Trovato solo in inglese… Brazier è un triatleta professionista che, dopo aver provato tutti i tipi di diete immaginabili allo scopo di migliorare le sue prestazioni sportive, ha scoperto l’alimentazione vegana (in gran parte crudista), e ha deciso che è la migliore.
Le nozioni di base sono sempre le stesse, ma questo libro parte con una lunga introduzione sullo stress, in particolare lo stress a cui sottoponiamo il nostro corpo quando lo costringiamo a digerire certi alimenti.
Siccome allo stesso tempo sto leggendo anche “The starch solution” del dr. McDougall (anche questo in inglese, cavoli, e per di più in E-Book, perché costava molto meno del cartaceo: editoria italiana, possiamo svegliarci per favore?), mi ha colpito la piramide alimentare di Brazier.
Entrambi sono per un’alimentazione vegana, ma mentre il dott. McDougall mette alla base della piramide i cibi a base di amido (cereali, patate, vegetali amidacei ecc…), brazier ci mette i vegetali (“fibrous” li chiama: ma i vegetali non contengono tutti fibre?), lasciando i carboidrati amidacei alla punta della piramide, cioè come alimenti da consumare ogni tanto.
Invece, Brazier è un fan scatenato degli pseudocereali (amaranto e quinoa in primis, che comunque sono amidacei, sbaglio?), e ammette gli oli aggiunti, se pressati a freddo e di un certo tipo, cosa che McDougall preferisce sconsigliare.
Brazier ha una posizione più vicina a quella del dottor Fuhrman e alla sua dieta nutritariana, con qualche eccezione.
Tutte queste differenze tra diete a base vegana mi convincono sempre di più che dell’alimentazione ne sappiamo davvero poco. Tutti questi professionisti hanno ottenuto dei risultati (dimagrimento, protezione da certe malattie, miglior umore, rallentamento dell’invecchiamento…), ma sono solo i dettagli a cambiare. Non possiamo dire “elimina i grassi” oppure “non mangiare patate” se queste affermazioni sono scollegate dallo schema generale dell’alimentazione e dello stile di vita di una persona.