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The Rise and Fall of the Third Reich (I)

Creato il 15 luglio 2013 da Vpostulato @luballets
The Rise and Fall of the Third Reich (I)Carissimi
dopo aver finito il libro di Dostoevskij sono passato alla saggistica. Dopo simili livelli di letteratura bisogna necessariamente staccare un pò. Nel farlo sono tornato ad un mio antico interesse, espresso peraltro da un mio post di anni fa: il nazismo.
Anni fa ho letto due testi in merito, uno alquanto divulgativo "Storia della Germania Nazista" di cui non ricordo l'autore, l'altro la a quanto pare celebre biografia di Hitler di Joachim Fest. Ma scuriosando nella fornitissima biblioteca di Castelnuovo mi sono imbattuto in un libro, "Storia del Terzo Reich", di tal Shirer, americano, che ha subito catturato il mio interesse. Oltre a costituire una mole di informazioni incredibili (oltre 1200 pagine), si tratta un'analisi "a caldo", essendo la prima edizione del libro del 1959, con tutti i limiti intrinseci dovuti a questo fatto. L'autore ha avuto modo di visionare personalmente documenti e materiale di prima mano, conversazioni private, interviste a coloro che hanno vissuto quegli anni; inoltre visse in Germania per un certo periodo negli anni Trenta.
La conferma di avere a che fare con un libro "storico" mi venne da mia madre che, appena lo vide, mi disse che quando lavorava a fine anni Sessanta in una libreria di via Porta degli Archi a Genova, ora scomparsa, lo vendeva moltissimo. Malgrado i limiti ovvi che un'opera simile ha, vista la mentalità retrò di chi scrive e il fatto che si parla di un libro apparso appena a dieci anni di distanza dai fatti, esso è assolutamente godibile. Ho divorato le prime 150 pagine in un baleno.
Come scrissi in quel post, non bisogna mai smettere di indagare e cercare di capire meglio. Shirer, in queste prime pagine, come fosse un ottimo didatta, stressa pesantemente un aspetto, citando fonti e riportando fatti, che non mi era mai capitato di vedere in modo così netto. Dovete sapere che Hitler tentò un primo colpo di Stato in Baviera nel 1923, una comica, se penso a come fu organizzato, passato alla storia come "il putsch della birreria", in seguito al quale Hitler fu imprigionato per sei mesi. Dopo questo flop e memore delle sue riflessioni risalenti a quando vagabondava a Vienna, il futuro dittatore concentrò tutte le sue forze a conquistare il potere in modo rigorosamente costituzionale. Non fu un caso, intendiamoci. Fu una manovra assolutamente calcolata, come dimostrano la condotta relativamente tranquilla che tenne nei dieci anni dopo il colpo di Stato fallito e molte sue dichiarazioni successive. Gli attacchi politici e fisici verso gli avversari e le imperdonabili negligenze dei governanti di allora sono nulla in confronto ai dati: su trentuno milioni di elettori, nel 1928 i nazisti ottennero solo 810.000 voti; nel 1930 i voti salirono a 6.409.600, rendendo il partito nazista il secondo partito del paese.
Importante sottolineare che la crisi del '29 contribuì certamente a mostrare il nuovo partito nazista come il salvatore della patria. Impossibile poi non ricordare la leggenda, che Hitler seppe sempre usare a proprio vantaggio, dei "criminali di novembre": la Grande Guerra era stata perduta nel novembre del '18 a causa di coloro che, dall'interno, pugnalarono alle spalle la Germania (?!). Inutile dire che per Hitler questi responsabili erano i marxisti, i socialisti e gli ebrei. Il tedesco medio visse sempre con una certa stizza questa faccenda di aver perduto la prima guerra mondiale. Unendo a questo il fatto che il '29 mise in ginocchio il paese, generando milioni di disoccupati, forse non dovrebbe sorprendere il dato sopra riportato.
Concludo. Sono particolarmente interessanti le seguenti righe di Hitler sul problema economico. Qui si esprimono insieme il suo antimarxismo e il suo anticapitalismo, una dicotomia davvero originale se giudicata con i metri odierni. Qui, in definitiva, si stabilisce un'alternativa sia al capitalismo democratico sia al marxismo, entrambi caratterizzati dall'ossessione del problema economico. Alternativa sconfitta durante la seconda guerra mondiale.
"Lo Stato non ha proprio nulla a che vedere con determinate teorie economiche o con determinati sviluppi commerciali. Lo Stato è un organismo razziale, non economico. La forza intima di uno Stato coincide rarissimamente con i cosiddetti apogei economici. Non sono le qualità materiali, ma le virtù ideali a contribuire alla formazione di uno Stato. Solo su queste premesse l'economia può fiorire. Ogni qualvolta l'economia diventò l'unico contenuto dell'esistenza del nostro popolo e soffocò le virtù ideali, lo Stato precipitò in rovina..."

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