturali, sociali o esperienziali, ricordo che l’istinto mi portava a parteggiare sempre per i perdenti, per gli ultimi, per i deboli, per gli sconfitti: un pugile sul ring in difficoltà, una squadra umiliata da una sconfitta troppo severa … I film che dominavano la televisione di allora erano i grandi western dei vari John Wayne, delle cariche del settimo cavalleggeri, dei coraggiosi cow-boy che dovevano vedersela con quei selvaggi e crudeli pellerossa. Non so perché ma i conti non mi tornavano … cosa c’era di coraggioso e leale nel massacrare con fucili, pistole e cannoni quegli uomini dalle bizzarre acconciature che a torso nudo cavalcavano a pelo dei cavalli pezzati, armati di soli archi, frecce ed asce? Lo trovavo talmente scorretto che parteggiavo regolarmente per gli “indiani” (così li chiamavamo), tanto che a carnevale, nelle feste mascherate, ero quasi sempre l’unico “Toro Seduto” che, con uno splendido copricapo di piume d’uccello colorate, se la doveva vedere con stuoli di cow-boy e Giubbe Blu armato di scudo di plastica e tomahawk in gommapiuma!
Potete immaginare quanto mi abbia intrigato il racconto di uno sconosciuto commesso di BricoMan che arriva a toccare e far male alle “alte sfere”, agli intoccabili, ai poteri forti!
Una ghiotta storia di vendetta e giustizia dove il bene trionfa sul male con un tripudio così schiacciante che solo nei film si può godere! Desideravo soddisfare quello che nel mondo reale non potrà mai accadere echissenefrega se è solo un film o se la storia non è originale, l’effetto catartico che produce per me va benissimo.
Bellissimo, esattamente come lo immaginavo, adrenalina e suspense sempre ben miscelate in un crescendo di tensione; più la storia si complica e più feroci diventano i cattivi e quanto più sono cattivi tanto più sono tatuati, con barbe sempre più lunghe e con occhiali da sole sempre più spaziali!
Coltelli, pezzi di vetro, fiamme ossidriche, fil di ferro, forni a microonde, bicchieri da whisky, cavatappi, trapani, sparachiodi, martelli, diventano una fantastica serie di armi non convenzionali a disposizione dell’ingegno omicida, perché un killer letale come Robert McCall possa realizzare la sua missione di “livellatore”. Dai pesci piccoli, come rapinatori di piccolo cabotaggio che rubano anelli “ricordo della mamma” e poliziotto corrotti, ai poteri forti di mafie che controllano il petrolio, la droga, la prostituzione, la politica, il mondo: nessun obiettivo è off-limits per Robert. Dieci a zero ai vari Giustizieri della notte 1, 2, 3, 4 e seguenti. A confronto i metodi usati dal vecchio Charles Bronson erano efficaci come i fiori di Bach per curare l’ebola.
Emozioni personali a parte, anche dal punto di vista tecnico The Equalizer è una pellicola ben riuscita. Fotografia splendida (suggestivi i rallenty sotto l’acqua che ricordano, anche se alla lontana, quelle di The grandmaster, conferendo un tono epico alle gesta del protagonista), livello recitativo ottimo, profilo psicologico del personaggio principale ben delineato, qualità insperate e rare per gli action-movies che spesso finiscono per degenerare in film di serie B!
Il protagonista è un personaggio complesso, ed il termine “vendicatore” non rende giustizia alla sua equanimità. Robert è un uomo che coniuga la freddezza glaciale di un neurochirurgo con una carica umana ed una sensibilità fuori dal comune; sa ascoltare i sogni di una ragazzina prostituta, sa empatizzare con il collega ciccione che sogna di diventare una guardia giurata, è gentile con le persone, ma dietro quella giovialità si intuisce un passato doloroso e carico di mistero che colora di malinconia la sua esistenza. Ha un senso morale ferreo che è disposto a difendere con la vita. Calma, riflessione, tensione morale, assenza di dubbi, istinto omicida, … tenere insieme forze così violente e contrapposte richiede una disciplina interiore monastica che in Robert è tradita solo dai suoi rituali da perfezionista compulsivo, piccoli gesti apparentemente insignificanti, come il modo in cui lava ed asciuga i piatti, ripone le posate sul tavolo, cronometra ogni sua azione.
“Ma chi sei?”, è la domanda che il fetentone di turno rivolge al vendicatore nel momento della resa dei conti, senza avere altra risposta che un laconico “me lo chiedono in tanti….!”.
La risposta a quella domanda ce l’ho io: Robert McCall è un simbolo, una entità, la rivincita degli ultimi, della gente comune, nei confronti di coloro che hanno il potere di governare i destini, togliere la libertà di scegliere della propria vita; un sentimento per niente spirituale ma umano ed universale, come testimoniato dai tanti giovani manifestanti che in tutto il mondo scelgono spesso di indossare la maschera di Mister “V” (un altro eroe cinematografico portato in auge nel 2005 dal bellissimo “V” per Vendetta di James McTeigue). Mister “V”, Robert e altri vendicatori magistralmente interpretati da Clint Eastwood o Liam Neeson, sono la risposta a quel bisogno di giustizia generalizzato che lentamente avvelena le nostre giornate ed infine la vita, ogni qualvolta apriamo una pagina di cronaca, o sentiamo le notizie sulla trattativa stato mafia, o ascoltiamo “Report” della Gabanelli, o intuiamo che il destino dei popoli è deciso e deviato dalle lobby finanziarie, dalle mafie, dal petrolio. The equalizer regala per 131 minuti l’illusione che estirpare il male dal mondo per vivere in pace sia possibile!
Poi è democratico, lui aiuta tutti: ciccioni che desiderano diventare guardie giurate, piccoli negozianti vessati dal pizzo, prostitute che sognano di cambiare vita, ci manca la vecchietta che non riesce ad attraversare la strada e la serie è completa: ci vorrebbe sempre un Equalizer! Così sono uscito dalla sala felice e soddisfatto come un bambino (se non è un film riuscito questo!?!).
Simpatico l’uso delle scene non esplicite per allentare la tensione con un sorriso accennato, come quando Robert, prima di mettersi sulle tracce di un rapinatore seriale, preleva un martello da uno scaffale del Bricocenter dove lavora, per poi riporlo al suo posto, dopo averlo ben ripulito, il giorno dopo, quando l’anello rubato ricompare miracolosamente tra le mani della collega rapinata.
Denzel Washington si rivela un attore sempre più poliedrico, un attore che commuove, indigna, esalta, sia che si rivolga al proprio figlio in fin di vita in Johnny Q, sia che menta a se stesso ed agli altri nei panni di un pilota alcolizzato in The Flight, tanto da aver decisamente guadagnato da tempo il suo posto d’onore nell’empireo dei miei attori preferiti.
Per gli amanti del genere consiglio uno splendido film, passato in sordina, ma che già nel 2004 lasciava intravedere le potenzialità di Denzel Washington nei panni del vendicatore, si intitola Man on fire: fantastico!
PS: E se ce lo prestassero qualche giorno per fare un po’ di pulizia nel nostro paese? :-)