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"Le elezioni sono sì amministrative ma hanno molta importanza politica. Dobbiamo vincere anche per confermare e sostenere il governo nazionale." Furono queste le parole pronunciate dal pensionato più potente d'Italia, lo scorso 12 maggio; sua fu anche la scelta di trasformare elezioni di rilevanza locale in un megafono, colossale, sulla sua figura. Una sconfitta così tremenda rende merito ad una semplice questione: l'Italia vuole andare oltreBerlusconi, oltre le buffonate quotidiane ed oltre gli orrendi toni a cui, da troppo tempo, siamo costretti ad assistere. A (quasi) nessuno importa più dei complotti (eventuali) di una magistratura contro lui solo, a (quasi) nessuno importa più di candidati al Consiglio Comunale che inneggiano a Brigate Rosse fuori da Procure. A (quasi) nessuno interessa la politica dello scontro continuo, del conflitto perenne sui politici prima che sui temi per immaginare uno Stato, una Regione, una città od un paese sul medio-lungo termine. In (quasi) nessuno è presente più quella fiducia sterminata nella politica del "ghe pensi mi", così come nell'allestimento di una squadra di calcio con investimenti ultra-milionari per rilancare l'azione politica. Qualcosa si è rotto, od almeno incrinato: è oggettivo affermarlo. Sia che ci sia bisogno di una sinistra stagna od aperta all'influenza di una moderazione, sia che ci sia bisogno di una destra lontana secoli luce da quella onlus ad-personam che tira a campare oggi. I ballottaggi confermeranno, forse, la tendenza comunque certificata da questi primi turni: il voto disgiunto che ha condotto De Magistris al secondo turno è un'altra netta ed opportuna distinzione sull'influenza esercitata dai partiti in una fase di Seconda Repubblica declinante. In una situazione di gravissima emergenza, è sincero ammettere che chiunque si sarebbe aspettato di perdere il capoluogo campano. L'essere arrivati al ballottaggio è un segnale forte, capace di confermare i coni d'ombra che aleggiano sul centrodestra locale. La scelta di trasformare queste elezioni in un confronto politico nazionale è stata fatta da chi, dati alla mano, ha fragorosamente perso una battaglia fondamentale per avvicinarsi alla vittoria della guerra(toni esasperati a parte, nds). L'esito di queste elezioni conferma, qualora servisse ribadirlo, la necessità prioritaria di avere un centrosinistra unito e compatto per defenestrare pensionati incollati a poltrone. Ne è convinto Giuseppe Civati, Consigliere Regionale della Lombardia: "Vince il Pd, vince il centrosinistra classico. Il cambiamento soprattutto al Nord va preso sul serio, il Pd e il centrosinistra devono sentire la responsabilità puntando su temi come l'innovazione e l'ambiente." C'è dunque bisogno di contaminazioni terzopoliste? E' davvero un'iniezione di moderazione che serve all'Italia in questa fase storica di ricostruzione prepotente da innescare? Sarà divertentissimo, tra qualche anno, vedere i sostenitori berlusconiani parlare di necessità di ricostruzione del Paese, dopo l'overdose di volgarità e banalità commessa dal Presidente del Consiglio: sarà, appunto, l'ennesimo calcio in faccia alla loro stessa dignità e coerenza. Da qualsiasi punto la si guardi, è verso la sinistra che l'Italia punta il dito per costruire qualcosa di nuovo e migliore. E' stato così da sempre, salvo che ora sembra avvicinarsi davvero il momento del tocca a noi. Saranno necessari, comunque, piani di aderenza a nuove forme di politica: maggiore attenzione ai programmi, con minor riguardo nei confronti di tutto ciò che è posti d'onore o poltrone ad-personamper soddisfare logiche di partito, comunque alle volte accettabili avere migliore governabilità. L'italiano medio ha sete di sinistra, così come chi al vertice avrà il dovere, ormai inderogabile, di esprimere una linea netta senza perdere troppo tempo ad attendere chi voglia ricostruire dalle fondamenta un'identità politica lontana, su certi temi, secoli-luce dalla nostra. Servirà, da parte di chi ha maggiore esperienza politica, cercare una linea politica per ritrovare un dialogo con chi ha scelto e da troppo sceglie di non votare. Su questa linea, invece, è opportuno fare una riflessione sul ruolo esercitato dal Movimento Cinque Stelle. Bollato da larga parte della politica come movimento di semplice anti-politica, sta continuando a crescere indisturbato: il quasi 10% conquistato a Bologna è un segnale da non lasciar passare invano. Ignorandone potenza e prepotenza si finirà per fare lo stesso gioco di chi, come Grillo, affermi che in Italia tutta la politica sia uguale e tutta la politica faccia schifo. Smentirsi per smentire quello che, forse sommariamente (ma non troppo, nds), denunciano. La presenza di Grillo sullo scenario politico nazionale non è causa, ma sintomo di un diffuso mal-essere della politica italiana. Il Sindaco uscente di Torino Sergio Chiamparino ribadisce con chiarezza la linea d'azione capace di smembrare i sospetti su questo grillismo inconsistente: "[...]non è un dato soprendente; i grillini rappresentano un elettorato rispettabile, critico." Nel panorama di una politica rinnovata e decontaminata dagli orrori berlusconiani servirà guardare con occhio critico a questo terzo polo nascente, politico ma anti-politico al tempo stesso. Ad elettori ed eletti del M5S servirà capire che, per migliorare un sistema, demolirlo interamente produce più danni che effetti positivi. Allo stesso modo bollare come uguali e vecchi tutti coloro che lottano su strade simili ma parallele alla loro non porterà a nulla. Ciò che conta, al margine di questi primi turni, è l'aver avvertito il primo soffio di questo vento del cambiamento. Citando gli Scorpions, servirà un "[...]vento del cambiamento/(che) soffi diritto in faccia al tempo/come una tempesta che suonerà la campana della libertà/per la pace della mente[...]" e dell'Italia intera. L'Italia ha già voltato pagina, da tempo: tocca alla politica nazionale percepire il cambio di marcia necessario ad imprimere una svolta.
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