The walking dead, il serial

C'era grande aspettativa, anche da parte del sottoscritto, per l'esordio dello zombie serial ispirato alla celebre graphic novel di Robert Kirkman. The walking dead è una di quelle rare saghe che piacciono anche a chi non ama l'horror, men che meno gli zombie. La bravura di Kirkman sta tutta nell'essere riuscito a confezionare una storia che si basa soprattutto sul lato umano ed emozionale dei protagonisti, abbandonando del tutto ogni aspetto pulp e trash, che invece sembra andare di moda nei più recenti zombie-movie.

Niente vaccate in stile Planet Terror (che personalmente odio), né action febbrile come in La Horde (che invece ho apprezzato), bensì molte atmosfere apocalittiche e un lavoro certosino sulla costruzione psicologica dei sopravvissuti, poco eroi, molto fallibili, incredibilmente realistici. Anyway, inutile ripetersi: se seguite questa tag troverete gli articoli in cui negli anni passati ho parlato della graphic novel.

E il serial?

Il trailer mi aveva favorevolmente impressionato. Era perfino riuscito a creare una certa hype, cosa che non mi succedeva da tempo, specialmente dopo le delusione degli ultimi film di Romero e di alcuni romanzi che attendevo da tempo immemore.

Dunque ho aspettato con un po' di trepidazione il debutto del lavoro di Frank Darabont, regista di ottimi lavori quali Il miglio verde, Le ali della libertà e The Mist. Un punto di partenza che, per dirla tutta, non è affatto male. Infatti l'esordio di The walking dead (I giorni andati) è buono. Molto molto buono.

Il lavoro di Kirkman è rispettato tanto nella sua filosofia quanto nella sua costruzione. Abbiamo innanzitutto un ritorno agli zombie “seri”, lenti e stralunati proposti dal 1968 in poi da George A. Romero. Creature più patetiche che spaventose, tranne quando le si incontra in gruppi numerosi. In quei casi, sì: fanno una paura boia.

Ancor prima di valutare la realizzazione dei morti viventi vale la pena spendere due parole sul mondo post-apocalisse secondo Darabont. Il regista ci mette di fronte a scenari desolati, fatti di molto silenzio, di tempo trascorso, di speranze perdute e di un futuro impossibile. L'agente di Polizia Rick Grimes che passeggia per strade vuote, assordato dal nulla che lo circonda, rende l'idea della Fine più di mille esplosioni o di fastidiose colonne sonore metal.

I giorni andati – primo capitolo di sei – è in realtà piuttosto lento, proprio come lo è l'albo d'esordio della graphic novel. Questo, si capisce, è un punto a favore del serial: Darabont non ha ceduto alla tentazione di infilare qualche paraculata scena action nella trama, limitandosi a seguire il “modello Kirkman”, e mostrando gli zombie poco a poco, nella loro derelitta mostruosità, fino ad arrivare alla scena finale, in un'Atlanta dove finalmente abbiamo le proporzioni visive di cosa significa avere il mondo invaso dai morti viventi.

Il mistero dei 15 minuti

Visto che siamo italiani non ci potevamo far mancare la polemica anche su The walking dead. A quanto ho visto e verificato coi miei occhi, esistono due versioni de I giorni andati. Quella trasmessa da Fox Italia ha una durata complessiva di 45 minuti (pubblicità esclusa), mentre la versione americana dura poco più di 60 minuti (pubblicità esclusa) e si prende più tempo, come immaginabile, per esplorare lo scenario postapocalittico. Cerca e ricerca, e saltano fuori due ipotesi:

A) La versione USA è in realtà un pre-air rubato e messo online in streaming;

B) La versione italiana (tagliata) è quella che che è stata distribuita a livello internazionale, Stati Uniti esclusi.

A quanto pare l'ipotesi B è quella più plausibile. Anzi, al 99% è quella vera, reale e confermata dalle fonti ufficiali. Ciò che mi sfugge è invece il motivo per cui è stata fatta questa differenziazione tra mercato interno ed esterno. Comunque, anche se non so se dovrei dirlo, i “puristi” potranno trovare I giorni andati – versione lunga – in lingua originale sottotitolata in italiano. Dove? Cercate nei siti di streaming... non è un'impresa impossibile.