le sorelline
salgono prima di piazza savonarola, (“ma voi bruciate la gente e poi gli fate le statue? eh sì, capita”-dialogo fra me e yannick passando un giorno da lì) sono sorelle, credo, perchè si assomigliano molto, solo la più piccola è bionda e l’altra, più grande è mora.
sono bellissime, degne rappresentanti delle loro età e perfino dell’essere sorelle.
piccole donne, che vanno alle elementari, ma già donne, dalla nascita, per una questione di doppio cromosoma X che ti rende donna da quando nasci a quando muori, donna non si diventa, donna si nasce, e donna si resta tutta la vita.
la bionda ha un caschetto, il cerchietto nei capelli dal quale scappano furbi quelli più corti e sottili, un viso d’angelo, gli occhi chiari e la bocca sorridente, anche se sono le sette e mezzo di mattina.
ha un violino dentro una custodia che porta in spalla, il grembiule blu che spunta dal giacchetto rosso e delle scarpette da ginnastica bianche, forse è in seconda elementare, forse addirittura in prima.
la sorella non è molto più grande in termini assoluti, me le immagino entrambe trentenni a bere un té a casa di una o dell’altra e a chiacchierare ridendo di uomini (così facciamo noi, sapete? quando siamo sole si parla di uomini e si ride, tanto) ma adesso quei tre o quattro anni la rendono “la sorella grande”, non “la più grande” in senso relativo, no, “quella grande” in senso assoluto. la responsabile, la saggia, la forte.
infatti porta il suo zaino alle spalle e quello della sorellina, che ha le spalle occupate dal violino, in mano.
lo zaino è nero, ma alle cerniere ha attaccato tanti scoobydoo colorati, che un po’ le invidio, una volta li facevo anche io.
salgono quando non c’è più posto a sedere e così si aggrappano con mani minuscole ai pali verdi dell’autobus, resistendo alle buche, alle curve e alle frenate come piccoli marinai in mezzo ai marosi.
vanno a scuola e un pochino vado a scuola con loro anche io.