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"The other side of the wind"

Creato il 09 dicembre 2010 da Pickpocket83

A John e Orson sarebbe piaciuto vederlo un giorno, “The other side of the wind”. Forse il più inenarrabile tra i tanti film monchi/mancati/abbandonati/smottati nella microgalassia di pellicole mai nate, o nate a metà, della filmografia wellesiana. Chi scrive questo post ha scoperto solo da qualche giorno l’esistenza di questo film. Già, parliamo di esistenza perché, pare, questo film esiste. Da qualche parte, nel limbo polveroso di un archivio di qualche casa di distribuzione fallita, forse. O forse nella cineteca di un vecchio tycoon di Hollywood, o in quella ricevuta per eredità di qualche suo rampante pronipote. Chissà. Quel che è certo è che il film c’è.  Lunghissimo: oltre 3 ore di girato, solo in parte montato. Si vocifera addirittura che sia stato chiesto a Scorsese di rimetterci mano. Di che si tratta? Di un film autobiografico, come lo sono quasi tutti i film di Orson Welles. Di un film che racconta la vicenda artistica di un regista, braccato dai paparazzi e dall’ “apparato” dell’industria cinematografica. Facile, forse fuorviante, immaginarlo come una specie di “8 e mezzo” wellesiano. L’eccezionalità del tutto però sta nel fatto che a interpretare il ruolo di quel regista è John Huston. In un bellissimo saggio, apparso sul recente volume monografico dedicato a Huston in occasione della retrospettiva del TFF, Jack Garner ha provato a stilare un elenco delle cose che legano i due registi. Erano nati a 9 anni di stanza, nell’America interna: Huston nel Missuori, 1906; Welles nel Wisconsin, 1915. Entrambi avevano avuto una infanzia non convenzionale, che li aveva presto costretti a fare i conti con la vita senza ancore familiari di salvataggio. Erano entrambi degli autodidatti, uomini di solida e vorace cultura. Erano stati entrambi dei bambini prodigio. Entrambi hanno condotto delle esistenze nel segno della libertà, e della insofferenza verso ogni tipo di costrizione o limitazione. Entrambi sapevano apprezzare un buon sigaro. Entrambi sono stati grandissimi “adattatori” di pagine scritte in sequenze filmate: per Huston ben 31 film su 37 della sua filmografia sono tratti da opere letterarie, quasi tutte di autori americani. Nel caso di Welles 9 su 13, con una maggiore inclinazione verso i classici della vecchia Europa. Entrambi hanno recitato, Welles più di Huston. Si ammiravano reciprocamente, e si consideravano buoni amici. Welles ha interpretato 4 film per la regia di Huston: il memorabile padre Mapple di “Moby Dick”, “Le radici del Cielo”, “Lettera al Kremlino” e “Casino Royale”. Entrambi hanno esordito con pietre miliari dell’intera storia del cinema: “Il mistero del Falco”, elemento fondativo del genere noir sul grande schermo, e “Quarto potere”, manifesto e simbolo del cinema d’autore di tutti i tempi. Entrambi sono stati clamorosamente danneggiati da storici rimaneggiamenti di loro pellicole in fase di montaggio: per Huston la drammatica fine di “The red badge of courage” ha rappresentato quello che per Welles è successo, tra maggiore clamore (postumo), con “L’orgoglio degli Amberson”. Un fattore, fondamentale, ha distanziato le filmografie di questi due grandi protagonisti del Novecento americano. Uno (Huston) è spesso sceso a patti con lo studio system, rivoltando le tasche dei produttori con solenne eleganza, e spesso girando film alimentari o che gli consentissero di girare con maggior credito e minori pressioni i film che veramente voleva girare, nonostante questo molte volte comportasse una diluizione o un ritardo nella esecuzione di progetti che gli stavano particolarmente a cuore: “Il barbaro e la Geisha”, “Annie”, “Phobia”, “La Bibbia” appartengono alla prima categoria; “Sotto il Vulcano”, “Moby Dick”, “L’uomo dei 7 capestri”, “L’onore dei prizzi”, “Fat City”, “L’uomo che volle farsi re” o “The Dead” alla seconda. L’altro (Welles), segnato dalle cicatrici riportate in gioventù, ha sempre mantenuto un fiero distacco dalla industria del cinema hollywoodiano, quasi una forma di cautela preventiva nei confronti di chi minacciava di alterare le sue creazioni in nome delle logiche del profitto e dello show-business. Il distacco è stato tale da costringerlo a vestire i panni di regista con la valigia, di errabondo imbonitore che di piazza in piazza si sposta dove trova qualcuno che paghi per vedere i suoi trucchi. E quando questo non era sufficiente, accadeva che quello che sarebbe potuto essere un film di Welles diventava un altro film mancato. Huston non ha lasciato film incompiuti, con la sola eccezione del film che stava girando insieme a suo figlio poco prima di morire. Sta tutta qui la differenza tra i due, in una differente strategia di salvaguardia della propria autonomia espressiva. Quel film, che speriamo, un giorno, di riuscire a vedere, ha tutta l’aria di essere il tassello mancante di questo enorme puzzle, the other side of the wind.


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