Svezzamento
Nei 9 mesi in cui aspettavo Cecilia ho letto diversi libri, riviste e articoli sui bimbi: educazione, massaggi, emozioni positive, ninne nanne, e chi più ne ha più ne metta, ma non mi ero assolutamente preoccupata di iniziare ad informarmi sullo svezzamento.
Tra me e me pensavo quello che il passa parola comune tramanda: “la allatterò fino a sei mesi, e poi inizieremo con le pappine”. Certo già pensavo che avrei voluto preparare tutto in casa, ma nella mia ignoranza totale sull’argomento pensavo che da un giorno all’altro un esserino nutrito solo a latte materno fosse pronto a passare a un’alimentazione di sole sbobbe e brodini.
Una volta nata ero così presa da tutto il resto che ho continuato a gongolarmi nel mio non sapere.
Alle porte di questi fatidici sei mesi il mio pediatra mi consegna 4 fotocopie promosse dalla Regione con alcune regole per lo svezzamento che bene o male si potevano riassumere così: tutta la famiglia deve mangiare lo stesso menù, dare tutto da subito al piccolo, a patto che sia sano e poco condito. Il pediatra mi spiegò poi che da un recente studio fatto sembra che con più cibi entra in contatto il pancino del bimbo fin da subito, più familiarità avrà con gli alimenti stessi e quindi meno possibilità di intolleranze avrà.
Lì per lì ero un po’ confusa, insomma il pensiero di mettere Cecilia davanti a un risotto di verdure fumante, sì biologico e poco condito, non mi convinceva molto. Più che altro pensavo non l’avrebbe mangiato.
Ancora piena di dubbi inizio a leggere, informarmi, frequento un corso, e finalmente inizio ad avere le idee un po’ più chiare.
In linea di massima i tre tipi di svezzamento attualmente più diffusi sono quello classico (che probabilmente hanno seguito le nostre mamme con noi), l’autosvezzamento, e lo svezzamento naturale.
Lo svezzamento classico consiste nel sostituire pasti di latte con pasti di pappe dolci o salate, introducendo gradualmente i cibi in base a tabelle formulate per evitare l’insorgenza di intolleranze alimentari basandosi sul fatto che se un cibo viene proposto troppo presto potrebbe dare allergie bimbo.
L’autosvezzamento invece consiste nel fare partecipare il bambino ai pasti degli adulti, facendogli assaggiare, solo se interessato, il cibo che i genitori stanno mangiando. L'alimento principale resta il latte, non vengono eliminate poppate, ma si lascia che il bambino cerchi o meno il latte in base alla sazietà che ha raggiunto durante il pasto con i genitori.
Il terzo tipo invece, chiamato svezzamento naturale, consiste nel dare cibi al bambino in base al sua crescita: i tempi vengono indicati dalle normali tappe di sviluppo psico-fisico del lattante (ad esempio l'assunzione della posizione seduta, la capacità di afferrare e manipolare gli oggetti, l'eruzione del primo dente e l'ordine progressivo della dentizione).
Ho scartato lo svezzamento classico perché, tabelle nutrizionali alla mano, apporta una quantità di proteine troppo elevata. E anche se è vero che i bambini necessitano di una maggiore quantità di proteine rispetto agli adulti (in proporzione rispetto al loro peso, quindi la quantità effettiva è comunque minore rispetto al nostra eh), è anche vero che l'eccesso di proteine è una delle principali cause di quelle che vengono chiamate oggi malattie del benessere.
Perciò ho iniziato ad informarmi meglio sull’autosvezzamento, che poi era quello consigliato dal mio e da quasi tutti i pediatri delle mie amiche. Ecco secondo me sull’autosvezzamento c’è una confusione mostruosa.
Buona parte di questa confusione viene dal fatto che ci viene insegnato a noi mamme che il nemico principale dello svezzamento siano le intolleranze alimentari. Credo che questa paura sia stata inculcata alle nostre mamme, e tramandata a noi involontariamente. In realtà penso che, a meno che di casi di intolleranza a cibi in famiglia, credo ci dovremmo preoccupare di più di quando proporre un cibo a un bambino in modo che lui lo digerisca e lo assimili bene, più che alla remota possibilità che possa svilupparne un’intolleranza o un’allergia.
