Dicevamo per l'appunto riguardo ai pezzi di vita inglesi trapiantati qui in Italia alla velocità di un oretta scarsa. Gli ultimi tasselli di questo pesante (più di 30 kg di bagagli:-) mosaico sono state le fotografie e tra di esse sono spuntate quelle dell'unico one-day-trip che abbiamo fatto: Brighton.
Fine giugno, giornata caldissima anche per noi italiani, città semi-vuota, la vecchia abitudine universitaria di percorrere nella bella stagione la Parma-La Spezia per sbucare nella meravigliosa Lerici appena due ore dopo: pochi (nostalgici) elementi che ci hanno convinto a voler vedere un po' di "mare inglese" e farci un'idea di cosa fosse l'Inghilterra fuori da Londra.Brighton. Esci dalla stazione e ti sembra di essere a S.Francisco, tutto un sali e scendi di colline che portano all'oceano, atmosfera molto freak, universitaria, disimpegnata. Arrivi nel piccolo centro storico dove per una volta ringrazi il cielo di non vedere la solita parata di Eat!, Pret a manger, Starbucks e Costa e invece assapori i piccoli negozietti e caffetterie che qui incredibilmente resistono ancora, poi noti i numerosi negozi vintage ed il primo supermercato bio inglese (aperto addirittura negli anni '70!). Il posto ci piace, ha una sua anima, forse un pò caricata ma comunque ce l'ha. Passiamo oltre il famoso Royal Pavillion e ci ritroviamo in una piazzetta dal sapore molto francese per scivolare poi in una piccola via che porta al lungomare (o lungoceano?!) dove ci sarebbe dovuto essere il posticino che avevamo scelto per pranzare: uno dei più vecchi ristoranti veg della città, consigliato in tutte le guide e blog inglesi: Terre à Terre. L'inizio non è facile, il menu è complicatissimo: i piatti sono composti da una miriade diversa di ingredienti, i quali a loro volta sono del tutto sconosciuti, anche con l'aiuto del dizionario gastronomico non ne veniamo fuori. Pazienza, ci butteremo più o meno a caso, mangeremo cose sconosciute e ci arrovelleremo il cervello tutto il giorno su quella strana radice/foglia/spezia:-)
Il risultato ha superato le nostra aspettative: uno stranissimo röstisu latte di cocco sormontato da lenticchie rosse in umido e halloumi fritto per me, un piatto quadricomposto per l'altra food blogger con un tripudio di chutney, intingoli, lenticchie e focaccine. Tutto stranissimo, molto speziato ma assolutamente buono.La scelta dei dolci ci appare subito più semplice e io mi innamoro all'istante di un dolcetto di pistacchi all'acqua ai fiori d'arancio, con albicocche al cardamomo e bicchierino di caffè aromatizzato al medesimo. Mai scelta fu più felice:-)
All'uscita ci dirigiamo verso il lungomare, dove rimaniamo basite: la Brighton appena descritta non esiste più, la sua anima si deve essere rintanata in quel dedalo di viuzze dopo essere stata sconfitta da un turismo di massa che vuole un Mc Donald's anche a bordo spiaggia. D'improvviso la gente è tutta in sovrappeso, l'odore nauseabondo di fritto si mescola con quello di caramello creando un mix micidiale, una sorta di odore alza-colesterolo e glicemia. Il nostro sguardo intercetta il Pier, il vecchio pontile in stile liberty ora adibito a parco giochi, esempio brillante di come abbruttire il passato. Il Pier però ha un vantaggio: è abbastanza lungo per regalare una buona panoramica della "marina di Brighton" e farsi così un'idea dell'insieme.Ebbene l'insieme è piuttosto sciatto, decine di palazzi dalla facciata scrostata e molti chiaramente in rovina, corona il tutto un traffico da tangenziale di Milano sul lungomare.Mah. Descritta come la perla delle località marittime dell'Inghilterra, ci aspettavamo qualcosa di veramente speciale o quantomeno una pulizia e cura degne del "luogo preferito dei Londinesi dove avere una seconda casa" (Lonely Planet).Finita la cronaca del nostro unico giretto fuori Londra, ecco la parte dei "tips" ovvero dei consigli/trucchetti per chi invece si appresta a fare quello che noi abbiamo appena fatto: passare (more or less) un anno in Inghilterra.
- Alloggio: Noi non l'avevamo capito così bene quindi mi sento un pò in dovere di ribadirlo: cercare casa a Londra vuol dire essere disposti o a vivere con gente che non conoscete e condividere potenzialmente tutto (camera, bagno e cucina) o altrimenti spendere moltissimo e rivolgersi ad una agenzia. La quale vi chiederà l'affitto anticipato di un anno intero a meno che non abbiate già un contratto di lavoro in Inghilterra e anche a questa condizione non è detto che vi considerino più di tanto. Insomma sarà la parte più difficile dell'avventura, dimenticatevi le vostre condizioni di igiene, ordine e pulizia, preparatevi a moquette in bagno e cucine mai pulite in vent'anni. Per molti l'idea della condivisione è eccitante ad altri terrorizza, per tutti, non sopravvalutatevi troppo: la città è difficile, la lingua è spesso incomprensibile e se anche quando tornate a casa non trovate niente come l'avevate lasciato e tutte le pulizie da rifare potrebbe diventare ben presto un incubo più che una esperienza. Ovvio serve anche questo, ma quando si è là tutto è diverso e si è molto meno comprensivi verso le asprezze della vita:-)
- Lavoro: se siete cuochi e camerieri no problem, la città pullula di richieste. Per tutti gli altri che vorrebbero fare magari la commessa o coltivano il sogno di lavorare al Borough Market, bè ecco, come dire, lasciate perdere. Nessun datore di lavoro vi prenderà in considerazione se non avete già delle pluri esperienze come commesso o venditore in UK e poi preferiscono prendere degli inglesi per essere sicuri dell'aspetto linguistico. Iniziate da dove lo fanno tutti ovvero dalle catene di caffetterie per poi magari passare a catene di vestiario e così dicendo. A mio avviso è l'unico modo per non perdere troppo tempo.
- NIN: il codice fiscale inglese si ottiene facilmente con un contratto di lavoro in mano molto difficilmente in caso contrario. Dovrete chiamare un numero dove vi faranno poche semplici domande, vi prenderanno appuntamento in un job center dove con il contratto in mano, il passaporto ed una proof of address vi assegneranno il famoso NIN, che poi vi arriverà per posta qualche giorno dopo. Ovviamente tutto gratis:-)
- Conto in banca: Barclays. Andate lì non prendete nemmeno in considerazione le altre banche, servono veramente solo 10 minuti ed il conto è gratuito. Vi richiedono il passaporto e la solita proof of address (altro non è che una lettera ricevuta a casa riportante il vostro nome, non vale quella della mamma dall'Italia:-), sono disponibilissimi e sono quelli che vi faranno meno storie di tutti gli altri (un'altra banca a me aveva chiesto addirittura un estratto conto italiano tradotto in inglese!).
- Spesa: Non è vero che in Inghilterra non ci sia cibo buono e italiano, c'è tutto, solo che lo strapagherete:-) Il supermercato Waitrose è quello che più si avvicina ai nostri standard, troverete persino la pasta Cocco e la passata bio, ovviamente non aspettatevi lo scontrino della Coop. Il modo migliore per approvigionarvi è quello di frequentare i farmer's market: il più grande è a Marylebone, ma quasi ogni quartiere ne ha uno, per le info qui. Per alcuni generi come il Parmigiano il mio consiglio è di portarvelo da casa, là costa ovunque più del doppio, e come si fa a starne senza?!