Non mi ero fatta film o aspettative su questo Pitti.Dopo tre edizioni, ero pronta a vedere e ad aspettarmi di tutto. Non ho fatto volutamente piani, ho evitato caldamente il primo giorno, felice come una bambina perché finalmente quest’anno ci sarei andata con la mia migliore amica Eleonora.C’è chi si esalta pensando su quante testate finirà la sua foto perché a questo giro ha costruito un outfit amazing, io mi esalto perché posso condividere un amore sconfinato (quello per la moda!) con la persona che mi conosce meglio.Sono barbosa e banale, lo so, ma che vi aspettavate? Mica sono un’influencer!
Ore 12 circa arriviamo alla Fortezza da Basso, in barba a voi che vi siete svegliati all’alba per stalkerare più fotografi possibile. Mi avvio al desk per ritirare il mio pass e la tizia è scazzata ancor prima che apra bocca.Figlia mia che colpa ne ho se quest’anno l’amministrazione se ne è infischiata di procurarti il triplo del lavoro pur di risparmiare su francobolli e buste?“Che vuoi?” “Ehm..devo ritirare il mio pass! Sono già accreditata alla manifestazione!” “Nome?” “Greta Miliani?” - scandisco bene, pregando che non mi abbiano ribattezzata Milani come al solito causandomi problemi -. “Miliani…ah, sei blogger?” “Sì!” "Mmm...un attimo."Spero vivamente di essermi immaginata la faccia schifata e satura della tizia solo nella mia testa. Prendo il mio pass - dato senza troppo entusiasmo - e raggiungo la mia migliore amica, che si sta accreditando come nuovo visitatore/buyer.Un altro clima: gente cordiale, sorridente e zelante. In trenta secondi la accreditano, le chiedono se vuole la mappa della fiera e le regalano la guida della manifestazione. Un caffè magari... Noi blogger siamo così repellenti? No dai, è stato un caso. Andrà meglio dentro!
Entriamo e c’è un attimo di panico: siccome io sono
Li guardo e il disappunto cresce in me: il posto è il solito, la barba e il cappello sono i soliti, l'outfit è il solito. Ad essere cambiate sono solo le temperature. Ma che vuoi che sia portare un completo sartoriale, con tanto di gilet, cravatta e mocassino con 30°?Chiariamoci: a me la routine dà un certo senso di sicurezza. Ho le stesse abitudini da anni e al solo pensiero di stravolgerle, mi prende male, però con la moda, con i vestiti, è tutta un'altra storia.Ok, Pitti è celebre per gli uomini dandy, i completi sartoriali, i calzini cool abbinati a cravatte e pochette da taschino e a me, vi dirò, questo stile piace e anche parecchio. Potremmo quasi azzardare che l'uomo-Pitti è il mio uomo ideale in tutto e per tutto (estetica e abbigliamento), poco importa se poi mi ritrovo a sbavare su tipini come Rick Genest, James Edward Quaintance e Bradley Soileau.Solo che in quel momento il mio cervello si è rifiutato: penso a me che, nonostante la gonna che mi permette l'areazione delle gambe e il top sbracciato, sto sudando come un porco (poco bello da vedere in una donna), mentre questi se ne stanno impassibili vestiti di strati di paisley e jaquard.È un po' come quelle tipe che girano con le gambe livide a Milano d'inverno "perché anche se ci sono 0 gradi, le calze sono unfashion, specialmente durante la Fashion Week."Fisso gli uomini seduti sul muretto, sforzandomi di ammirare il modo stoico con cui restano intatti, non si sciolgono e non sudano (forse Geox ora brevetta anche pelle umana traspirante, deve essermi sfuggito!), ma per quanto mi impegni, il mio pensiero va alla giungla di funghi che si sta formando dentro le loro scarpe. Se cerco meglio, mi sa che trovo anche i Puffi.