Ho visto mamme dare patatine fritte a bambini di 10 mesi “perché il loro pediatra gli aveva consigliato di dargli tutto e subito”.
Giuro! Con questa filosofia conosco mamme che danno cioccolata, pandori, panettoni e che usano enormi quantità di sale, e poi si stupiscono perché i loro figli non mangiano le verdure!
Ho sentito spesso dire che l’autosvezzamento si rifà allo svezzamento che si utilizzava prima della seconda guerra mondiale, prima dell’avvento degli omogeneizzati e dell’industria che gli gira intorno. Ecco secondo me l’idea probabilmente era quella, ma la pratica è totalmente differente! Credo che chiunque possa rendersi conto che la qualità del cibo che veniva portato sulle tavole settant’anni fa sia completamente diversa dalla qualità del cibo reperibile oggi.
A quel tempo il biologico non esisteva, perché tutto più o meno era biologico. Frutta e verdura non avevano veleni e anticrittogamici, gli animali non erano chiusi in piccoli spazi, non gli si davano antibiotici e altre schifezze per farli crescere in fretta, le uova erano quelle della propria gallina, o della signora che abitava in campagna, non di una gallina rinchiusa in una gabbia grande come un foglio A4.
E non solo la qualità del cibo era diversa, ma anche il tipo. La carne si mangiava poco e raramente, si prediligevano i legumi (la carne dei poveri no!?) e i cereali. Insomma si mangiavano pochi alimenti di origine animale, ma buoni!
Io credo che i pediatri di oggi consiglio l’autosvezzamento nella speranza che le famiglie italiane imparino a mettere in tavola cibi più sani e nutrizionalmente più completi.
La paura che ho io è però che oggi abbiamo così poco tempo e così tante brutte abitudini a tavola che invece di migliorarle, rischiamo di insegnarle ai figli.
Per questo ho deciso di fare ricadere la mia scelta tra un incrocio tra l’autosvezzamento e lo svezzamento naturale!
Mi affido più che altro al secondo per scegliere cosa dare da mangiare a Cecilia, e al primo sul come!
Bambini a tavola che mangiano con i genitori, cucchiaino e ciotolina al pupo con uno o due cucchiai di pappa in modo che possa iniziare a prendere confidenza col cibo e (ogni tanto) riesca a mangiarlo da solo, mentre la mamma lo aiuta a mangiare, ma mi raccomando senza mai mai mai forzarli a mangiare.
Quindi che lo svezzamento che mi ha convinto di più è quello naturale, forse perché è quello che ha saputo darmi delle motivazione scientifiche esaustive.
La filosofia principale di questo svezzamento è infatti che i bisogni di un essere umano seguano i tempi di sviluppo e maturazione dell'organismo umano.
Questi tempi sono facilmente constatabile con la semplice osservazione del bambino e trovano conferma scientifica nello studio delle tappe di maturazione funzionale e biochimica dei vari organi e apparati, soprattutto di quelli deputati alla digestione, all'assimilazione dei nutrienti e all'eliminazione dei prodotti catabolici o di scarto (leggi pupù).
Così come ci sono bambini che iniziano a camminare a 10 mesi, e altri a 14, così ci sono bimbi che iniziano a mangiare cereali a 6 e altri a 12.
E così come non vi sognereste mai di forzare a camminare un bimbo di un anno che non è ancora pronto per farlo, così non dobbiamo forzare un bambino a mangiare perché evidentemente non è pronto.
Che cosa rende pronto un bambino a camminare? Lo sviluppo avvenuto della muscolatura del corpo per esempio.
Che cosa rende pronto un bambino a iniziare a mangiare? Il tenere la testa dritta e sapere stare seduto, il potere prendere in mano un oggetto, e i primi due dentini.
Altra cosa importantissima da non dimenticare, è quanto continui ad essere importante il latte anche dopo questi fatidici sei mesi.
Perciò anche se il vostro bimbo sembra essere precoce ed mangia volentieri, non abbiate fretta di togliergli questo prezioso nutrimento! [Per approfondire potete leggere qui e qui!]
Sullo svezzamento naturale ho seguito un corso a Rimini, a chi interessano i miei appunti può trovarli qui.