Da pochi giorni è nelle sale cinematografiche è da già boom di incassi anche in Italia per The LEGO Movie, il primo lungometraggio di animazione realizzato dall’azienda di costruzioni più famosa al mondo in collaborazione con il colosso Warner Bros. Ho avuto la fortuna di poter assistere insieme ad un folto gruppo di giornalisti e influencer (moltissimi con i loro bimbi al seguito) alla prima milanese del film presso il cinema Apollo: tutti muniti dei nostri occhialini 3D e sicuramente ricchi di aspettative differenti, ci siamo immersi in questi 100 minuti di svago. Ora, voi sapete che adoro LEGO, non ne ho mai fatto mistero e chi mi segue da tempo si ricorderà probabilmente il mio post sulla giornata dell’amicizia e quello sulla Torre di Pisa, entrambi scritti sull’onda emozionale che generalmente caratterizza il mio approccio alla pagina bianca di WordPress. Per parlarvi del film è ancora più difficile non farmi prendere dalla suddetta onda emozionale perché è stato come veder realizzato e animato un sogno che chi ha amato questo gioco da piccolo (e lo ama tuttora) deve aver fatto almeno una volta: vedere i propri compagni di gioco prendere vita e animarsi, vederli vivere, interagire e fare tutte quelle cose che sono esistite solo nella fantasia delle ore e ore passate a montare e rimontare mattoncini.
Non voglio svelarvi troppo sulla trama, d’altra parte alcuni di voi potrebbero non essere ancora andati al cinema, per cui mi limiterò a riportarvi l’incipit della storia:
Diretto da Phil Lord & Christopher Miller (“Piovono Polpette,” “21 Jump Street”) il film racconta la storia, interamente in animazione digitale 3D, di Emmet, un personaggio LEGO®, onesto e decisamente comune, che viene scambiato per errore nel Prescelto, quello “Speciale”, la figura chiave per salvare il mondo. Si ritroverà a dover guidare un gruppo di sconosciuti in una missione epica per fermare un tiranno malvagio, un viaggio per cui Emmet è disperatamente e goffamente impreparato.
Le scene sono ricche di riferimenti alla cinematografia del passato e del presente, riferimenti che i più piccoli difficilmente coglieranno, come spesso accade nei film di animazione, ma che sono proprio quell’aggancio che riesce ad attrarre un pubblico adulto. Oltre al fatto che, in questo caso, si sta parlando di LEGO, un prodotto e un marchio che non ha età, per definizione.
Mi ha colpito in particolare una dichiarazione dei due registi:
Entrambi abbiamo pensato: non sarebbe fantastico realizzare un’avventura ricca d’azione e divertimento con i LEGO®, che ci facesse tornare ai tempi in cui assemblavamo i mattoncini da ragazzini, ma questa volta su scala epica? E come sarebbe se potessimo rendere quella sensazione di qualità artigianale? Perché parte dell’attrazione dei mattoncini LEGO® è la loro accessibilità, come una forma d’arte. Abbiamo voluto fare un film con delle creazioni che chiunque avrebbe potuto realizzare nella propria cantina … a patto che disponga di una cantina gigantesca e di un paio di milioni di mattoncini! “
In realtà, da quanto appreso nell’introduzione al film, di mattoncini ne sono stati utilizzati circa 15 milioni, senza contare i personaggi e gli accessori originali LEGO. Non a caso l’azienda ha deciso di lanciare, in concomitanza con il film, una linea di prodotti ad esso ispirati: si tratta di una serie di scatole che riprendono alcune delle scene topiche viste al cinema, una bella idea per continuare a casa a “far volare la creatività”. Io ho ricevuto in dono L’ inseguimento di Poliduro, uno dei passaggi topici della pellicola, ma non vi nascondo che il mio spirito fanciullesco è letteralmente impazzito per il personaggio UniKitty e il suo paese dei Cucù, mi rispecchia molto: dolce e gentile, peace&love, ma capace di tirare fuori la grinta quando necessario.