Magazine Maternità

The Real Thing

Da Lanterna
Mi capita di leggere sporadicamente blog che raccontano una prima gravidanza. Donne che dal test al parto assumono un'aria sognante e ricamano la tela dei sogni immaginando meravigliose scene di maternità. E donne che le leggono e commentano, dicendo che non vedono l'ora di provare anche loro.
Ecco, io sono contenta per loro e un po' le invidio per i meravigliosi ormoni di cui la Natura le ha dotate. Io in gravidanza ero nervosa, inappetente, incazzosissima e alquanto spaventata dalla prospettiva di avere la responsabilità di un essere umano. Nella prima come nella seconda, intendo.
Ma a volte mi fanno un po' di rabbia e paura, perché temo che, caricate di aspettative eccessive, cadano miseramente nel baratro del post partum, in cui non tutto è rose e fiori. In cui può capitare che un bambino abbia le coliche o che semplicemente non sia molto affettuoso. In cui può esserci fatica, sofferenza fisica, senso di oppressione per le tante responsabilità e aspettative.
Mi fanno rabbia perché tutto quello che a me è parso un immenso dono a loro potrebbe apparire "poco".
Mi spiego: quando aspettavo Amelia, credevo che, non so per quanto tempo, la mia vita sarebbe stata principalmente fatica e frustrazione, deprivazione di sonno, eccetera. Animalmente avevo desiderato una figlia, ma razionalmente credevo sarebbe stata una palla colossale per un sacco di tempo. E invece Amelia mi ha sorpresa e conquistata in ogni momento del nostro rapporto: ogni suo aspetto positivo era per me una sorpresa, per cui provavo tantissima gratitudine, mentre ogni aspetto negativo era stato messo in conto.
Pian piano, superando le mie aspettative, avere figli mi è parsa una cosa bellissima. Perché l'ho vissuto sul campo, anziché anticiparlo nelle mie fantasie.
Forse è stato un po' lo stesso processo del matrimonio: quando mi sono staccata dall'idea dell'uomo perfetto, ho trovato un uomo meraviglioso e ho costruito con lui una vita che nel complesso mi piace proprio.
Ogni tanto l'uomo perfetto ricompare nei miei pensieri, del tipo "oh cazzo ho sposato uno che non sa le date della seconda guerra mondiale" (storia vera, eh), ma sono tentativi destinati a fallire sul principio, perché, oggi che ho provato cosa vuol dire stare con un uomo che ti piace sotto tutti i punti di vista e con cui funzioni bene, me ne frego di chissà quale dandy colto e affascinante.
Ecco, io auguro a tutte coloro che vivono la maternità futura in modo idealizzato di riuscire a liberarsi di quell'immagine di perfezione prima che sia troppo tardi, per confrontarsi con la realtà.
Dove la realtà non è quella di madri sfigate con le occhiaie, no davvero. La maternità non è solo un luogo di dolore.
È quel momento in cui tua figlia dice "mamma" e tu quasi la spaventi urlando di gioia.
È quella giornata in cui siete andate a mangiare insieme al bar.
È quel momento in cui lei ti permette di tenere suo fratello per i prossimi 30 anni.
È la volta in cui lei ti chiede di proseguire il libro della sera prima.
È la mattina in cui lui fa la pipì nel vasino, con te e sua sorella che fate il tifo.
È come quando hai passato giorni o settimane a immaginare come conquistarlo e poi tutto si svolge in modo completamente diverso. Più bello, perché inatteso.

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