THE WEDDING di Beth Fantaskey
CAPITOLO 11
L’oscurità senza fine dello squarcio lungo e stretto che si apre davanti a noi nella roccia, come una profonda ferita, mi fa indietreggiare di qualche passo.
Lucius, invece, rimane fermo dov’è. Senza proferire parola, entra per primo e io mi lascio guidare attraverso quell’apertura, così angusta che Lucius è costretto a chinarsi. Procediamo lentamente, sondando il terreno, perché non c’è nessuna speranza che i nostri occhi si abituino alle tenebre di quel passaggio sotterraneo.
Vorrei chiedergli perché non abbiamo portato con noi una torcia o una candela, ma qualcosa mi dice che è meglio tacere.
Ho paura… paura di rimanere imprigionata sotto terra, in un piccolo spazio, immersa in un’oscurità che quasi certamente cela creature che mi farebbero accapponare la pelle, se solo le vedessi alla luce del sole. Mi assalgono paure irrazionali, come quella che di colpo venga a mancarmi la terra sotto i piedi e un solo passo mi veda precipitare nel vuoto più assoluto. Ma allo stesso tempo sono emozionata e fiduciosa perché Lucius sa bene dove sta andando. All’improvviso Lucius si abbassa ancora di più e si volta verso di me, poi mi posa una mano sulla testa per proteggermi mentre attraversiamo un passaggio in cui rocce appuntite fuoriescono dal soffitto. «Fai attenzione» mormora. «Le rocce sono molto affilate in questo punto».
Eh sì, è chiaro che Lucius è già stato qui…
Superato il punto critico, sebbene ancora a capo chino, scorgo un lieve bagliore in lontananza e l’emozione inizia a salire, portando con sé un’altra buona dose di confusione. La luce trema come quella di una fiamma.
C’è forse qualcun altro qui dentro?
E noi siamo venuti per incontrarlo?
Non so se Lucius è sorpreso quanto me, perché non lo dà a vedere. Continua semplicemente a camminare lungo il corridoio che curva dolcemente, avanzando verso la luce, e i miei occhi finalmente riescono a cogliere qualche dettaglio dell’ambiente che ci circonda. Noto che le pareti del passaggio in cui ci troviamo sono abbastanza lisce e asciutte, e che quel luogo in realtà non è così minaccioso come me l’ero immaginato al buio. Sembra quasi ci sia lo zampino dell’uomo. Abbasso lo sguardo e anche il pavimento sembra esser stato pulito e liberato da sporcizia e ciottoli che avrebbero potuto farci inciampare. Persino l’aria, sebbene stantia, ha un odore speziato… come d’incenso. Faccio un respiro profondo, perché quell’odore mi ricorda vagamente il particolare profumo che da subito avevo associato a Lucius, quando eravamo ancora in America.
Faccio attenzione a mettere i piedi dove li mette lui, lasciando correre la punta delle dita della mano sulla parete rocciosa e chiedendomi se per caso Lucius non avesse scelto quel particolare profumo proprio perché gli ricordava quel luogo.
La luce aumenta e il cuore mi inizia a battere forte. Sto per vedere quello che molto probabilmente – non posso ancora esserne certa – sarà il luogo più significativo della mia vita…
Il soffitto si alza e le pareti si distanziano mano a mano che procediamo, così che anche Lucius riesce a raddrizzarsi, e all’ultimo momento, proprio mentre passiamo sotto a un supporto di legno grezzo che separa il corridoio da una sala, lui si porta al mio fianco per poi farsi da parte, così che possa precederlo, e mi dice con voce bassa e tono reverenziale: «Antanasia, questo è il luogo dove i nostri genitori ci promisero l’uno all’altra». Inizio ad addentrarmi in quella caverna oscura, illuminata solo da una fila di candele disposte su un tavolo di legno a mo’ di altare… e in quel momento avverto chiaramente la sensazione di essere già stata qui. La bambina, che nella mia mente vedo sollevata in aria come un’offerta votiva durante una cerimonia segreta, sono IO.
Ho sempre pensato a quella bambina come a un’estranea… non più reale di una bambola… e invece si trattava di ME, una persona in carne e ossa. I miei occhi avevano già visto tutto questo molto tempo prima. Forse mi avevano posata proprio su quel tavolo…
E Lucius…
Mi volto lentamente per guardarlo negli occhi e sul volto ha dipinto uno sguardo sereno e insieme solenne. Sa esattamente a cosa sto pensando. «Sì, Antanasia… Noi ci siamo DAVVERO incontrati qui, in QUESTO luogo, per la prima volta».
Si ferma all’ingresso della grotta per darmi il tempo di riprendermi da quella rivelazione, per lasciarmi ammirare ogni dettaglio e assaporare tutte le emozioni che mi stavano nascendo dentro di fronte a quel luogo che Lucius aveva a buon diritto definito sacro.
La caverna non è ampia ma, come il corridoio, è pulita e ordinata. Oltre al tavolo, ci sono delle panche di legno grezzo, come il supporto all’ingresso, disposte in fila, come in una scuola o una chiesa.
