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La lotta ha inizio.
Curiosa la carriera piuttosto ondeggiante di Joe Carnahan, regista di questo film. Ultimamente legata a quella di Liam Neeson di cui sembra la nemesi dietro la macchina da presa per come si imbarchi in progetti degni di nota alla stessa maniera in cui diriga film piuttosto discutibili e usiamo un sottile eufemismo.
Se Liam Neeson quest'anno ha nel suo curriculum la macchia indelebile di quello che forse è lo scult dell'anno ( il cinepanettone action Taken 2 ),il film precedente a questo di Carnahan era quell'a-dattamento a-bbastanza a-nfame di una delle serie più cult degli a-nni '80, ovvero A-Team.
Le prime sequenze di The Grey fanno subito pensare di trovarsi di fronte a un regista coi controfiocchi ( e ti fanno chiedere , ma sicuro che ha fatto A-Team?) e soprattutto a un fotografo di notevolissimo talento, Masanobu Takayanagi.
Joe Carnahan ce l'ha il talento, a volte lo tiene custodito gelosamente in un cassetto , stavolta, per nostra fortuna, lo mette al servizio di una storia non inedita ma trattata col giusto respiro, con quell'afflato di epicità che non si tinge mai di retorica come spesso succede nelle produzioni hollywoodiane.
Il John Ottway di The Grey è un personaggio cazzuto ma sicuramente non invincibile , apparentemente senza molta voglia di vivere.
Almeno non sembra un Superman attempato che provoca una mezza catastrofe mondiale e non esce neanche spettinato come succedeva in Taken 2.
Ha i suoi dubbi, le sue incertezze , sa che la lotta col branco di lupi è solo una questione di sopravvivenza del più forte. E sa fin dall'inizio che il tutto si risolverà con un duello tra i due maschi alfa del branco.
Come in un western.
E in un certo senso The Grey è un western , glaciale, su cui aleggia sempre una sensazione di morte, condizionato da quell'incombente personaggio aggiuntivo , la natura minacciosa che è sempre sul punto di inghiottire quegli insignificanti puntini neri sul bianco della neve che per il resto del mondo sono uomini.
Dal punto di vista formale il film di Carnahan è degnissimo di nota, la fotografia notturna strappa applausi.
Sostanzialmente però racconta una storia già vista e si muove con dinamiche sicuramente non nuove: l'uomo che riesce malamente a convivere in branco, la ripetitività di un meccanismo da survival movie in cui inevitabilmente il manipolo degli umani si riduce mano a mano che il tempo avanza, lasciando dietro i più deboli.
E quei lupi visti come creature demoniache della notte ( quegli occhi come fiammelle maligne che si accendono nell'oscurità) sembrano più adatti a un film di licantropi che a un qualcosa che cerca un realismo di una lotta tra uomo e natura.
Il lupo non è l'incarnazione del male: difende semplicemente il suo territorio dagli intrusi, bipedi o quadrupedi che essi siano.
Il finale è un colpo di coda di originalità. quando tutto è pronto per il duello finale tra capobranco umano e il suo omologo animale a zanne in fuori tutto viene cristallizzato in un ultimo sguardo, in quelle rughe che percorrono il volto di un uomo che ne ha viste forse troppe nella sua vita.
E poi ....
( VOTO : 6,5 / 10 )
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