Recensione a cura di J.A.
Tra i candidati all’edizione 2014 del Premio Strega troviamo To jest di Fabio Izzo, un romanzo pubblicato dalla casa editrice Il Foglio che, tra le sue pagine, cela collegamenti, substrati e chiavi di lettura che si sovrappongono e si intrecciano. Questo coraggioso volume si muove in controtendenza rispetto alla propensione di una certa letteratura moderna a spiegare tutto di sé al pubblico, quasi per rassicurarlo ed eliminare le difficoltà derivanti da un approccio indirizzato verso l’approfondimento. Le suggestioni che si fondono in To jest sono molteplici e apparentemente distanti da loro: il quadro Le due scimmie di Bruegel, una poesia di Wislawa Szymborska che prende spunto proprio da quella tela, una fotografia rubata dal protagonista, Piero Primo, che ritrae una scimmia che preleva al bancomat, il passaggio dalle immagini alla letteratura che il protagonista compie grazie alla personificazione onirica dello scrittore polacco Bruno Schulz. Izzo utilizza questi elementi come i vagoni di un treno ideale, legati l’uno all’altro in sequenza, sul quale fa accomodare il lettore e lo conduce in un viaggio spesso surreale.
Bruegel dipinse il quadro Le due scimmie nella seconda metà del 1500. Secondo quanto riportano le cronache dell’epoca, il suo gallerista e mercante, una volta gettato lo sguardo sulla tela che mostrava due animali incatenati che osservavano il mare, chiese al pittore se pensava davvero che avrebbe potuto vendere un’opera così lontana dai gusti del pubblico dell’epoca. Eppure, in quel quadro per lungo tempo ignorato e bistrattato dal pubblico e dalla critica, si celava una sintesi profonda e dissacrante della condizione che affligge l’uomo.
Questo concetto venne ripreso da Wislawa Szymborska nella sua poesia Le due scimmie di Bruegel.
Ma, al di là della rappresentazione della condizione in cui versa l’uomo, la poetessa polacca
sottolinea l’oppressione a cui è costretto il suo popolo sotto il giogo dell’influenza sovietica. Il
ruolo del poeta diviene in questo modo fortemente sociale e abbandona la sfera intimistica a cui abitualmente lo releghiamo.
Piero Primo fonde queste suggestioni grazie a un unico gesto, quello di una mano che immortala una scimmia di fronte al bancomat. L’animale imita l’uomo senza sapere cosa, in realtà, stia facendo: si limita a replicare un’azione e attende, per questo, di essere premiata. Quell’immagine rappresenta, per il suo autore, la sintesi di una palese critica verso la nostra società, che trasforma i suoi membri in ridicole imitazioni dell’uomo, esseri mossi dalla ricerca del denaro e del potere che sempre più si allontanano dal concetto di umanità.
Mentre nei precedenti romanzi di Izzo i protagonisti non apprendono dalle vicende che li
coinvolgono e non riescono a elevare la propria condizione, To jest è, almeno per quanto riguarda Piero, un romanzo di formazione. La consapevolezza sociale della posizione di fama e ricchezza che ha raggiunto lo spinge a rifuggire da un meccanismo di continuo accumulo a favore di se stesso, ma a rivolgere verso gli altri le proprie energie: Piero va alla mostra di fotografie di Laura proprio per attirare l’attenzione del pubblico su di lei; fa lo stesso vestendo i colori della squadra di calcio del suo paese; viaggia in treno per essere vicino al territorio in cui ha lasciato le proprie radici.
Quello che lo muove è una sorta di filosofia etica che passa per la consapevolezza del ruolo che un suo gesto può avere, in termini di opportunità, per chi lo circonda.
Seppure retto da queste premesse, To jest non è un romanzo buonista: la condizione dell’uomo è tristemente delineata. Se il protagonista maschile indica, con le sue azioni, una possibile via d’uscita, la sua figura sembra emergere per contrasto da una società che presenta i mali che tutti le attribuiamo (avarizia, egoismo, massificazione, lussuria, ecc.) ma che nessuno di noi ha la forza di combattere, né singolarmente né tanto meno unendo le forze per un impegno condiviso e sociale.
To Jest – Fabio Izzo (Edizioni Il Foglio 2014)
ISBN 97888760648821