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Qualcosa di terribile è capitato alla Terra. Ma non si scoprirà cosa. Gli alberi cadono, gli animali sono tutti morti, ci sono continui terremoti, non c’è sole, non c’è elettricità, le case sono distrutte e le città abbandonate, ascolti record per Porta a Porta. Qualcosa di ancor più terribile è capitato alle persone. I pochi ancora normali hanno poche opzioni: scegliere di morire spontaneamente o scappare (verso un Sud più utopico che reale), conservando se possibile una pallottola per evitare una morte dolorosa.
Ecco lo scenario di The Road, film che non a caso ha faticato tantissimo in Italia a trovare distribuzione, in cui un grande Viggo Mortensen è il papà senza nome che tenta di portare il figlio lontano dall’inverno e allo stesso tempo di preservarne, a tutti i costi, l’umanità.
Lo scenario in cui padre e figlio si muovono è quello già visto tante altre volte, ma, appunto, stavolta è solo lo scenario: la catastrofe è già successa diversi anni prima dell’inizio del film e viene soltanto vagamente intravista in un flashback, non importa la causa, solo l’effetto: che la vita umana è tornata al livello primitivo, alla lotta per la sopravvivenza.
Alcune scene sono estremamente pesanti, sia per immagini che per contenuto e per tre quarti siamo davanti ad un grandissimo film: il finale lascia inizialmente un po’ l’amaro in bocca, ma bisogna pensarci su. Senza spoilerare troppo, con grande merito dei realizzatori si arriva all’atto conclusivo pensando, anzi, quasi convinti, che possa accadere – e che sarebbe logico - qualcosa di mai visto in un film e invece – forse per fortuna – questo non accade. Sarebbe stato il finale perfetto oppure avrebbe reso il film eccessivamente deprimente? Chissà, ma è un grande risultato, vuol dire che il film ci ha trasmesso uno stato d’animo, ci ha fatto considerare plausibile un’idea oscenamente drammatica. Se il finale delude è perché offre troppa, immotivata speranza ad un personaggio apparentemente condannato, ma The Road non è SAW, non deve finire col cattivo che vince, è una storia che parla di uomini in lotta: è talmente terribile quello che si vede prima, che il finale appare lieto. Non lo è per niente.
Va detto che il libro finisce allo stesso modo, quindi non è stato alterato – nella sostanza – il significato. The Road è una storia su quello che rende gli uomini umani, allora va bene così: il legame affettivo è ciò che tiene insieme la coscienza e impedisce ad alcuni uomini sia di arrendersi sia trasformarsi in bestie cannibali, di lottare non solo per la sopravvivenza fisica ma anche per quella spirituale. L’altro lato della medaglia è che conservare la propria umanità significa anche essere sconvolti dai ricordi di una vita passata e felice, che bisogna abbandonare per sopravvivere, costringendosi a camminare su un confine quasi invisibile. Il destino del padre è necessariamente diverso da quello del figlio, che non sa cosa sia una Coca Cola e non ha mai visto volare gli uccelli. Nella mancanza di questi ricordi, paradossalmente, c’è l’impossibilità di arrendersi alla disperazione e il germe di un’altra umanità.
Viggo Mortensen conferma la sua duplice fisicità: diafano e fragile senza barba, incredibilmente affascinante e carismatico quando non si rade. La sua interpretazione è tutto il film: dalla commozione alla rabbia alla cattiveria, tutti gli stati d’animo passano nei suoi occhi mentre il suo personaggio lotta per non morire prima di aver insegnato tutto al figlio adolescente, persino come ci si spara. Il resto lo fa un mondo grigio e inospitale, sbiancato e morente, a metà tra la discarica di Wall-E e il post-atomico di Ken il Guerriero: le location sono fantastiche e realistiche (la CG è stata usata per togliere il verde), perfetto contrappunto iconografico di quello che accade nella storia, personaggio aggiunto in agguato contro Viggo e figlio.
The Road non è un film per tutti, ma contiene tutti gli elementi che il cinema non dovrebbe mai tralasciare, indipendentemente dal genere e dal tono del film, e pertanto lo consiglio vivamente.
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