Tutti questi pensieri durano giusto il tempo di salutare alcuni cari amici e mi dirigo nel padiglione di Pitti W, perché a me fondamentalmente interessano le collezioni donna.Io e la mia amica ci avviciniamo agli stand che catturano la nostra attenzione, ci perdiamo in (sinceri) “awwww” “woooow” ohhhh” e vediamo mille sorrisi. Mi convinco che l’episodio all’ingresso accrediti sia stato un caso isolato, probabilmente la tipa era davvero scazzata per motivi suoi.Poi i pr si avvicinano ed è un interminabile dejà vu: “Cosa siete?” “Siamo blogger!” “Ah…” “Complimenti per la collezione, è stupenda!” “Grazie.” “Possiamo fare foto?” “No, siete blogger..l’azienda/il mio capo non lo permette!”.Le motivazioni dei pochi che acconsentono a farci scattare, se possibile, feriscono ancora più dei no: “Fatele le foto e mi raccomando fatemelo il post! Già che voi fashion blogger siete abbastanza inutili…”Lasciate perdere colori di Pantone e pattern cool: il vero trend per la prossima stagione è “Schifa il blogger!”All’ennesima pr che ci accoglie con “Cosa siete?” (cosa siete? Esseri umani? Prontooo!) sto per sbottare. Fisso la pr: il silenzio è denso e il disagio si taglia con coltelli, asce e accette. Leggo nei suoi occhi 'Ti prego non dire blogger!' e io vedo la sua testa tramutarsi in una bomba a orologeria come nei cartoni animati.Poi alla mia migliore amica viene l’ideona che svolta la giornata: “Entrambe abbiamo un blog, ma lei lavora anche per un negozio!”Parola magica: negozio. Neanche un Apriti, sesamo! avrebbe funzionato meglio. Vedo i nervi della pr sciogliersi, i muscoli distendersi, il sorriso addolcirsi e la ruga sulla fronte sparire.Improvvisamente sono tutti disponibili a spiegare la collezione, certo che potete fare foto!, ci ritroviamo piene di bigliettini da visita, il loro zelo è da Nobel e quando proprio non si possono fare foto perché il boss è antipatico, c’è pure chi mi guarda con espressione del tipo “Se vuoi, per scusarmi, puoi schiacciarmi il mignolino del piede!”
Usciamo dal padiglione di Pitti W, che neanche la disfatta di Caporetto, con un pensiero fisso: cibo. Padiglione centrale – panino no aiuto – gelato yay!Dico solo: yogurt e lime. Uno dei gusti più buoni che abbia mai mangiato. Le papille gustative ballavano probabilmente al ritmo della canzoncina del Pitti pink pong (che io non ho sentito, ma voi mi assicurate fosse tremenda, di quelle che entrano in testa e ci restano troppo!). Se non fosse stato per la fila chilometrica, probabilmente mi sarei concessa il bis.Il pomeriggio è volato: lo abbiamo concesso ai giovani designer, solo a quelli che ci piacevano ed erano disponibili. Tutti gli altri depennati.Ok, In Moda Veritas non sarà Vogue.it, ma comunque il mio lavoro lo svolgo con professionalità. Se tu mi ritieni abbastanza repellente da rifiutarmi, io posso essere abbastanza snob da pensare: Nessuna disponibilità? Bene, niente post! Se puoi sopravvivere tu, io di certo posso vivere ancora meglio!A mali estremi, estremi vaffanculo.
Il caldo estenuante mi convince a concedermi un ghiacciolo alla menta. Mentre tento - invano - di essere più veloce del ghiacciolo (che con 30° proprio non voleva saperne di non sciogliersi!), mi soffermo a guardare i ragazzi del muretto, sempre lì, perfetti alle 17 come alle 9 del mattino, e penso a questo strano Pitti.Il problema del famoso fashion circus descritto da Suzy Menkes non siamo noi blogger, che veniamo schifati come lebbrosi per colpa di qualche stra-top-chiteseincula influencer e della sua schiera di bloggerini wannabe-top. Il problema sono giornalisti, dj, socialite e per lo più la gente annoiata che vive la moda solo ed esclusivamente come un momento per farsi scattare una foto, quasi che da quell'immagine divulgata online dipendesse la loro vita o chissà quale destino del mondo.Di vero, di spontaneo, di passionale è rimasto ben poco: Pitti era le celebrazione della moda, ora è 1, 10, 100 uomini inamidati che danno appuntamento a 1, 10, 100 fotografi al solito posto per la solita foto. Personaggi contenti, fotografi pagati e gallery delle riviste traboccanti di foto. Stessi soggetti e stessi look, però ci sono e questo basta. Almeno a loro.Pitti è un po' come la Milano Fashion Week, insomma. Tutto il mondo è paese. Aiuto.
Io, nonostante le mani appiccicaticce e la bocca impiastricciata di ghiacciolo, con le caviglie gonfie, il trucco colato e l'outfit normale, penso di aver dimostrato e mantenuto una dignità umana e un’integrità professionale. Se gli altri vogliono continuare a schifare la parola con la B, facciano pure. Il problema è il generalizzare senza cognizione di causa, non i blogger. Capiamolo una volta per tutte!Da questo Pitti ho imparato che l’abito non sempre fa il monaco, ma spesso è così e se noti l’abito, ma non chi lo indossa, vuol dire che c’è ben poco da vedere.
Voi tenetevi i vostri mocassini e le vostre micosi. Io mi tengo un’esperienza e la mia migliore amica.
P.S. ovviamente e per fortuna ci sono state piacevoli eccezioni. Di queste leggerete sul blog. Gli altri erano così preoccupati che potessi copiargli la collezione da non accorgersi che io, guardinga, col cervello che girava a mille, stavo pensando a chi si erano “liberamente ispirati”. Se non altro vi hanno risparmiato un susseguirsi di “Già visto, già fatto, già pensato!”. Ringraziateli!
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