di David Gelb
con Mark Duplass, Olivia Wilde
Usa, 2015
genere, horror
durata 83'
Se la paura ha a che fare con il
subconscio non bisogna meravigliarsi se il cinema la rappresenti
attraverso immagini claustrofobiche, chiuse a qualsivoglia orizzonte e
realizzate in spazi concentrati. Un' estetica divenuta il marchio
di fabbrica della Bloomhouse Production, casa di produzione nota per aver firmato alcuni degli horror
più interessanti degli ultimi anni (Insidious, Sinister) e in questo
caso responsabile di "The Lazarus Effect", realizzato secondo un marchio
di fabbrica che punta a trasformare i limiti delle proprie risorse
finanziare nel punto di forza dell'intera operazione. Alla
base del quale c'è l'idea che sta al centro della storia, e cioè la
possibilità di riportare in vita i morti, e soprattutto la
responsabilità, etica e materiale che tale consapevolezza può
comportare. Succede infatti che un equipe di scienziati, nel
tentativo di preservare l'eccezionale scoperta sia costretta dalle
circostanze a sperimentarla su uno dei membri della squadra, scatenando catastrofiche malie.
Detto che "The Lazarus Effect" si
allinea ai criteri utlilizzati dagli altri film della scuderia, essendo
girato esclusivamente in interni e con location limitate al
minimo
indispensabile, bisogna dire che nello specifico a venir meno non è la
mancanza di originalità del tema ma della sua messainscena, tanto
scontata
quanto priva di immaginazione, anche in ragione di una regia che non
riesce
a imprimere al film un pizzico di personalità. All'assenza di
partecipazione per la sorte dei personaggi concorrono anche le
performance
degli attori, anonime anche nel caso di un' attrice come Olivia Wilde
che, dopo gli infelici esiti di "Third Person", si conferma in senso
negativo.






