Una cosa emerge dall’inchiesta doping post Tour ’98: Ullrich era più dopato di Pantani, ma Olano in questo pare non lo battesse nessuno. Ci sono ciclisti che hanno pagato pesante. Chi con il palmarès come Armstrong, chi con il sistema nervoso prima e la pelle poi come Pantani, chi se l’è goduta per anni e anni come Riis (ma dall’aria che tira forse durerà poco) solo perché se apre bocca se ne tira dietro a decine tra dirigenti, ciclisti, team manager…. C’è chi è stato preso per il sedere come gli appassionati, chi continua a prenderci per il sedere come Gimondi, perché ritiene cosa migliore che le provette vengano buttate dopo le controanalisi, della serie; vengo a rubare a casa tua, ma se non mi beccano subito posso tenermi quel che t’ho rubato perché sono i poliziotti che dovevano essere più bravi a fare i poliziotti. Giusto che non c’è senso nel cambiare adesso gli ordini d’arrivo, perché se lo fai dev’essere per tutti. Però non possiamo cercare di far ammucchiare la sporcizia sotto il tappeto. Ullrich, Armstrong, Tafi, Riis, Jalabert, Zulle, Virenque, Brochard, Pantani, Cipollini, Zabel, per dire i nomi maggiormente altisonanti di quel periodo, sono stati protagonisti consapevoli di una disciplina sportiva falsata, che non può essere presa ad esempio. Non si possono trattare come dei miti dello sport solo perché tutti correvano ‘comunque’ alla pari. Allora si ridanno i Tour a Lance, a Landis, a Contador, una Vuelta a Heras. Vieni a rubare a casa mia, quindi posso farlo nella tua? Allora dovemmo trattare come dei miti i velocisti e velociste che nell’atletica hanno assunto tutto e il contrario di tutto. Se a Pantani andava bene ‘adeguarsi’ agli altri ha sbagliato. E questo si deve dire. Inutile parlare di svolte culturali se continuiamo a mitizzare quel periodo ciclistico perché ci ha dato tante corse combattute. Allora si abbiano i coglioni di dire; “Affari loro. Il sangue era il loro. Sapevano quel che facevano. Non gliel’ho mica chiesto io di prendere quelle robe.” E così almeno possiamo continuare a girarci dall’altra parte guardando alle granfondo dove la situazione è da sudori freddi, che nei dilettanti i controlli sono un’optional ma chi se ne frega perché non è mio figlio quello che ci corre, che negli juniores adesso uno può scegliere il medico che gli pare e parliamo di ragazzi ancora minorenni. Poi continuiamo a trattare come campioni esemplari vecchi ciclisti, e li sentiamo in vecchie interviste – perché ormai morti – dire che il loro doping a confronto di quello di oggi era all’acqua di rose perché usavano la simpamina, derivata da?... Andate a curiosare. Come cambi mentalità se trattiamo come idoli persone che hanno accettato di falsare quello che facevano, e ne stimiamo altre che cercano di difenderne l’operato lavorando di omertà?
Magazine Ciclismo
Una cosa emerge dall’inchiesta doping post Tour ’98: Ullrich era più dopato di Pantani, ma Olano in questo pare non lo battesse nessuno. Ci sono ciclisti che hanno pagato pesante. Chi con il palmarès come Armstrong, chi con il sistema nervoso prima e la pelle poi come Pantani, chi se l’è goduta per anni e anni come Riis (ma dall’aria che tira forse durerà poco) solo perché se apre bocca se ne tira dietro a decine tra dirigenti, ciclisti, team manager…. C’è chi è stato preso per il sedere come gli appassionati, chi continua a prenderci per il sedere come Gimondi, perché ritiene cosa migliore che le provette vengano buttate dopo le controanalisi, della serie; vengo a rubare a casa tua, ma se non mi beccano subito posso tenermi quel che t’ho rubato perché sono i poliziotti che dovevano essere più bravi a fare i poliziotti. Giusto che non c’è senso nel cambiare adesso gli ordini d’arrivo, perché se lo fai dev’essere per tutti. Però non possiamo cercare di far ammucchiare la sporcizia sotto il tappeto. Ullrich, Armstrong, Tafi, Riis, Jalabert, Zulle, Virenque, Brochard, Pantani, Cipollini, Zabel, per dire i nomi maggiormente altisonanti di quel periodo, sono stati protagonisti consapevoli di una disciplina sportiva falsata, che non può essere presa ad esempio. Non si possono trattare come dei miti dello sport solo perché tutti correvano ‘comunque’ alla pari. Allora si ridanno i Tour a Lance, a Landis, a Contador, una Vuelta a Heras. Vieni a rubare a casa mia, quindi posso farlo nella tua? Allora dovemmo trattare come dei miti i velocisti e velociste che nell’atletica hanno assunto tutto e il contrario di tutto. Se a Pantani andava bene ‘adeguarsi’ agli altri ha sbagliato. E questo si deve dire. Inutile parlare di svolte culturali se continuiamo a mitizzare quel periodo ciclistico perché ci ha dato tante corse combattute. Allora si abbiano i coglioni di dire; “Affari loro. Il sangue era il loro. Sapevano quel che facevano. Non gliel’ho mica chiesto io di prendere quelle robe.” E così almeno possiamo continuare a girarci dall’altra parte guardando alle granfondo dove la situazione è da sudori freddi, che nei dilettanti i controlli sono un’optional ma chi se ne frega perché non è mio figlio quello che ci corre, che negli juniores adesso uno può scegliere il medico che gli pare e parliamo di ragazzi ancora minorenni. Poi continuiamo a trattare come campioni esemplari vecchi ciclisti, e li sentiamo in vecchie interviste – perché ormai morti – dire che il loro doping a confronto di quello di oggi era all’acqua di rose perché usavano la simpamina, derivata da?... Andate a curiosare. Come cambi mentalità se trattiamo come idoli persone che hanno accettato di falsare quello che facevano, e ne stimiamo altre che cercano di difenderne l’operato lavorando di omertà?
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