«Qui i nostri antenati prendevano le decisioni più importanti» m’informò Lucius, vedendo il mio sguardo vagare per la stanza. «Gli Anziani e i vampiri più saggi si radunavano qui per discutere e lo fanno ancora, quando si tratta di questioni delicate, di cui nessuno deve venire a conoscenza».
Noto che anche il suo sguardo vaga qua e là come se, parlandomene, rivedesse quel posto con occhi nuovi.
«Fungeva anche da rifugio, vero?» gli chiedo. «Durante le epurazioni…?» Un brivido mi attraversa la schiena e il freddo della caverna ha poco o nulla a che fare con esso. I nostri genitori erano stati distrutti durante l’ultima epurazione. Ce ne sarebbero state altre…? «Sì» dice Lucius confermando i miei sospetti, mentre entra nella sala con le mani dietro la schiena e il capo chino, come sempre fa quando diventa pensieroso. «Questo è sempre stato un porto sicuro. Ed è strettamente sorvegliato». Poi solleva lo sguardo per incontrare il mio e aggiunge: «La distruzione è la giusta punizione per i vampiri che rivelano l’esistenza di questo posto agli umani. E questa è una condanna senza alcuna possibilità di revoca. Nessuna pietà per i trasgressori».
Lo guardo mentre pronuncia con decisione quelle parole e, sebbene sappia di avere di fronte un sovrano in carne e ossa, non posso fare a meno di provare stupore – e una sottile sensazione di disagio – al pensiero che il vampiro capace di baciarmi con tenerezza infinita e che mi aveva appena posato una mano sulla testa per proteggermi, non avrebbe esitato a infliggere una pena tale.
L’insicurezza s’impadronisce di me. Sarò capace, come principessa, di punire i trasgressori? Potrei doverlo fare anche ORA, se un Dragomir non rispettasse il voto di segretezza? Guardo Lucius dritto negli occhi. Chissà se ha già dovuto rivestire il ruolo di giudice e punire qualcuno così spietatamente… Sto quasi per chiederglielo, ma cambio idea. Non voglio saperlo… non ora. Così decido di porgli un’altra domanda che mi preme molto. «Se questo è un nascondiglio sicuro, allora perché i nostri genitori…?»
Ma Lucius ha già iniziato a scuotere la testa. «Un sovrano non si “nasconde”, Antanasia» puntualizza. «Soprattutto se si tratta di sovrani come i nostri genitori. Come NOI. Re e regine non si precipitano a rifugiarsi nelle caverne, nemmeno se c’è in gioco l’esistenza». Deglutisco a fatica, con una sensazione di nausea allo stomaco, e non solo perché dubito di avere abbastanza coraggio da andare incontro alla distruzione ma anche perché Lucius ci appena definiti “re” e “regina”. Siamo solo principi ancora. Per lo meno io lo sono. Per diventare una regina vera e propria… dovrei… dovrei avere un BAMBINO, un erede al trono che porti a compimento in maniera inequivocabile l’ultima condizione del patto, l’unione fra i nostri due clan…
Guardo l’affascinante, potente vampiro che ho davanti, ancora incerta su come interpretare le mie sensazioni…
«Non fare quella faccia, Antanasia» mi dice lui accennando un sorriso mentre si avvicina. Poi mi prende le mani fra le sue e si china su di me, accostando la fronte alla mia e accarezzandomi le dita. «Ogni cosa a suo tempo, giusto?» mi sussurra avendo intuito come mi sento. «Non volevo spaventarti!»
Così, lentamente, i timori che mi avevano attanagliato svaniscono e rimaniamo in piedi al centro della stanza, in un piccolo cerchio di luce. Accetterei qualsiasi sorte – infliggendo punizioni e affrontando la distruzione, se necessario – anche solo per restare così, stretta a lui, per pochi istanti ancora. «Non ho paura» lo rassicuro.
«Sicura?» mi chiede portandosi le mie mani al petto, così che possa sentire il battito del suo cuore. Batte a un ritmo un po’ più veloce di quello quasi impercettibile a cui sono abituata, così sollevo lo sguardo per capire cosa possa averlo emozionato a tal punto.
Ha una luce diversa negli occhi, una specie di luccichio che mi dice che qualcosa d’importante sta per accadere. Qualcosa di più di una semplice visita nel luogo dove generazioni di vampiri rumeni avevano stipulato dei patti, dichiarato dei trattati e dove a volte si erano rifugiati per sfuggire alla persecuzione degli umani.
Con la coda dell’occhio vedo la fiamma delle candele tremare e ho la mia seconda rivelazione della serata.
Quei passi sulla montagna… non potevano che essere di una delle due guardie fidate di Lucius, che avendoci preceduto per preparare la caverna, stavano facendo ritorno a castello...
Il motivo per cui Lucius avesse scelto la notte, quando avremmo potuto benissimo venirci di giorno, era ancora un mistero per me.
Studio ancora una volta i suoi occhi misteriosi, desiderando come non mai di saper leggere nella sua mente con la stessa facilità con cui lui solitamente legge nella mia, e sentendo il suo cuore ancora battere forte, gli chiedo: «Lucius… Perché mi hai portato qui stanotte?». E la sua risposta… non è affatto quella che mi aspettavo.